Intervista a Lercio, alla scoperta di cosa significhi fare satira nel 2017

Angelica Damiani
Virgola
Published in
8 min readFeb 10, 2017

Venerdì 3 Febbraio, Casa Arcobaleno, nel quartiere Borgo Dora di Torino, ha ospitato lo spettacolo live di Lercio, uno dei giornali di satira online più popolari. Ho colto l’occasione per rivolgere alcune domande ai protagonisti della serata. Augusto e Vittorio, mi hanno raccontato alcune delle dinamiche e delle idee che gravitano intorno alla satira dei giorni nostri.

“Il Lercio” è un romanzo scritto da Irvine Welsh, il cui protagonista è l’archetipo del male: ha influenzato la scelta del nome oppure ci sono altre motivazioni dietro l’origine del nome, appunto?

Ci sarebbe piaciuto essere così sofisticati, in realtà Lercio è nato come parodia di Leggo, l’ideatore del sito, Michele Incollu, ha preso il vecchio layout della pagina Internet di Leggo nell’ottobre del 2012, l’ha messa sul suo blog personale, ha cominciato a inserire notizie e poi ce l’ha mostrato; tutti noi siamo stati mossi da entusiasmo generale perché eravamo fan del The Onion; molti giornali di satira hanno questa origine nel nome, come ad esempio The Onion/The Union, Le Gorafi/Le Figaro.

Siete uno dei giornali di satira più seguiti sul web: Quali erano gli obiettivi? Vi aspettavate questo successo?

Non ci siamo posti un obiettivo particolare, l’idea era quella di divertirci. Era un momento in cui la satira, soprattutto su web, era basata su battute secche come quelle di Spinoza: si prendeva il titolo di una notizia vera e si commentava in modo più spiritoso possibile. Noi volevamo fare qualcosa di diverso, puntare sulla distanza, una cosa che non si stava più facendo. Lercio ha avuto una crescita rapidissima ed esponenziale, a differenza del nostro blog Acido Lattico, rimasto stabile nella sua evoluzione; ci siamo così resi conto della potenza. In redazione siamo una trentina, ognuno ha la sua sensibilità, chi è più portato per la satira di costume, chi si occupa di troll, altri puntano più sui politici.

Dalla stampa in generale non siamo ben visti, diciamo che ci vedono come la loro “cattiva coscienza”, anche perché abbiamo cominciato prendendo in giro un certo tipo di notizie con titoli altisonanti e talvolta ingannevoli, in cui spesso il contenuto non rispecchiava il titolo.

Ci sono poi alcuni paradossi, come ad esempio La Repubblica (che ringraziamo per averci regalato alcune “perle”) che ci chiama Lurido (non sappiamo se intenzionalmente o meno), o La Stampa, che intervista i fondatori di Ah ma non è Lercio! al posto nostro.

Che con voi non c’entra nulla, giusto?

Assolutamente nulla. Loro si limitano a trovare titoli assurdi e riportarli, non c’è niente di creativo. Paradossalmente sono nati prima di noi, ma si chiamavano con un altro nome. Dopo la nascita di Lercio l’hanno cambiato per sfruttare la notorietà del nostro giornale.

Fake-news, bufale, post-verità: cosa vuol dire fare satira nel 2017?

Noi facciamo satira mista a comicità e umorismo, non siamo Charlie Hebdo, ci poniamo dei limiti e il bersaglio deve meritarselo; è altresì vero che la satira tendenzialmente dovrebbe prendere di mira i potenti, ma ultimamente le persone ci stanno mettendo del loro per attirare gli strali di Lercio. Internet ha accorciato le distanze, e se fino a 15 anni fa non si sarebbe mai preso di mira il lettore di un quotidiano (anzi tanto di merito a chi si documenta e legge i giornali), adesso con i social e con Facebook soprattutto, è difficile non intervenire nei confronti del pubblico che si sente in diritto di commentare, giudicare, emettendo sentenze morali se non addirittura minacce con invocazioni alla violenza.

