Dalla Germania ai vicoli di Firenze: le mille facce di Torino

Gabriele Sebastiani
Virgola
Published in
4 min readFeb 27, 2017
Il Ponte di Sassi sul Po

Ho preso il 61 per arrivare fin qui, in una zona di Torino che non conosco, in cui non ero mai stato. Non volevo rovinarmi la sorpresa di percorrere per la prima volta tutto il tragitto del 68, che parte poco dopo la piazza dove si prende la Cremagliera, per salire a Superga. Arrivato al capolinea, in una zona che più che la mia città mi ha ricordato un piccolo paesino tedesco — ordinato, verde, con piccole case tutte uguali — mi accorgo di una vecchietta che mi fissa, vogliosa di parlarmi. Messa in piega impeccabile, occhiali da sole, mi si avvicina per dire che sta per arrivare un pullman sulla via principale e, se tutto va bene, girerà a sinistra per farci salire. In effetti arriva proprio il 68: salgo con l’anziana, soddisfatta della sua previsione. Con noi un’altra signora sulla settantina con carrellino della spesa, una ragazza che mi pare stia studiando alcuni appunti e un uomo sulla quarantina, che arriva appena in tempo, trafelato.

L’entrata del Cimitero Monumentale di Torino

Partiamo, quindi, lasciandoci alle spalle quello spazio sconosciuto per spingerci su Corso Casale, mentre il cielo da terso diventa sempre più lattiginoso. L’autobus comincia a riempirsi e lo spazio per respirare diminuisce sempre più. Superato il ponte di Sassi, ci addentriamo nella città vera e propria: qui avverto subito una fortissima cesura con la zona che abbiamo appena abbandonato. Dalla decadenza pre-collinare delle ville liberty si passa in pochi metri ai palazzoni squadrati e operai di Corso Belgio e Corso Tortona. Qui, il cielo diventa di un grigio soffocante quanto la gente che mi sgomita accanto sul pullman: impantanati nel traffico, procedendo a una lentezza logorante, mi convinco che i palazzi di questa zona mi disgustano, grigi e sporchi come il fumo che esce dalla marmitta della macchina che ci affianca. Poco dopo, però, ecco il Cimitero Monumentale, tanto decantato dai miei genitori e amici per le architetture e l’atmosfera di pace che si respira al suo interno. Mi chiedo come sia possibile che alla soglia dei ventiquattro anni non l’abbia ancora visitato: ci andrò quest’estate, mi riprometto.

Man mano che ci addentriamo nella città, avvicinandoci prima alla Dora e poi al Centro, l’età media dei passeggeri crolla dai settanta ai vent’anni circa. Cambiano anche i discorsi: dalla sfacchinata per rinnovare l’abbonamento Gtt si passa alle bestemmie per un esame non superato, per il quale un’assistente svogliata non ha voluto elargire un degradante 18. Superato Corso Regina, per la mia estrema gioia salgono sul bus orde di liceali urlanti: canzoni tecno a pochi centimetri dalle mie orecchie, risatine, offese e battute di dubbio gusto sono troppo alle 10 del mattino. Vorrei spaccare il vetro e tornare a respirare sul prato di Piazza Valdo Fusi. Dal centro in poi, il 68 comincia a percorrere le zone che parlano di me: Piazza Carlo Emanuele, Corso Vittorio, le sue intersezioni con Corso Re Umberto e Corso Galileo Ferraris. Amo questa veste di Torino, una città che ai miei occhi ha le facciate di Porta Nuova e le pavimentazioni di via Lagrange.

Porta Nuova, in una foto di repertorio

Impagabili le espressioni delle signore bene in pelliccia quando una donna semi-nuda, forse una escort, fa il suo ingresso dalle porte centrali dell’autobus, in piena zona Crocetta. Superato il grattacielo della San Paolo — che mi fa venire in mente una mia cara amica con cui sarei dovuto entrarci per prendere un aperitivo nell’esclusivo lounge bar quasi in cima — ci imbattiamo in Piazza Adriano dove, per fortuna, l’autobus svolta su via Frejus, appena in tempo per non farmi passare davanti a una tratto di Corso Vittorio che non mi piace.

Via Frejus mi ricorda una lurida e caotica stradina di Firenze: mi sento a disagio in mezzo a tutto quel casino. Voglio scendere. Per fortuna arriviamo al capolinea. Questa non è la mia Torino, penso allontanandomi tra la folla: chissà quanti altri volti diversi e contraddittori nasconde la mia città.

--

--