Blockchain: un cambio di paradigma

Come si evolveranno la fiducia e le relazioni umane, una volta entrati nel mondo Blockchain?

Se provate a digitare su Google la parola ‘blockchain’, ottenete circa 260 milioni di risultati in meno di mezzo secondo. Sebbene si tratti di una tecnologia giovane e ancora in corso di sviluppo, sono tante, forse troppe, le cose che sono state dette e scritte a riguardo, soprattutto considerato il suo stadio di avanzamento; ciononostante, è comunque elevato il numero di persone che ancora non ne ha sentito parlare.

Quando si discute di blockchain in un contesto meno tecnico infatti, spesso le reazioni sono di sorpresa o finto assenso: solo se la parola ‘bitcoin’ viene in soccorso dei confusi interlocutori si rischia di strappar loro una reazione un po' meno spaesata. A tal proposito, questo articolo si prefigge l’obiettivo di tentare, in parole semplici, di illustrare come questa tecnologia si incastra con i bisogni psicologici di questo momento storico, abbozzando una riflessione legata all’impatto che può avere sulle nostre vite, sotto diversi punti di vista.

COS’E BLOCKCHAIN

Innanzi tutto, blockchain è un cosiddetto sistema peer-to-peer distribuito di registri: cosa significa questo? In altre parole, si tratta di una rete di computer che attraverso tecnologie crittografiche garantisce la sicurezza dei dati contenuti in una serie di registri pubblici di transazioni. Per controllare la completezza e sicurezza dei dati del sistema, questi computer mettono reciprocamente a disposizione la loro potenza computazionale, in assenza di un controllo centrale che ne verifichi il lavoro: al contrario, la verifica di un blocco di transazioni viene effettuata dagli altri computer della rete, tramite un processo di soluzione di problemi matematici che abbiamo descritto nell’articolo dedicato alle funzioni di Hash.

Dunque, si tratta di un sistema in cui è prevista l’assenza di un controllo centrale: questo è sicuramente un punto di riflessione che merita un’analisi più approfondita. Lo shift importante determinato da questa tecnologia consiste nell’allontanamento dal concetto di fiducia in un’autorità centrale, a cui solitamente affidiamo la gestione dei nostri dati e delle nostre transazioni. Infatti, blockchain è noto per essere un sistema trustless: le informazioni e le garanzie che solitamente enti autoritari ci danno, e che assumiamo come vere, vengono fornite a livello tecnico da questa piattaforma di intermediazione, composta da un numero di pari (peers) sufficientemente alto da garantirne la sicurezza tramite un processo di validazione pubblico e trasparente. L’atto di fiducia verso un cosiddetto ‘intermediario autorevole’ è infatti un qualcosa di sempre meno apprezzato nella nostra società, ragione per cui realtà come AirBnb e Tripadvisor si sono fatte strada e hanno aderito al nostro costume mediatico. Ciò di cui stiamo parlando — al di là dell’innovazione dal punto di vista tecnologico che apporterà grossi cambiamenti nelle banche, nel business, nella finanza, nell’educazione, nel governo, nella ricerca, nella medicina, nel copyright o nel concetto di proprietà intellettuale — è una serie di ripercussioni a livello antropologico e culturale: un ribaltamento nella gestione delle transazioni, da centralizzata a distribuita e pubblica, modifica i rapporti con le autorità, il cui lavoro ha un gran costo in termini economici e di tempo, e di conseguenza quello tra i pari. Quello che ci potremmo domandare ora è: perchè adesso?

L’IMPORTANZA DEL CONTESTO

Blockchain trova terreno fertile in questo momento storico, anche ma non solo grazie al livello di progresso tecnologico a cui siamo arrivati. Dal punto di vista culturale, si tratta di uno spostamento che si può comprendere solo se inserito nel suo contesto di origine.