Ci teniamo sempre a fare differenza tra fake-news e bufale, le prime possono anche avere un intento satirico, nei Licei e nelle Università portiamo avanti la cosiddetta Lercio Magistralis chiamata anche Mock’n’troll, in cui narriamo la storia del Mock-jornalism, da Benjamin Franklin fino ai tempi di Internet, in cui raccontiamo di alcuni di questi grandi intellettuali che hanno avuto un passato da giornalisti e hanno inventato delle fake-news/notizie satiriche per prendere in giro una moda o un certo mal costume.

Le bufale, che noi aborriamo, sono menzogne; la differenza tra Lercio e i siti che le producono, è che le nostre notizie sono talmente esagerate e gli indizi talmente eclatanti che fanno capire a chi sta leggendo che è qualcosa di surreale e grottesco.

Diverso è porre la notizia in maniera credibile: quello è un inganno in cui i tribunali dei social ci sguazzano e si scatenano con commenti pro omicida e invocazioni alla violenza. Internet attualmente soddisfa la pancia di chiunque e, da lì si arriva alla post-verità ovvero non importa più quale sia la verità e quale la menzogna, l’importante è che corrisponda alla “mia pancia”. Sono saltati tutti i riferimenti: il male sui social è che il luminare con 30 anni di studio alle spalle che diffonde la sua opinione, per la comunità di Internet ormai vale quanto la soubrette che diffonde l’urinoterapia.

Avete mai ricevuto intimidazioni o siete mai stati denunciati?

Denunce no, intimidazioni tantissime. Un esempio eclatante fu per la battuta: “sindaco leghista cancella i numeri arabi dalla sua scuola”. Indicammo il nome di un paese a caso ma reale, e caso vuole che il sindaco fosse leghista, indignato ci intimò di togliere la notizia chiedendoci una smentita. In quel caso cambiammo il nome del comune. Minacce molto forti le ricevemmo dagli ultras della Lazio che cercarono di capire dove abitassimo, lamentandosi di non essere già sotto casa nostra per massacrarci di botte e dicendoci di ringraziare che non esistesse la Lazio di 10 anni fa perché a quest’ora saremmo già morti. I peggiori insulti li riceviamo dai sostenitori del M5S, classici leoni da tastiera, ma poi finisce lì. Diciamo che il centro sinistra ha più senso dell’umorismo, l’approccio è meno da tifoseria.

Le categorie a prendersela maggiormente e i bersagli preferiti?

Le categorie che si incazzano di più sono gli animalisti e i vegani che spesso coincidono, Fratelli d’Italia che prendono tutto per vero, i leghisti no perché crediamo non leggano neanche Lercio (a parte il sindaco della cittadina in Veneto). Al primo posto nella classifica dei permalosi ci sono poi il grillino-vegano-ciclista e il proprietario di cane con stima per le forze dell’ordine e anche religioso. Tutto sommato però i cattolici quando facciamo gli articoli su Papa Francesco non se la prendono più di tanto, solo su Papa Wojtyla si scatenano, 48 ore dopo la strage di Charlie Hebdo uscì una notizia su Wojtyla: le persone riempirono la bacheca con una quarantina di commenti in cui dicevano che dovevamo morire; una marea di insulti da quelle stesse persone che avevano inserito sul proprio profilo Je suis Charlie.

Abbiamo anche fatto una classifica delle donne più odiate, su cui funziona qualsiasi cosa metti: Kyenge, Boldrini e Sgrena; su Giuliana Sgrena soprattutto, fu creata una bufala sui Marò, da un sito che fu prontamente denunciato (e che con la satira non aveva nulla a che vedere), in cui diceva che erano degli assassini, cosa assolutamente non vera. Il paradosso sulla Boldrini invece è che a prendersela non è lei ma i suoi detrattori.

Le vignette di Charlie Hebdo prima sul terremoto ad Amatrice poi sulla tragedia della valanga a Pescara hanno suscitato molta indignazione e hanno fatto discutere parecchio. Cosa pensate voi al riguardo?

La prima di Amatrice, secondo noi era un capolavoro, quando l’hanno spiegata ci è crollato tutto, facendoci capire di avere ragionato per stereotipi. Italia mafia e pasta.

