Racconti di viaggi vissuti nella pancia del mondo

Elisa Bellino
Virgola
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5 min readSep 30, 2017

Un tempo credevo che l’illustrazione e la scrittura non avessero nulla a che vedere l’una con l’altra. Presumevo fossero solo due modi differenti di usare la mano. Pensavo che il giornalismo fosse un mondo a parte, che non avesse nulla a che spartire con il viaggio; quello interno, profondo, che profuma di eroismo e cambia profondamente le persone che lo abitano.

Guy Delisle ha deciso di trasformare la sua vita in un’opera d’arte, rendendo del viaggio la cifra stilistica del suo fumetto. E non solo la sua: ha reso partecipe anche sua moglie Nadège, attivista di Medici Senza Frontiere, e i suoi figli, che lo accompagnano ovunque nei luoghi più pericolosi e assurdi della Terra. Dalla Birmania alla striscia di Gaza ,dai paradossi del Corea del Nord alla Cina del boom economico.

L’autore Guy Delisle accanto alle sue illustrazioni

Ci sono luoghi nel mondo che non si possono neanche immaginare.

Cisterne di acqua sui tetti, check point infiniti, preghiere per la strada. La chiusura di una religione che veste abiti costosi, divide i popoli e osserva lo straniero con sguardo di sfida. Un caldo asfissiante, un silenzio sepolcrale, un imperatore in bronzo dal nome impronunciabile, da adorare.

Guy Delisle è un professionista nel campo dell’animazione e del fumetto, nonché uno dei massimi esponenti del graphic journalism. Questa nuova corrente espressiva è entrata a pieno titolo nel mondo dell’informazione, mescolando nuovi linguaggi, e creando un nuovo modo di comunicare, fresco ma altrettanto profondo, come solo l’arte visiva sa essere.

“Sono un narratore di racconti divertenti a cui capita di trovarsi in posti molto seri, per cui mi tocca spiegare situazioni altrettanto serie”. Guy Delisle.

Cronache di Gerusalemme, 2012 Rizzoli Lizard

Guy Delisle abita spesso i luoghi che racconta. A Gerusalemme, (Cronache di Gerusalemme, edito da Rizzoli Lizard nel 2012), è stato padre, marito, espatriato, occidentale infedele, disegnatore, ed essere umano pensante. Cambiare città, continente, Paese, a causa del lavoro come attivista della moglie Nadège, o per via di commissioni lavorative itineranti, allena di certo l’occhio all’osservazione, e la mano alla narrazione. L’artista possiede un’innata capacità di raccontare, con la profondità di un’inchiesta e l’immediatezza del racconto visivo, l’estrema complessità del mondo in cui viviamo.

Delisle descrive la vita che gli si srotola davanti senza esprimere alcun giudizio e critica, ma osservandola con uno sguardo inevitabilmente prefabbricato, causato soprattutto dall’appartenenza ad un mondo occidentale, ricco e comodo. Spesso sembra che lambisca appena la cultura e la società del Paese che lo ospita, senza mai affrontarla e comprenderla realmente. Ma è inevitabile realizzare quanto sincerità e semplicità siano componenti fondamentali del suo lavoro. L’autore ha l’umiltà di ritrarsi come una persona comune, un estraneo che cerca di non fare il turista, e tenta, con gli strumenti che ha a disposizione, di raffigurare il mondo che si apre ai suoi occhi.

“Non sono un giornalista. Il mio lavoro consiste nel fotografare nella mente un luogo, un’esperienza che vivo, per poi riprodurla fedelmente sulla carta, al fine di restituire il senso di una situazione impressionante. Il cartoons ha la virtù di semplificare”. Guy Delisle.

Niente fronzoli, dunque. Nessuna ricerca di perfezione e bellezza; soltanto una vagonata di realtà raccontata attraverso pupazzetti che prendono vita. Sì, perché Guy Delisle disegna pupazzetti, e tramite loro racconta il suo viaggio, ciò che lui ha vissuto nella pancia del mondo.

Cronache di Gerusalemme non rappresenta la nuova Palestina. Anche i conflitti sanguinosi tra israeliani e palestinesi sono appena accennati e spesso suggeriti dal “silenzio grafico” e da immagini nude. Non vediamo all’interno del reportage illustrato dolore straziante e miseria umana. Prevale, al contrario, una sensazione di tranquillità intervallata dalla tensione, suggerita da colori caldi e chiari, che parlano quasi sottovoce.

“Non ho la pretesa d’insegnare la storia, Mi avvicino ai posti lentamente, senza pretendere di capire tutto. Semplicemente osservando”. Guy Delisle.

Sgomento, stupore, incomprensione e ironia data dalla situazione. Non c’è rabbia per tutto il sangue inutilmente versato nel luogo, non c’è attivismo pacifista. Ci sono ebrei, arabi, palestinesi e israeliani, e tutto ciò che comporta avere tatuato sulla pelle tale identità, che di certo non si può spiegare a parole.

Pyongyang (2013, Rizzoli Lizard)

Pyongyang, (pubblicato nel 2003 da L’Association, edito da Rizzoli Lizard nel 2013), è ancora oggi la capitale della Corea del Nord che, a figura del suo nuovo imperatore Kim Jong-un, si diverte a spaventare il mondo con numerose minacce di attacchi missilistici e nucleari. Kim Jong-un è il figlio del defunto Kim Jong II, reggente il Paese nel 2001; epoca in cui Delisle scendeva le scalette dell’aereo, pronto ad assaporare le stranezze e l’assurdità di una nazione fuori dal tempo e dalla storia globale, un tempo come ora.

Lo sgomento si percepisce dalle tavole dell’artista, realizzate semplicemente con un tratto di china e una spolverata di carboncino. Dai racconti dell’autore emerge una nazione che altro non è che una minaccia reale. Le illustrazioni svelano, seppur indirettamente, la condizione di un popolo ridotto alla fame, soggiogato da deliri e capricci di una folle dinastia dittatoriale.

Fuggire; 2016 Rizzoli Lizard

Un accenno di minimalismo ci accompagna, insieme alla monocromia, in quello che sarà il suo ultimo reportage illustrato non autobiografico: Fuggire, memorie di un ostaggio, (edito da Rizzoli Lizard nel 2016). Un racconto che assembla minuziosamente tutti pezzi della storia di Cristophe André, un attivista di Medici Senza Frontiere, che, nel 1997, venne rapito nel Caucaso, vivendo l’agonia di 111 giorni di prigionia.

Il pregio di Guy Delisle come artista e narratore è, ancora una volta, quello di maneggiare con estrema cautela il contesto socioculturale che si ritrova a raccontare, innalzandolo come solo ed unico protagonista dei suoi racconti.

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Elisa Bellino
Virgola
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Visual designer, storyteller, creative. (Believer of stupid things).