Il gol più importante? Formare talenti

Storia, analisi e commento dei settori giovanili

Andrea Costantino Levote
Virgola
13 min readMay 2, 2017

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Essere giovani e non essere rivoluzionari è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende.

Il prossimo traguardo di Donnarumma è sempre più vicino, la fascia da capitano rossonera sembra essere cucita su misura per lui; intanto Schick incanta con numeri alla Bergkamp e Mbappè, diciottenne attaccante del Monaco, sta attirando l’attenzione dei maggiori club europei con i suoi 5 gol in Champions. Con l’esplosione di questi giovani talenti appare chiaro come il ruolo dei settori giovanili sia fondamentale per il successo di un club. Oggi, come in passato, le rivoluzioni calcistiche partono dai settori giovanili.

LA SITUAZIONE ITALIANA- Chi guarda con occhio attento all’Europa non può non pensare che l’Italia sia il “terzo mondo” del settore giovanile. Non è un modo di dire. É la realtà che vive ogni giorno il calcio italiano. Basta guardare i numeri: il Barcellona spende 20 milioni per il proprio settore giovanile, l’Anderlecht gira regolarmente 8 milioni per il proprio centro sportivo, cioè l’8–10 % del budget complessivo, il Barnet, squadra londinese che milita in League Two, ha 11 campi a disposizione. In Italia invece il centro sportivo è un’eccezione: Milan e Inter fittano strutture di qualità, Juve, Roma, Chievo, Empoli e Atalanta sono proprietarie, per tutti gli altri vale la regola di adattarsi. Così il Napoli fa allenare 7 squadre a Sant’Antimo, un centro con un campo a 8, due campi più piccoli e uno da 11 in sintetico non proprio di ultima generazione. La Samp fa allenare i ragazzi su due campi, uno a Bogliasco e uno a Sori, il primo datato una decina d’anni, il secondo di proprietà comunale, con la Curia che ha diritto d’utilizzo fino al 2019. Al Genoa, Primavera, Allievi e Giovanissimi usano 4 campi in quattro diverse città.

Avere un centro sportivo, dotato di diversi campi, illuminazioni, palestre attrezzate, sale video e convitto, vuol dire creare la situazione ottimale affinché uno staff tecnico e medico possa lavorare su più squadre, vuol dire inoltre creare unità e mentalità, tattica e carattere. Non c’è da stupirsi se prima di vedere una squadra italiana nella classifica stilata dal CIES sui 100 migliori settori giovanili europei, bisogna far scorrere il dito fino alla posizione 77 della classifica.

Classifica stilata dal CIES sui 100 migliori vivai europei

La Juve ha dimostrato in questi anni un piano di mercato impeccabile dal punto di vista della plusvalenza, puntando sulla valorizzazione e la crescita dei giovani, ma deve ancora incrementare la crescita del settore giovanile, perchè sono ancora troppo pochi i giocatori che arrivano a giocare in serie A. Nel libro “Storia delle idee del calcio” Mario Sconcerti racconta un aneddoto su Boniperti, che è l’esempio dello scouting che fa l’azienda Juve.

Una volta Gianni Agnelli gli promise un premio per una vittoria quando era ancora calciatore. Gli chiese cosa volesse, Boniperti gli rispose nove mucche. L’Avvocato lo guardò stupito poi pensò di capire. Ma Boniperti gli chiese un favore in più. Nessun regalo a scatola chiusa. <<Lasci che sia io a scegliere le mucche.>> L’Avvocato era così incuriosito che non solo accettò, ma volle essere presente al momento della scelta. Alla fine capì. Boniperti scelse nove mucche tutte incinte. Il regalo raddoppiava. Forse fu in quel momento che l’Avvocato capì di aver trovato un presidente.”

Negli ultimi anni sembra essere rinata anche la Cantera Milan, una squadra giovane, che ha bisogno di stabilità, ma che dà segnali ad intermittenza di progettualità efficace. Talenti giovanissimi ma già affermati come Donnarumma e Locatelli, non sono certo figli della casualità, ma al contrario sono i frutti del lavoro importante che fa sui giovani Filippo Galli, capo-cantera Milan ed esponente degli Immortali di Sacchi e degli Invincibili di Fabio Capello. In un’intervista rilasciata al Guerin Sportivo, Galli spiega: “Bisogna fare sempre di necessità virtù. Il discorso è molto ampio e coinvolge il livello di formazione non solo di carattere tecnico. I primi a essere preparati devono essere gli allenatori, i tutor, i preparatori atletici. Tutto questo serve ad ottimizzare il livello di scouting che è importante ma che va supportato per ottenere la qualità dalla quantità.

