I fratelli Fourcade: storia di due campioni divisi dallo sport

Alessandro Magini
Virgola
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4 min readFeb 25, 2018

Simon che voleva essere Martin, Martin che voleva essere Simon

Anterselva, 2010, quando Simon indossava il pettorale giallo (leader della coppa del mondo) e Martin cercava di seguirne le orme. Getty Images.

Agli occhi dei non esperti il biathlon può sembrare uno sport insensato. Corri sugli sci da fondo per una distanza di 20 km portando sulle spalle una carabina calibro 22, il cui peso varia dai 3,5 ai 6 kg, e per due volte ti fermi nelle postazioni di tiro prestabilite. Un tiro da terra e un tiro in piedi per ogni postazione, con il bersaglio posto a 50 metri che misura solamente 4,5 cm di diametro per la prova a terra e 11,5 per quella in piedi. Chi manca il bersaglio si vede assegnata una penalità di un minuto all’arrivo, o un giro di 150 metri su un percorso posto accanto alla postazione di tiro. Chi lo pratica sa invece quanto questo sport possa essere crudele. Quando arrivi alla postazione di tiro hai appena percorso 10 km sugli sci da fondo, l’acido lattico ti ha già invaso i muscoli, hai il fiatone e il ritmo cardiaco accelerato: non esattamente la condizione ideale per un tiro di precisione. Se poi hai speso tutta la vita cercando di diventare il biathleta più forte di tutti i tempi, allenandoti con impegno e disciplina, ma il più forte di tutti diventa tuo fratello minore, al quale del biathlon non è mai importato più di tanto, allora questo sport diventa un incubo.

Simon e Martin nascono in un piccolo paese sui Pirenei, nella Catalogna francese, rispettivamente 33 e 29 anni fa. In famiglia si respira sport: il padre è una guida alpina con la passione per lo sci di fondo, mentre la madre pratica biathlon a livello amatoriale. Fin da piccoli mostrano un carattere diverso: Simon è schivo, timido, e ama follemente lo sport. Pratica judo, hockey e sci di fondo. Alla fine opta per il biathlon. Vuole diventare uno sportivo professionista, sogna le olimpiadi e i mondiali. A 14 anni si trasferisce vicino Grenoble per frequentare il liceo sportivo Jean Prévost di Villard de Lans, convertendosi all’Islam, nella convinzione che la pratica religiosa possa servire anche alla concentrazione necessaria per la disciplina sportiva. Martin è estroverso e pigro. Ammira il fratello maggiore e cerca di seguirne le orme senza troppa convinzione. Non si allena sul serio e non crede che il biathlon possa diventare la sua vita. Simon comincia a gareggiare nei campionati mondiali di categoria junior e youth, e il successo è immediato. Nel giro di 3 anni conquista 4 medaglie d’oro e 4 d’argento. Sembra destinato a diventare il nuovo Raphaël Poirée, il biathleta francese più forte di tutti i tempi. Con qualche anno di ritardo, per ovvie ragioni anagrafiche, inizia a gareggiare anche Martin. I risultati però non sono gli tessi del fratello maggiore, in patria riesce ad ottenere dei risultati apprezzabili, ma quando si deve confrontare a livello internazionale non riesce mai a salire sul podio. Nessuna medaglia nel mondiale youth del 2008, solo qualche piazzamento nei primi dieci. Per tutti è solo “il fratello di Simon”. Nello stesso anno Simon vince tre ori ai mondiali di biathlon estivo nella staffetta, nell’inseguimento e nello sprint. È qui che la storia dei due fratelli cambia: Martin lascia le Alpi, dove si era trasferito per allenarsi, e torna nei Pirenei francesi, nel suo paese d’origine. Quello che torna a casa è un Martin diverso, più concentrato, più disposto al sacrificio: adesso è convinto, il biathlon sarà la sua vita. Anche in questo sono diversi i fratelli Fourcade. Per allenarsi Simon era andato via di casa appena quattordicenne, allontanandosi dalla famiglia e abbracciando addirittura una nuova fede. Martin compie la scelta opposta: per migliorare torna alle sue origini. Divisi nei risultati sportivi, i Fourcade sono molto affiatati nella vita. Martin chiama il fratello maggiore “il grande Simon”, e Simon cerca di aiutare Martin negli allenamenti, facendogli da istruttore. Non è un maestro qualsiasi Simon: guida la classifica della coppa del mondo di biathlon. Quando partono per i Giochi olimpici invernali di Vancouver 2010, Simon è uno dei favoriti per l’oro olimpico, Martin solamente un giovane che deve fare esperienza. Il 21 febbraio è il giorno della “mass start”, la partenza in linea. Ma è anche il giorno in cui il percorso dei due fratelli si divide, e le loro vite cambiano per sempre. Simon sbaglia uno solo dei quattro tiri, eppure arriva quattordicesimo. Martin, nonostante i tre errori al poligono, riesce miracolosamente ad arrivare secondo e conquistare l’argento olimpico. Al momento delle premiazioni piangono entrambi. Martin piange di felicità, non si aspettava un simile risultato. Simon piange di frustrazione e di invidia, come ammetterà anni più tardi: “Volevo essere il migliore, è stato mio fratello a farcela, senza neppure volerlo veramente. Siamo usciti dalla stessa pancia, perché lui sì e io no?”.

Martin festeggia l’argento ai Giochi olimpici invernali di Vancouver 2010. Getty Images

Per i due anni successivi i due fratelli non si rivolgeranno più la parola. A distanza di otto anni da quel giorno Martin ha vinto 69 gare, portando a casa 2 ori e 2 argenti olimpici, 11 ori, 10 argenti e 4 bronzi mondiali. Simon non è più riuscito a vincere nessuna gara individuale, ha abbandonato la fede islamica, si allena di meno e vive di più. Ai Giochi olimpici invernali di Pyeongchang ci saranno entrambi: Martin sarà il portabandiera della Francia, Simon è riuscito a qualificarsi per miracolo, e sarà per tutti “il fratello di Martin”. Ma a forza di sentirsi ripetere di essere fratelli l’uno dell’altro, devono averlo capito anche loro. Hanno ripreso a parlarsi e sono tornati ad essere legati, mettendo da parte le invidie e le incomprensioni. Perché Simon ha capito che sono usciti entrambi dalla stessa pancia, e non gliene frega più niente se “Martin si e lui no”.

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