Una volta, spiegandomi cosa fosse la cultura, mi venne fatto questo ragionamento: se si considerano i modi un animale porta a termine un compito e li si mette a confronto in un arco di 300 anni, essi rimarranno immutati, a differenza di quelli di un umano. La cultura infatti è un insieme di conoscenze, usi, norme, credenze e codici di comportamento che vengono tramandati, tenuti vivi e ‘contaminati’ dagli avvenimenti storici e dalle scoperte tecnologiche di un popolo. Lavare un paio di pantaloni 200 anni fa era un’operazione molto diversa rispetto a quello che è oggi, come lo era preparare un pasto o crescere dei bambini. Anche azioni profondamente radicate nel nostro istinto — come può essere quello di cura della progenie — subiscono quindi un’influenza importante dall’imprinting culturale. Ad esempio, il fatto i genitori oggi lavorino entrambi più rispetto ad un tempo, e che i figli spesso si trovino a distanza dalle figure autoritarie più importanti della crescita, li porta a rivolgersi ai pari, a cercare conferme nel mondo esterno. La condivisione e il bisogno di essere ‘validati’, l’ansia, la depressione e l’insicurezza sono infatti caratteristiche molto marcate nelle generazioni più giovani che, sebbene non abbiano attraversato guerre o carestie, faticano a costruire relazioni significative e a sviluppare fiducia. Anche un’azione come il leggere o il fantasticare mentre si è in viaggio su un mezzo pubblico assume una forma diversa rispetto a qualche decennio fa: salire oggi su un treno significa vedere il 90% delle persone con il capo chino su uno smartphone o un qualsiasi dispositivo e, sebbene siano in molti a supporre che si tratti di una crisi profonda del concetto di connessione con il mondo, in realtà non è radicalmente diverso da ciò che era in passato. Se prima la gente leggeva il solito quotidiano fresco di edicola della stazione, adesso la stessa operazione può essere compiuta senza acquistarne fisicamente una copia. Questo vale anche per il passeggero di 20 anni fa (anche un po’ meno) che non leggeva ma semplicemente si guardava attorno sovrappensiero: poichè lo smartphone è stato concepito come un’estensione della nostra mente, quello che il passeggero di oggi sta facendo è sempre stare immerso nei suoi pensieri, anche se in un modo più percettivamente isolato. Tuttavia, l’evoluzione della modalità con cui queste operazioni sono portate a termine determina una serie di implicazioni dal punto di vista psicologico. Dunque, è vero che il vantaggio di questa tecnologia è l’enorme potenziale di arrivare a più informazioni e persone, ma il suo costo assume l’aspetto di una ridotta capacità di inibire le informazioni in entrata e difficoltà nel ragionare in termini di gratificazione sul lungo termine, anziché sul breve. Allo stesso modo, la riduzione della fiducia nel concetto di autorità può comportare un grado maggiore di responsabilizzazione e di condivisione, nato però da un senso di incertezza, sfiducia e, a volte, inadeguatezza.

Se psicologicamente la blockchain vuole fornire fiducia, controllo e relazioni ‘validate’ tra singoli, gruppi e organizzazioni, allora troverà il modo di inserirsi senza troppe difficoltà nel contesto psicologico di oggi. La trasformazione di molte cose in transazioni tuttavia rappresenterà sicuramente un ambiguo compromesso tra controllo e sicurezza, preoccupando alcuni ma confortando altri: questo, più che eliminare il concetto di fiducia, lo modificherà, in quanto esso è parte del nostro essere umani. Tuttavia, pur vivendo in un mondo veloce e constatando l’alone di incertezza che questo tema solleva nel contesto delle relazioni tra singoli individui e con le autorità, dobbiamo ampliare il più possibile il nostro orizzonte di considerazioni: blockchain può facilitare il passaggio a una forma diversa di fiducia, forse più radicale, che se vissuta come ‘umanamente significativa’, anzichè strumentale, può essere pericolosa. Cosa significa questo? Significa che la fiducia sarà per la blockchain, più che per gli utenti in sé: è importante non confondere questo passaggio, perché le relazioni tra le persone saranno influenzate da questo spostamento della fiducia, cosi come i fattori interpersonali coinvolti. Dobbiamo infatti ricordarci che questa ‘catena a blocchi’ di transazioni è uno strumento, un supporto, anche se gli strumenti che abbiamo creato negli ultimi decenni non sono mai rimasti tali, diventando estensioni di noi, del nostro modo di pensare e di essere.