Il valore di mercato della Cantera Milan, dati di TransfertMarkt

LA SENTENZA BOSMAN- Di sicuro uno dei primi momenti a cui ricondurre il crollo dei settori giovanili è il 15 dicembre 1995, data della “sentenza Bosman”.

Jean-Marc Bosman militava nel Liegi quando il suo contratto giunse a scadenza nel 1990. Il calciatore trovò una nuova sistemazione al Dunkerque, un club francese di seconda divisione, ma il Liegi giudicò insufficiente la contropartita in denaro e si oppose al trasferimento. Confinato nella formazione giovanile e con l’ingaggio drasticamente ridotto, Bosman denunciò il caso alla Corte di Giustizia europea per restrizione del libero commercio. Fu ostracizzato e dovette viaggiare fino all’Isola di Reunion, nell’Oceano Indiano, per racimolare un misero ingaggio. Infine, il 15 dicembre 1995, la Corte gli diede ragione. Il pronunciamento dei giudici sancì che la richiesta di compensi per la vendita di calciatori a fine contratto era contraria all’articolo 39 del Trattato di Roma, perché erigeva indebite barriere alla libera circolazione dei lavoratori. Inoltre, furono dichiarati illegittimi i vincoli posti al tesseramento degli stranieri comunitari. Con l’entrata in vigore di questa normativa, la curva d’investimento dei club sulla preparazione dei settori giovanili è scesa notevolmente, spostando l’attenzione sulla ricerca di talenti stranieri da portare in Italia a “parametro zero”. L’altra reazione a quella che è considerata una delle rivoluzioni che hanno travolto il calcio moderno è stata l’allargamento della forbice tra i club ricchi e quelli poveri, con i primi che potevano acquistare i giovani talenti che altrimenti avrebbero minacciato le società di appartenenza di andar via a fine contratto, a parametro zero, senza dar loro nessun guadagno. Questa tendenza però ha dato la possibilità a squadre non ricchissime, come l’Atalanta, ma anche l’Udinese, di creare un vero e proprio trend di sostenibilità economica, puntando sulla valorizzazione dei giovani talenti da vendere ai club più ricchi.

UNO SGUARDO AL BARCELLONA- La Masìa è un tipo di costruzione rurale, molto comune in Catalogna, che prende spunto dalle antiche ville romane. Si tratta di una costruzione isolata, legata ad un’azienda agricola di carattere familiare, dove si producono e si elaborano i frutti della terra.

Alla Masìa de Can Planes non si coltiva la terra ma il talento di giovani promesse calcistiche, che è l’origine del successo del club blaugrana, dove l’idea di formare talenti giovanissimi è la pietra miliare di una filosofia che ha lasciato i segni di una rivoluzione calcistica. É il casolare in cui a metà anni ’90 un giovanissimo Iniesta piangeva per la nostalgia di casa e nel quale il futuro capitano Puyol chiamava la famiglia dall’unico telefono a gettoni. Dal 2011 la Masìa è diventata un museo a cielo aperto, poichè l’accademia blaugrana si è trasferita nella “Ciudad Deportiva Joan Gamper”. Un complesso di 6000 metri quadri, 83 talenti selezionati da tutto il mondo, 11 campi, 68 camere da letto, piscine, bar, wi-fi, biliardi, sale massaggi e auditorium. Sveglia alle 06.45, colazione alle 07.30, sei ore sui banchi di scuola, pranzo, compiti, allenamento e cena in gruppo con smartphone spenti alle 18. Regole rigide: disciplina e studio hanno la precedenza su moduli e dribbling. Chi sbaglia nello studio torna a casa.

