La polizia più antica d’Europa: i Mossos d’Esquadra

Nicolò Fagone La Zita
Virgola
Published in
5 min readNov 23, 2017
La Settimana Tragica di Barcellona

Barcellona, ultima settimana di luglio, 1909.

Antonio Maura, primo ministro, ordina l’imbarco delle truppe per la guerra in Marocco. Dopo la perdita di Cuba e delle Filippine, la Spagna vuole ottenere un’influenza maggiore in Nord Africa. I soldati a disposizione però non sono sufficienti. La soluzione? Ricorrere ai riservisti catalani. Il Ministro della Guerra richiama la Terza Brigata Mista, composta da unità attive e di riserva in Catalogna. Tra queste 520 uomini che avevano completato il servizio attivo ben sei anni prima. Evitare di arruolarsi è possibile, ma costerebbe 6000 real, una cifra che supera le possibilità della maggior parte dei riservisti.

I soldati prescelti sono destinati al macello, la morte è una sorte quasi certa. E in nome di cosa? La guerra è vista dal popolo come un atto egoistico, uno sperpero economico e, più tragicamente, un dispendio di sangue umano.

La scintilla che accende la fiamma. L’immenso risentimento che la popolazione cova nei confronti del potere e delle classi privilegiate dà vita ad una serie di sanguinose contestazioni contro l’esercito.

Per la prima volta nella storia, le truppe catalane si rifiutano di eseguire gli ordini del governo spagnolo e di sparare ai propri compatrioti.

Maura, alle strette, invia per sedare la rivolta truppe provenienti da Valencia, Saragozza, Pamplona e Burgos, ponendo fine alla ribellione e a centinaia di vite. Le forze di sicurezza sopraggiunte sparano ai dimostranti disarmati sulle Ramblas. Lo scontro conterà 158 vittime, 150 di queste sono civili.

Questi sette giorni di terrore saranno sempre ricordati come la Settimana Tragica della Spagna.

Barcellona, 1 ottobre 2017, 108 anni dopo.

Boris Llona, un ragazzo catalano, immortala con la sua foto il dolore di una nazione intera. Mentre la polizia nazionale carica i manifestanti, un civile abbraccia un agente dei Mossos, sconsolato. L’agente, disobbedendo agli ordini del governo centrale, non interviene per impedire le operazioni di voto. Tuttavia, non è neanche in grado di proteggere anziani, studenti, genitori, caricati dalla Guardia Civil.

E’ il giorno del referendum per l’indipendenza della Catalogna e dello scontro, duro, tra separatisti e unionisti, Barcellona e Madrid. Tra questi due poli, tante vittime collaterali, tra cui i Mossos d’Esquadra.

Alcuni di questi non si sono limitati a permettere il voto, ma sono intervenuti attivamente per difendere, o provare a difendere, le persone presenti ai seggi. Taluni hanno discusso a lungo e animatamente con la Guardia Civil, altri hanno usato le auto per rallentarne i movimenti.

Molti giornali spagnoli hanno parlato di tradimento dei Mossos, accusandoli di essere diventati una specie di polizia politica, ideologica, disposta a rispondere solo agli ordini del governo catalano, guidato dall’ormai ex presidente Carles Puigdemont. Per gli indipendentisti, invece, i Mossos sono entrati di diritto nel Pantheon degli eroi dell’irredentismo locale, con l’ex capo Trapero a rappresentarli.

La verità è che gli stessi Mossos d’Esquadra sono divisi.

Diversi agenti si sentono usati e venduti da Trapero, accusato di tradimento, per averli portati in un vicolo senza uscita. Altri sono orgogliosi di rappresentare la polizia del popolo, e appoggiano la strategia di non intervenire contro i cittadini, ai quali devono molto.

La maggior parte dei sindacati del corpo evita di pronunciarsi in un modo o nell’altro nella certezza che, qualunque cosa diranno, la metà dei loro affiliati sarà offesa o scaricata.

La domanda, a cui solo il tempo risponderà, viene formulata dai giudici e dai pubblici ministeri: Madrid potrà ancora fidarsi dei Mossos negli anni a venire?

Nel frattempo, il ministro degli interni Zoido ha sostituito Trapero con il numero 2 dei Mossos, Ferran López, già soprannominato “el comisario del consenso”.

Due Mossos d’Esquadra che fanno il controllo di un’arma alla fine del XIX secolo

Armed Paisanos Escuadras, questo era il nome dei primissimi Mossos d’Esquadra, fondati ufficialmente il 21 aprile del 1719, per volontà di Felipe V. Il re li aveva ideati per un doppio scopo: fermare i criminali sparsi per le strade della Catalogna e perseguitare i sostenitori dell’Arciduca Carlo d’Austria, nascosti tra le montagne.

L’incarico di creare il corpo venne dato all’italiano Francisco Pio de Saboya y Moura, capitano generale della Catalogna, che scelse come primo capo Pere Antoni Veciana, la cui famiglia rimarrà in carica fino al 1836.

Inizialmente il corpo dei Mossos contava 121 uomini: due comandanti, quattordici caporali e 105 agenti. Nel 2016 il corpo di polizia è aumentato a 16.783 effettivi, divisi in nove aree territoriali.

Quando scoppiò la Guerra Civile spagnola nel 1936 rimasero fedeli alla Repubblica, ma con la fine del conflitto e la conseguente dittatura di Francisco Franco il corpo venne sciolto.

Tuttavia nel 1950 ai Mossos fu permesso di ritornare a Barcellona, con poteri molto limitati. L’unico incarico infatti prevedeva la sicurezza del Palazzo della Generalitat.

La morte di Franco nel 1975 e la conseguente transizione verso la democrazia ed il riconoscimento dell’autonomia regionale della Catalogna, comportano la svolta della storia dei Mossos.

Nel 1980 tutte le competenze di pubblica sicurezza del Ministero degli Interni spagnolo vengono trasferite alla Generalitat della Catalogna: è l’atto di nascita di un corpo di polizia autonomo vero e proprio.

Un ulteriore e definitivo passo in avanti avviene nel 1994: la Junta de Seguretat de Catalunya (il Ministero degli Interni catalano) ha il potere di sostituire la Policia Nacional e la Guardia Civil con i Mossos d’Esquadra. Un processo lento e progressivo, che ha visto la forza di polizia più antica d’Europa ottenere il controllo dell’intera Catalogna all’alba del 2008.

Oggi i Mossos svolgono funzioni d’investigazione, di intelligence, di polizia scientifica, e hanno squadre di intervento rapide, dall’antisommossa all’antiterrorismo.

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