ELIMINAZIONE DELLA FIDUCIA O RESPONSABILIZZAZIONE?

Coscienti del fatto che blockchain comporterebbe, nella sua forma più funzionale, enormi benefici in termini di risparmio di tempo, denaro e anche di sicurezza, occorre esser consapevoli che questo sistema presenta un nucleo intrinseco di moralità per coloro che la utilizzano: si può infatti dire che sia eticamente impegnativo, poiché il fatto di dare e ricevere validazioni mette in una condizione di giudicabilità e corrisponde in parte a una sorta di dichiarazione pubblica di responsabilità. Infatti, quando siamo osservati da altri, tendiamo a comportarci meglio rispetto a quando non lo siamo. Questo principio psicologico, applicato alle transazioni e sommato a un processo di validazione computazionale, dà forma a un quadro piuttosto interessante. Premesse di questo tipo lasciano sperare in un cambiamento anche interiore nelle persone e a un maggior grado di responsabilizzazione. Il cambiamento però non colpirà solo le persone, ma anche i gruppi e le organizzazioni: una startup blockchain ad esempio, che mostra ai clienti come e da chi viene prodotta una mozzarella, rende totalmente vani gli investimenti di un produttore, o di un venditore, finalizzati a creare una ‘trusted authority’. Sarà quindi il cliente finale a dover decidere se ciò che viene reso pubblico riguardo al prodotto rappresenta un punto a favore dell’acquisto o meno. Non ci sarà nessuno che dirà “compra la nostra mozzarella perchè l’abbiamo fatta noi, brand professionista”, ma piuttosto il messaggio sarà “ho selezionato un particolare modo di produrre la mozzarella che ti ho mostrato dall’inizio alla fine e, se la comprerai, contribuirai a far crescere questo metodo di produzione”.

Di per sé quindi, questo shift può avere un impatto grandioso e può stimolare una profonda evoluzione del genere umano anche dal punto di vista della consapevolezza. Chi vede la ‘tokenizzazione’ solo come la trasformazione di un qualsiasi contenuto (anche mentale) in token, sta perdendo di vista il quadro completo, o per lo meno quello che questo processo comporta. Blockchain di fatto fornirebbe un ‘ambiente di fiducia tra parti’: sarebbe un contesto, ma allo stesso tempo uno spazio psicologico che diventerebbe parte di noi. Lo spazio psicologico, dopotutto, è lo stesso che ci connette agli altri, ma che allo stesso tempo ce ne separa. Non stiamo perciò parlando solo di uno strumento, ma di un ‘livello di comportamento’ che può diventare una vera e propria dimensione umana. Ed è proprio per questa ragione che occorre genuinamente domandarsi in quale forma e con quali accorgimenti possiamo massimizzare i benefici e minimizzare gli effetti collaterali di questo cambio di paradigma.

COME RENDERE IL PASSAGGIO PIU’ CONSAPEVOLE POSSIBILE

Innanzitutto, pur essendo uno strumento trustless, non è e non può essere trustless il contesto in cui esso si inserisce. Ogni contesto possiede delle norme, dei costumi e dei valori diversi, specifici per un dato momento storico, attorno a cui si costruiscono le relazioni e la cui alterazione può comportare una serie di ripercussioni non solo a livello pratico. Per questa ragione, blockchain deve necessariamente tenere in considerazione questi aspetti ed essere calibrata in funzione di essi, cercando di non alterarne troppo la struttura di valori. Ciò che ne può risentire è il concetto di errore, un costrutto così delicato e di cruciale importanza in molte sfere del comportamento sociale, ma che può trasformarsi in un ineludibile giudizio di valore, anziché in una possibilità umana e, per certi versi, un diritto.