Vecchia Masìa, ex centro dell’accademia del Barcellona
Ciudad deportiva Joan Gamper

Ma all’abbandono del casolare storico del club blaugrana sembra corrispondere anche un allontanamento dai principi di memoria cruyffiana. Nella rivoluzione di Guardiola dal 2007 al 2011, dopo l’addio di Ronaldinho e Deco, il Barcellona decide di scommettere sui giovani che avevano portato la Cantera del Barcellona B in Segunda B con il record di 83 punti, guidati dagli allora puledri purosangue Busquets e Pedro, che uniti ai ritorni di Piquè e Fabregas, davano ragione storica alla generazione 1987 capeggiata da Leo Messi. Ma non è un caso che le ultime perle uscite dalla Cantera siano proprio questi ultimi. Dopo l’addio di Guardiola dalla panchina del Barḉa, le decisioni tecniche si sono praticamente invertite con qualche lampo di fiducia per Sergi Roberto, classe ’92, riadattato da Luis Enrique a terzino destro, unico elemento promosso dalle giovanili a titolare della prima squadra.

“Più di un club”, storico motto del Barcellona

Nel reportage “La Masìa si è fermata”, pubblicato su Rivista 11, Antonio Moschella scrive: “Volgendo lo sguardo all’indietro, ci si accorge che, fino a poco fa, il Barcellona sfornava un potenziale campione ogni due-tre anni, con Puyol (1978), Xavi (1980), e Iniesta (1984) ad aprire il passo alla grande generazione del 1987. Una tendenza che ha convinto troppi a pensare che casi come quello di Messi fossero quasi una regola, anzichè l’apparizione di un raro fenomeno astrologico in un firmamento comunque costellato di altri corpi capaci di brillare seppur con meno intensità.

Lo stesso Leo Messi è figlio della Masìa, oltre che di un grande lavoro di scouting del Barcellona e alla lungimiranza di un talent scout eccezionale, Charly Rexach, vice allenatore di Cruyff e attaccante blaugrana prima di entrare nei quadri tecnici della società. La leggenda vuole che Rexach ingaggiò un Messi tredicenne, dopo averlo visto per 50 passi. Riconoscere il talento prima degli altri è fondamentale, certo, ma non è l’unica cosa che conta.

Il giornalista Ramiro Martin espone una teoria provocatoria nel suo libro “Messi, un genio ne la escuela del futbol” : Messi è la fortuna del Barcellona, tanto quanto il Barcellona è stata la fortuna di Messi. “La differenza è che la Masia ha offerto a Leo crescite parallele: in campo e nella vita, pensiero e azione”. Martin è convinto che altrove “Messi avrebbe incontrato maggiori difficoltà nello sganciarsi dalle sue abitudini pre-adolescenziali, che lo portavano quasi sempre a prendere un pallone e ad allontanarsi dal gruppo palleggiando: alla Masia ha imparato un linguaggio per il calcio e un linguaggio da utilizzare nel rapporto con gli altri”. La Masia è stata una scuola ma anche un riparo. “Messi senza Barcellona potrebbe non essere lo stesso”.

Questa è la vera forza dei valori che Cruyff ha portato al Barcellona ma che aveva conosciuto già in Olanda.

VOETBALLSTRAAT, VOORLAND E TOTALVOETBAL- Alla vigilia del ’68 l’Olanda è il paese della libertà, della tolleranza e della creatività. L’amore è libero, i capelli sono lunghi e le droghe leggere sono arrivate già da un po’. Ma il calcio giocato fino a quel momento in Olanda è normale, al confine con la linea sottile della banalità. Non è lo specchio della società eclettica, dove lo scontro generazionale del nuovo contro il vecchio ha creato un nuovo modo di pensare. In quel momento sui muri dello spogliatoio dell’Ajax sono scritte due regole fondamentali.

La prima: “dove serve fermezza, ci vuole rigore”.

La seconda: “dove serve fantasia, ci deve essere massima libertà d’invenzione”.

L’autore di queste frasi contrastanti, che sembrano essere tutto e l’opposto di tutto, è Rinus Michels, 40 anni, manager dell’Ajax ed ex attaccante. Michels si domanda da anni come sia possibile che il calcio olandese non riesca ad essere competitivo nella cornice del calcio europeo. La soluzione che inventa è il calcio totale, Totalvoetbal in olandese, considerato una delle più influenti rivoluzioni tattiche della storia del calcio. Il significato di quelle frasi appese nello spogliatoio è il paradigma teorico della concezione olandese del calcio totale. Fondamentalmente Michels vuole creare un calcio eccessivo ma ragionato, inventando un mondo nuovo dove ogni giocatore riesca realmente ad esprimere se stesso, mescolando disciplina e libertà. Michels pensa il suo calcio in un modo totalmente nuovo, che gira su assi ben precisi. Il calcio totale deve essere il prodotto di tecnica, corsa e gestione degli spazi, moltiplicati tra loro. In parole povere: flessibilità di ruolo e funzione, cioè tutti devono saper giocare in ogni posizione del campo; tutti devono avere velocità di pensiero; la ricerca dello spazio deve essere costruita in modo scientifico. L’idea è che il campo si espanda e si restringa in base alle proprie necessità. Per Michels il calcio è adattamento a situazioni in modo ragionato, veloce, pilotato, mai subito. Costringere gli altri al tuo modo di essere. L’idea di Michels, a suo dire, potrebbe anche non esistere mai nella realtà, se non si presentano una serie di situazioni e giocatori. A legare il pensiero di Michels alla storia è uno dei giocatori che ha il posto riservato nell’Olimpo degli dei del calcio, Johan Cruyff.

