Drosso — Falchera, una città e mille identità

Gabriele Gentile
Virgola
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4 min readMar 5, 2017

“Il tram approfitta delle curve per piangere”

Stazionamento “4”, Drosso, capolinea sud

C’è una città nella città e, per scoprirla, devi seguire fili neri che si rincorrono e scontrano, rapidi, nel cielo grigio sopra Torino. Una enorme ragnatela ad alto voltaggio collega mondi lontani della stessa città.

Porta Palazzo Nord

Linea tranviaria 4. Pavese, Vespucci, Porta Nuova, Garibaldi, Porta Palazzo Nord, Cascinette, Ulivi, Abeti; Unione Sovietica, Sacchi, XX Settembre, Giulio Cesare, Querce. Il tram attraversa la città, scivolando su rotaie ferrose, per oltre venti chilometri, tagliandola da sud a nord, da Drosso a Falchera, per poi invertire senso di marcia e rispettivi capolinea. Un andirivieni continuo di donne, uomini e bambini con storie diverse e destini incrociati.

Salgo a Drosso, corso Unione Sovietica, periferia sud di Torino. Prendo posto in un tram vuoto, desolato, e il viaggio può cominciare.

Tutto ciò che si presenta dinanzi a me sono enormi mostri di cemento, interminabili lingue di asfalto, alberi rinsecchiti e rachitici privati della gioia dei propri colori. Enormi quartieri dormitorio mostrano grigiore, polvere, sterpaglia e sudore, figli dell’operaismo meridionale degli anni ’50 e ’60 del Novecento. Sacche indefinite e indistinte di lavoratori alloggiano in queste lande desolate e cementificate. Barbera, Traiano, Tazzoli, quartiere Mirafiori, Fiat. La rinuncia forzata all’estetica. Il sacrificio di un pezzo di città sull’altare del lavoro automatizzato delle catene di montaggio.

Mirafiori Sud

Il viaggio prosegue e il 4 alterna velocità e percorsi, supera di slancio grandi cattedrali nel deserto, composte da centri commerciali come Auchan o Le Roy Merlin, sferraglia sui rettilinei e “approfitta delle curve per piangere”.

Via Sacchi

Giunti lungo via Sacchi il panorama cambia. È ambiguo e contraddittorio nella forma in cui si presenta. Per oltre un chilometro, la strada che porta alla stazione ferroviaria di Porta Nuova si confonde tra l’eleganza dei porticati e dei palazzi in stile liberty, da un lato, contrapposti a muri scrostati e riempiti di graffiti, dall’altro.

Via Sacchi

Alla fermata di Porta Nuova, il 4 si riempie e prende vita. Studenti, lavoratori, anziani di lingue e culture differenti si incontrano, quotidianamente. Un pot-pourri di umanità. Si sale e si scende senza sosta.

Impegnata via XX Settembre, la percezione che si ha della città cambia nuovamente. Ai lati della strada si susseguono caffetterie, ristoranti di sushi e filiali bancarie, mentre svettano palazzi signorili mansardati con terrazzine di marmo. Una nuova identità della città si mostra, quella sabauda, un’altra storia rappresenta quelle strade. La corsa del tram taglia via Garibaldi mostrando distrattamente sulla destra piazza Castello e, dal lato opposto, proseguendo per qualche metro, parte dei Giardini Reali.

Via Garibaldi. Sullo sfondo Piazza Castello.

“Next stop”, annuncia la voce registrata, “Porta Palazzo Nord”, un enorme mercato. Un bazar di vestiti usati, frutta proveniente dal Marocco e formaggi tipici piemontesi. Un nuovo mondo, un altro volto della stessa città. Figli di seconda generazione, figli delle guerre e della globalizzazione, affollano le strade, incrociano sguardi e storie differenti.

Il tram diventa inno alla multiculturalità abbattendo le diseguaglianze sociali. Arabo, francese, swahili e italiano si mischiano dando forma ad una lingua comune e universale, propria della razza umana. Successivamente, costeggia Borgo Dora e l’omonimo fiume addentrandosi, sempre più, lungo corso Giulio Cesare. Gottardo, Oxilia, Cascinette ed altre sono le destinazioni. La composizione architettonica urbana è simile a quella che avevo osservato in zona Mirafiori. Cemento e asfalto, asfalto e cemento. Negozi con scritte in arabo e cinese si alternano alle insegne “Oro cash” e Western Union.

Sui muri campeggiano scritte inneggianti all’abbattimento delle frontiere per un mondo senza confini, al diritto all’abitare e alla ribellione contro le ingiustizie sociali.

Lungo Dora
Lungo Dora

Poi ancora sterpaglia, asfalto e cemento fino a Falchera, capolinea nord.

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