Quello a cui infatti si può andare in contro è un’ambiguità di fondo nell’identificare dove finisce l’informalità e dove inizia la trasgressione, modificando la nostra percezione della libertà di espressione. Il bisogno psicologico di essere ‘validati’ e di essere ‘nella rete’ e le contraddizioni tra trasparenza e privacy o tra garanzia e controllo meritano estrema cautela nell’essere valutate e implementate in diversi settori.

Validazione e fiducia non sono due concetti che per loro natura possono essere sovrapposti. Ad esempio, al momento di una transazione gestita da ‘smart contract’, una soluzione IoT subentra per rilevare ed elaborare i dati in maniera imparziale: quindi, tornando all’esempio della mozzarella, il contenuto di latte viene misurato e condiviso in maniera automatica, permettendo al cliente di scegliere in virtù dell’informazione disponibile. In questo caso, avere semplicemente fiducia in una dichiarazione onesta ci farebbe correre un rischio molto realistico di non essere veramente informati sul contenuto di quella mozzarella.

Tuttavia, sebbene fidarci ciecamente nel caso di una dichiarazione sia sconveniente, non è la fiducia in sé da demonizzare. Domandiamoci infatti: cosa spinge un produttore di mozzarelle a fare una dichiarazione falsa riguardo al contenuto di latte? Al di là del caso specifico, in cui le rispose possono variare molto, sicuramente il fattore economico e competitivo è determinante. Un sistema blockchain può boicottare eventuali scorrettezze da parte dei brand per ottenere un vantaggio con i competitors, risparmiandoci tutta una serie di problematiche e risolvendo alla base il problema della fiducia nei dati; con l’aumento esponenziale della competizione nel mondo del business, ne abbiamo più bisogno che mai. Questo ci renderà meno indispensabile fidarci, da un lato, ma dall’altro non migliorerà la nostra capacità di creare fiducia che, in particolare per gli esseri umani, è di fondamentale importanza a prescindere dal momento storico. Senza la capacità di creare fiducia nelle relazioni, che siano tra singoli o tra gruppi, assisteremmo a una graduale disgregazione del tessuto sociale. Purtroppo, la sua importanza non è così evidente, perché il suo ruolo è abbastanza implicito e silenzioso, come quello di uno scheletro, di cui ci ricordiamo l’importanza spesso solo nel caso di uno infortunio, un po’ meno di frequente quando facciamo due passi. Se questo sistema trustless è direttamente proporzionale a un mondo che diventa sempre più trustless, questo non comporterà conseguenze positive; al contrario, se le vediamo come due dimensioni inversamente proporzionali, il nostro obiettivo resta , a maggior ragione, quello di creare fiducia, per facilitare una cooperazione trasparente e smart e per coltivare relazioni a diversi livelli. Quel cambiamento interiore di responsabilizzazione che abbiamo citato nel paragrafo precedente, è potenzialmente connesso a questa innovazione, ma richiede una reale presa di consapevolezza del retroterra psicologico e culturale su cui questa tecnologia si sta innalzando.

Sono ancora molte le innovazioni a cui andrà in contro questa tecnologia e che — come vediamo nel caso del Lightning Network (che non sarà approfondito in questo articolo) — contribuiranno alla risoluzione di diversi problemi legati a tempi e costo di implementazione di questo sistema. Tuttavia, c’è ancora molto da fare, sia a livello tecnico che a livello teorico, per comprendere come questo strumento possa avere l’impatto migliore e meno ‘traumatico’ possibile sul paradigma attuale. Noi di VISIONARI incoraggiamo sinergia e collaborazione tra esperti provenienti da diversi settori, che siano scienze naturali o umane, per evitare che uno strumento affascinante ma critico come blockchain diventi uno spazio chiuso gestito da pochi e affinché possa trasformare la società per il meglio, anche a livello di consapevolezza.

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Niccolò Manzoni
VISIONARI | Scienza e tecnologia al servizio delle persone

Keywords: Psicologia, Neuroscienze, Scienze cognitive, Robotica Sociale, Tecnologia, Business.