Cruyff è uno di quelli che il calcio lo conosce fin da bambino. Nella sua biografia, “La mia rivoluzione”, Cruyff racconta di come il Voetballstraat (calcio di strada) gli abbia insegnato i fondamentali e la tecnica quando, a 8 anni, drenava il campo dell’Ajax. A 10 l’entrata nella giovanile e gli allenamenti disciplinati nel Voorland ( settore giovanile ), a 17 l’esordio in prima squadra. Cruyff racconta anche di come Michels lo facesse giocare sia nella prima squadra, che nella giovanile, parlando con lui per spiegargli i principi tattici di quello che sarebbe stato il calcio totale, per poi usarli anche nelle giovanili. Michels infatti sentiva di avere in mano una lampada di Aladino, ma aveva pochissimi margini d’errore. Così sperimentò il suo metodo in modo duro sulla prima squadra per far emergere pregi e difetti, che in seguito modellava morbidamente sulla squadra giovanile. Il mondo del calcio vive di picchi di riuscita e cadute improvvise, errori e cicli di vittoria, soprattutto analisi e adattamento alla situazione. Michels comprese tutto questo, puntando fin da subito sulla generazione di Cruyff, Krol, Surbier e delle giovanili dell’Ajax. I giovani assorbono meglio e accettano la fantasia. Anche se Michels lascerà l’Ajax dopo la prima delle tre Champions vinte, il lavoro del suo successore Kovacs proseguì nella stessa direzione, alleggerendo delle pressioni comportamentali che il Generale, così era soprannominato Michels, aveva imposto. L’ossatura dell’Olanda del ’74, che arrivò in finale al mondiale contro la Germania, era quella dell’Ajax, con il Generale alla guida della nazionale.

I primi tre minuti della finale sono una delle espressioni del calcio totale olandese in fase di attacco e costruzione, mentre il pressing a tutto campo è l’assioma difensivo di riferimento.

Due delle più importanti rivoluzioni calcististiche quindi, il calcio totale e il tiki-taka del Barcellona, nascono dal lavoro in prospettiva su settori giovanili di qualità, che creano cicli vincenti. Ogni ciclo ha fisiologicamente un periodo di caduta, ma l’ipotesi migliore per un club è che il lavoro sulla generazione successiva sia fatto in modo tale che l’inserimento progressivo non destabilizzi la filosofia calcistica creata. Se prendiamo il caso dell’Olanda di oggi e le sue difficoltà, sembra evidente come sia saltata una generazione, che non riesce a sostituire i senatori Robben e Sneijder. Ci sono giocatori di talento, ma non sembrano però pronti a sostituire i pilastri che hanno portato gli Oranje sul podio del mondiale in Brasile nel 2014. Così l’Olanda sembra destinata a restare la più forte nazionale a non aver mai vinto un mondiale.

