Intelligenza artificiale autodidatta batte medici nella predizione degli infarti

Un’intelligenza artificiale potrebbe aiutare a prevenire attacchi di cuore

I medici hanno tantissimi strumenti per prevedere la salute di un paziente. Ma — come ti confermeranno anche loro — difficilmente tengono il passo con la complessità del corpo umano. Gli attacchi di cuore, in particolare, difficilmente possono essere presi d’anticipo. Ora, alcuni scienziati hanno mostrato come dei computer in grado di imparare da soli, possano battere qualsiasi procedura medica standard, soprattutto se si tratta di prevedere sviluppi futuri nella salute del paziente. Se questi sistemi venissero implementati, migliaia, o addirittura milioni, di vite potrebbero essere salvate ogni anno.

“Non posso smettere di ripetere quanto sia importante, e quanto desidero che i medici inizino ad utilizzare intelligenze artificiali per la cura dei pazienti”, Elsie Ross, chirurgo vascolare dell’Università di Stanford, a Palo Alto (California) non coinvolto negli esperimenti.

Ogni anno, circa 20 milioni di persone muoiono per gli effetti di una malattia cardiovascolare, ovvero attacchi cardiaci, ictus, arterie bloccate, o altri malfunzionamenti della circolazione sanguigna. Al momento, per prevedere queste malattie, molti medici si affidano ai criteri di valutazione simili a quello dell’American College of Cardiology/American Heart Association (ACC/AHA). Questi criteri si basano su otto fattori di rischio -ad esempio: età, livelli di colesterolo e pressione sanguigna- da cui i medici tirano le somme.

Questo procedimento è troppo semplicistico per tener conto delle varie cure a cui un paziente è già sottoposto, oppure per considerare gli effetti di malattie precedenti o dello stile di vita. “Ci sono tantissime interazioni in un sistema biologico”, dice Stephen Weng, un epidemiologo dell’Università di Nottingham nel Regno Unito. Alcune di queste interazioni sono controintuitive: in alcuni casi, un eccesso di grasso corporeo addirittura protegge il cuore dalle malattie. “Questa è ciò che accade nel corpo umano”, continua Weng, “le scienze informatiche ci permettono di esplorare queste interazioni”.

In un nuovo studio, Weng e colleghi hanno comparato le linee guida ACC/AHA con quattro algoritmi di apprendimento automatico: foresta casuale, regressione logistica, incremento di gradiente e reti neurali. Queste quattro tecniche analizzano moltissimi dati per poter creare strumenti predittivi, senza intervento umano. Nello studio condotto da Weng, i dati provenivano dai registri medici di 328.256 pazienti del Regno Unito. L’obiettivo era l’individuazione di schemi che potessero essere ricondotti ad eventi cardiovascolari.

Per prima cosa, l’Intelligenza Artificiale (AI) doveva imparare. I quattro algoritmi hanno utilizzato circa il 78% dei dati — ovvero, 295.267 registri — per cercare degli schemi comuni e sviluppare le proprie linee guida; successivamente testarono i propri ragionamenti sui restanti campioni. Le AI utilizzavano dei dati del 2005, e avrebbero dovuto prevedere quali eventi cardiovascolari si sarebbero verificati nei futuri 10 anni. I risultati furono poi comparati dai medici con i registri del 2015. Diversamente dal metodo ACC/AHA, le AI poterono tenere conto di 22 punti dati in più, come ad esempio etnia, artite e disfunzioni renali.

Tutti e quattro gli algoritmi hanno ottenuto risultati migliori del metodo ACC/AHA: utilizzando una statistica chiamata AUC (in cui un punteggio di 1.0 indica un’accuratezza del 100%), il metodo classico ottenne un punteggio di 0,728 contro l’intervallo tra 0,745 e 0,764 delle intelligenze artificiali, così riporta il team di Weng nella rivista scientifica PLOS ONE di questo mese. L’algoritmo migliore — le reti neurali — hanno predetto 7,6% eventi in più dell’ACC/AHA e hanno anche eliminato l’1,6% di falsi allarmi. Nel test con circa 83.000 registri a campione, vorrebbe dire poter aver salvato la vita a 355 pazienti in più. Questo perchè la predizione porta spesso alla prevenzione, semplicemente controllando i livelli di colesterolo o cambiando le abitudini alimentari, stando alle parole di Weng.

“Questo è un lavoro di altissima qualità”, dice Evangelos Kontopantelis, scienziato dei dati dell’Univeristà di Manchester nel Regno Unito, che lavora con i database della pubblica sanità. Kontopantelis è dell’opinione, che se si fosse utilizzata più potenza di calcolo o se gli algoritmi avessero avuto molti più dati su cui imparare, “i risultati del test sarebbero stati ancora più soddisfacenti”.

Molti dei fattori di rischio, identificati come base decisionale dalle AI non sono nemmeno inclusi nel metodo ACC/AHA, come ad esempio i disturbi mentali o l’assunzione di corticosteroidi per via orale. Sorprendentemente, nessuno degli algoritmi considerò il diabete, un fattore di rischio in cima alla lista ACC/AHA. Pensando al futuro, Weng spera di poter include altri fattori legati allo stile di vita o alla genetica per migliorare l’accuratezza.

Kontopantelis fa notare che c’è una limitazione in questo lavoro: gli algoritmi di apprendimento automatico sono come delle scatole buie, in cui si può vedere i dati che entrano e quelli che escono, ma non si può assolutamente capire cosa succede nel mezzo. Ciò rende difficile modificare l’algoritmo, e soprattutto non si può prevedere come agirà una volta cambiate alcune condizioni.

I medici adotteranno questi nuovi metodi di apprendimento automatico nel loro lavoro? Molti tra loro sono molto orgogliosi delle proprie capacità, dice Ross, “ma io, facendo parte di una nuova generazione, sono molto propensa all’utilizzo del computer come assistente nelle diagnosi.”

Tradotto in Italiano. Articolo originale: Science Magazine

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