Per quanto riguarda l’altra vignetta, per certi aspetti hanno anche un po’ anticipato le polemiche sui problemi che effettivamente ci sono stati riguardo l’arrivo dei soccorsi a Rigopiano. Non ci sentiamo di condannarli, non sempre è facile interpretarli però siamo dell’opinione che se una battuta o una vignetta non ti piace non sei costretto a leggerla, non è quella che fa stare meglio o peggio i terremotati. Fa molti click occuparsi di Charlie Hebdo perché arriva alla pancia e i francesi agli italiani sono sempre stati sulle palle; quello che ci dispiace invece è che abbia dato spazio a personaggi come Ghisberto, che rappresentano la più becera satira di destra, razzista, sessista e piena di stereotipi.

In un’intervista Mario Cardinali, direttore del Vernacoliere, dichiarò che “la satira fosse un bisogno dell’anima”, il “non stare nelle regole”. Voi cosa ne pensate?

Sì e no, le regole sono quelle che ti dai, per certi aspetti è molto terapeutica, è un bisogno che uno ha di far sfociare l’indignazione, la rabbia, la delusione, spesso anche dalla propria parte politica. Bisogna avere un punto di vista personale, se no si è qualunquisti.

Sulla questione delle regole, invece, sarà per il nostro trascorso con Luttazzi, un minimo le abbiamo, ad esempio puoi fare satira su qualunque argomento ma non lo puoi fare in qualsiasi modo, devi sempre avere un obiettivo.

Passando alle domande serie, in un’intervista dichiaraste che il ruolo del direttore fosse ricoperto da una bottiglia di plastica: è ancora in carica o ha lasciato il posto alla teiera di porcellana?

No, abbiamo cambiato; adesso che siamo un sito di un certo livello è di vetro.

Accademia della Crusca. Com’è nata questa tacita collaborazione?

E’ nata da una battuta dell’unica donna di Lercio, Rosaria Greco, molto attenta alla grammatica, in seguito alle polemiche di Saviano che aveva scritto “qual è” con l’apostrofo reclamando la licenza poetica, scrisse la battuta: “L’Accademia della Crusca si arrende, scrivete “qual’è” con l’apostrofo e andatevene a fanculo”. Un utente andò sul profilo Twitter e chiese al direttore se fosse vero, lui rispose di no. In seguito incontrammo la loro social media manager che ci ringraziò perché da quella battuta i followers sul profilo Twitter dell’Accademia della Crusca decuplicarono. Da lì nacque questa amicizia e continuò la collaborazione, ad esempio lanciammo insieme una notizia che il 200 millesimo utente della Crusca avrebbe potuto modificare una regola grammaticale a scelta tipo: “il verbo uscire diventa transitivo”.

Alcuni contestarono il fatto che l’Accademia della Crusca avrebbe perso di autorità, prestandosi ai giochi con Lercio, anche se noi pensiamo che il loro bacino di utenze, al contrario, sia aumentato.

Secondo voi, qual è il pubblico che vi segue maggiormente?

Noi crediamo dai 18 anni in su, in particolare gli universitari; nei circoli Arci ci seguono molto. Casa Pound non abbiamo ancora avuto modo di testare.

Progetti per il futuro?

Portare a casa questa serata e la nuova app. Ad aprile uscirà il libro con materiale inedito e scottante, con un vignettista e un satiro che non possiamo svelare chi sia, ma che manca a molti in Italia e da marzo saremo in televisione su Dmax con Tg Lercio. Il film non sappiamo ancora quando uscirà, ma durerà un’ora per ogni redattore, quindi 34 ore, Lercio the Movie sarà qualcosa come i Dieci Comandamenti, La Bibbia, Ben-Hur e Barabba messi insieme.

So che l’avete preparata: una dedica alla Scuola Holden e ovviamente ad Alessandro Baricco

Beh Baricco, ci dispiace solo che non abbia potuto ritirare il Nobel a Bob Dylan anche se aveva cercato di camuffarsi al telefono. Deve solo imparare a non dire “solo più”, ogni tanto gli scappa, che è il mac pì in piemontese.

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