Voi non sapete niente di Steven Bradbury

Rebecca De Fiore
Virgola
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4 min readFeb 22, 2018

Nel 2002 Steven Bradbury ha vinto l’oro olimpico più incredibile di sempre. Ma siamo sicuri sia stata solo fortuna?

Steven Bradbury taglia incredulo il traguardo

“Nel mondo dello sport «Doing a Bradbury» significa vincere in seguito a circostanze miracolose”, da Urban Dictionary.

Salt Lake City, 16 febbraio 2002. Al Salt Lake Ice Center sta per essere disputata la finale dei 1000 metri di short track, la più imprevedibile delle gare di pattinaggio di velocità: gli atleti si sfidano in poco meno di dieci giri, senza corsie e dove contatti e cadute sono all’ordine del giorno. Sulla pista di pattinaggio sta per verificarsi un’impresa talmente incredibile da non sembrare vera. Qualcuno la definì una favola, altri parlarono di farsa: di sicuro la vittoria di Steven Bradbury fu leggendaria.

Steven Bradbury nasce il 14 ottobre 1973 in un sobborgo di Sidney. In Australia gli sport principali sono il surf, il cricket e la pallanuoto. Lui, però, sceglie il ghiaccio e inizia a pattinare fin dall’età di otto anni. All’inizio della sua carriera, Bradbury è considerato un pattinatore piuttosto promettente. A soli 21 anni ha già conquistato tre medaglie ai Mondiali nella gara a staffetta (un oro a 16 anni, poi un argento e un bronzo) e un terzo posto alle Olimpiadi invernali di Lillehammer in Norvegia.

Poi, l’inizio della sfortuna. Nel 1994, durante una gara di Coppa del Mondo, ha un gravissimo incidente: Bradbury è in testa, ma in un sorpasso cade e la lama di uno dei pattini degli avversari gli trapassa il quadricipite da parte a parte recidendo l’arteria femorale. Sviene, perde quattro litri di sangue, gli mettono 111 punti. Si riprende e torna a gareggiare a buoni livelli. Nelle Olimpiadi del 1998 viene coinvolto in scontri con altri pattinatori nelle batterie dei 500 e 1000 metri individuali ed esce subito. Due anni dopo, nel settembre del 2000, Bradbury ha un altro incidente in allenamento: batte la testa contro il bordo della pista e si rompe il collo e due vertebre. Gli dicono che la sua carriera è finita, in realtà è solo l’inizio.

A Salt Lake City l’australiano è alla sua quarta Olimpiade con nessuna speranza di vittoria. Ma Bradbury vuole a tutti i costi vincere una medaglia olimpica individuale e decide comunque di iscriversi a tutte e quattro le gare di short track: staffetta a squadre, 500, 1000 e 1500 metri individuale. Ai quarti di finale della gara dei 1000 metri arriva terzo e viene eliminato (nello short track, infatti, passano i primi due classificati). Arriva, però, il primo colpo di fortuna: il candese Marc Gagnon viene squalificato e Steven è ripescato. Nella semifinale, che si disputa poco dopo, Bradbury parte malissimo. Ma nel rettilineo finale il coreano Kim Dong-Sung, che difende il titolo, perde aderenza e cade, mentre il cinese Li Jiajun, tentando il sorpasso, scivola portandosi dietro il canadese Mathieu Turcotte. Da ultimo che era, Bradbury si ritrova a entrare in finale come secondo.

“Fuori dalla lotta, quasi certamente c’è solo Steve Bradbury”, Franco Bragagna, commentatore Rai.

Dopo varie squalifiche e ripescaggi Bradbury accede alla finale addirittura per primo. In gara, oltre a lui, ci sono Li Jiajun, Apolo Ohno, Hyun-Soo Ahn e Mathieu Turcotte. Bradbury, però, sa di non avere grandi possibilità di vittoria. In un’intervista rilasciata all’edizione australiana del Daily Telegraph, ha raccontato: “Speravo soltanto di trovare un’energia inaspettata nelle mie gambe, ma ero piuttosto scettico a riguardo: ero il più vecchio di tutta la competizione. Devi correre quattro gare in due ore e ti fanno fare solo mezz’ora di pausa. Non era realistico per me fare quattro gare in quel lasso di tempo. Decisi di starmene fuori dal gruppo, aspettando che gli altri facessero degli errori. Speravo di ottenere una medaglia”. Come da pronostico, sin dalla partenza, Bradbury viene distaccato dagli avversari. Ma di nuovo, all’ultima curva, accade l’impossibile. Li Jiajun, che è terzo, scivola e cadendo tocca con la mano sinistra il pattino di Hyun-Soo. Il coreano prova a rimanere in piedi, ma dopo pochi secondi cade anche lui, trascinandosi dietro Ohno e Turcotte.

Steven Bradbury è così indietro che quando passa nel tratto dello scontro nessuno gli blocca la strada. Si guarda intorno quasi stupito, prima di realizzare di aver vinto e alzare le braccia al cielo. È di nuovo l’unico rimasto in piedi, ma questa volta significa medaglia d’oro. È il primo oro della storia per l’Australia alle Olimpiadi invernali. Ed è uno degli ori più incredibili nell’intera storia dei Giochi.

“Non ero certamente il più veloce, ma non penso di aver vinto la medaglia col minuto e mezzo della gara. L’ho vinta dopo un decennio di calvario”, Steven Bradbury.

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