WYSCOUT, INTERNET E GLI UNDER 11- La recente notizia della telefonata di Pep Guardiola a Joanna Radcliffe, per mettere sotto contratto il figlio Jaxon Lal di tre anni, dopo aver visto un suo video su youtube, ci deve far riflettere su come i social network oggi possano influenzare lo scouting delle grandi società calcistiche, che già mirano agli under 11. Non ci sono dubbi che Guardiola sia quasi sempre un passo avanti alla storia. Sicuramente ha intuito la tendenza dello scouting calcistico di abbassare il mirino dell’età per esigenze economiche e “aziendali”, che cammina a braccetto con le tendenze del mondo del lavoro che oggi punta a formare ragazzi giovani, preferendo loro a talenti già formati, ma in età più avanzata. Fare questo tipo di scouting vuol dire per la società creare plusvalenze notevoli in caso di successo, ma può voler dire anche scommettere alla roulette sulle proprie capacità di formazione. I social danno la possibilità di arrivare a guardare posti del mondo che prima erano quasi sconosciuti calcisticamente. I confini del mondo dello scouting si sono allargati. La terra è davvero tonda adesso. I nuovi fenomeni del web compiono le loro prodezze ad ogni latitudine e longitudine del mondo. Ma gonfiare questi ragazzi, che ad un’età che non arriva alla doppia cifra non possono essere così impostati al sacrificio, è un’operazione pericolosa. Non calcisticamente, umanamente. Questo tipo di scouting si può fare solo garantendo ai giovanissimi calciatori strutture e metodi che gli facciano conoscere il calcio e che li aiutino a migliorare, ma non solo. Devono avere la possibilità di conoscere il mondo anche oltre i campi d’erba. Le linee del campo non posso essere i confini della mente di un bambino. Sicuramente il talento non ha età e con il talento viaggia sempre il sogno, quindi è giusto che chi ha talento pensi di usarlo come benzina per il motore della vita. Guardiola è sicuramente un uomo che capisce l’Entorno, anche questo concetto cruyffiano che allarga gli orizzonti del campo alla vita.

Il Classificone di Ultimo Uomo ci fa conoscere alcuni di questi piccoli grandi talenti.

Ad intuire prima degli altri l’impatto di internet sullo scouting è Marco Campodonico, ideatore della piattaforma online Wyscout, il più grande database di calcio online. 1500 nuove partite analizzate ogni settimana su 170 campionati in 80 Paesi e con 332mila profili di giocatori. E’ lo strumento più utilizzato nel mondo dei professionisti per l’analisi della partita, lo scouting di nuovi talenti e la gestione dei trasferimenti. Contiene i video dei match analizzati in ogni singola azione e consultabili per tipo. Per esempio, si può decidere di visionare solo assists, gol, duelli aerei, passaggi filtranti, accelerazioni per ciascuno dei giocatori o dell’intera squadra. Ma anche statistiche di performance, dati tecnici e di trasferimento. Wyscout è anche la più grande community di professionisti del calcio che attraverso la piattaforma online possono entrare in contatto e scambiarsi messaggi come in una sorta di LinkedIn del football internazionale. Oggi Wyscout supporta più di 600 società di calcio, 500 procuratori e le maggiori Federazioni. E’ utilizzato dagli staff tecnici delle squadre, dai direttori sportivi, dai procuratori, dagli arbitri, dai giocatori e dagli scout, dalle massime categorie ai semi professionisti e dalle giovanili in più di 90 Paesi. Wyscout vanta clienti come Bayern Monaco, Barcelona, Real Madrid, Manchester United, Juventus e Psg.

LA NOSTRA FORMAZIONE DEL FUTURO

Gianluigi Donnarumma 1999 (Milan), Davide Calabria 1996 (Milan), Filippo Romagna 1997 (Juventus), Giuseppe Pezzella 1997 (Palermo) ,Mattia Vitale 1997 (Juventus), Gaetano Castrovilli 1997 (Fiorentina), Manuel Locatelli 1998 (Milan), Alberto Picchi 1997 (Empoli), Filippo Melengoni 1999 (Atalanta), Rolando Mandragora 1997 (Juventus), Moise Kean 2000 (Juventus).

Saranno questi i talenti della nostra nazionale tra qualche anno?

Vedremo altre rivoluzioni calcistiche iniziare dai settori giovanili?

Puntare sui settori giovanili significa puntare sulla formazione dei calciatori. Una formazione umana e calcistica. Il talento ha bisogno di essere allenato, indirizzato e guidato, per potersi esprimere al meglio. Ogni giovane ha una spinta rivoluzionaria, porta con sé la novità del cambiamento e le speranze del futuro migliore. Abbiamo bisogno di giovani, sul campo da calcio e non solo.

Sfruttiamo ancora una volta le parole di Cruyff.

Si parla sempre della persona, io preferisco parlare di educazione della persona. Per me, se uno non è educato, non gioca. Per me, non è colpa del giocatore, ma della squadra che lo fa giocare.

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Andrea Costantino Levote
Virgola

Giornalista, scrittore e storyteller. Il giorno studio reporting alla Scuola Holden, scrivo di sport e leggo; la sera alleno una squadra di calcio.