L’intelligenza artificiale è in grado di prevedere le sentenze della Corte Suprema Statunitense

L’algoritmo ha dimostrato di essere più accurato dei maggiori esperti in materia, e darà un innovativo strumento per gli avvocati

“Ci vediamo davanti alla Corte Suprema!” Il tweet di Donald Trump era rivolto ai tribunali di grado inferiore, che bloccavano i suoi decreti in merito alla sicurezza nazionale. Ma è saggio rivolgersi alla Corte Suprema? Presto, l’intelligenza artificiale potrà fornire una risposta. Una nuova ricerca dimostra come gli algoritmi possano fare un lavoro migliore degli avvocati nel prevedere le decisioni della massima autorità giudiziaria statale, anche avendo molte meno informazioni.

Numerose ricerche hanno previsto le decisioni dei tribunali grazie a degli algoritmi. Già nel 2011, ad esempio, è stato utilizzato un algoritmo che prevedeva la sentenza di un giudice, basandosi su quelle di 8 giudici precedenti, susseguitisi dal 1953 al 2004. L’algoritmo ci riuscì con un’accuratezza dell’83%. Nel 2004, invece, si era pensato addirittura di prevedere il futuro: utilizzando le decisioni di 9 corti, susseguitesi dal 1994, si è previsto il risultato di alcuni casi del 2002. Il metodo aveva un’accuratezza del 75%.

La nuova ricerca pesca i dati da una raccolta molto più ampia, e tenta di prevedere tutte le decisioni di ogni corte in qualunque momento. I dati utilizzati dai ricercatori provengono dal massiccio Database della Corte Suprema, che contiene tutte le sentenze dal 1791 ad oggi, formando così un algoritmo in grado di prevedere ogni tipo di sentenza. I ricercatori hanno poi elaborato 16 fattori decisionali, tra cui la sede della corte, la causa, il reato e il giudice, ma hanno aggiunto anche altre variabili: ad esempio, l’algoritmo valutava quanta presa avevano determinati argomenti su avvocati e giudici.

Per ogni anno dal 1816 al 2015, il team di ricerca ha creato un modello statistico di apprendimento automatico chiamato “foresta casuale”. Questo modello controllava tutti gli anni precedenti e incrociava i vari aspetti dei casi giudiziari con i loro risultati, facendo diverse associazioni. Il risultato della decisione teneva conto di diversi parametri: ad esempio, con quanti voti venisse eletto il giudice, oppure se una corte superiore respingesse la richiesta di una inferiore. Il modello di apprendimento poi tentava di prevedere le sentenze dello stesso anno. Infine, veniva messo a confronto con le sentenze date realmente, in maniera tale da aggiustare il tiro, per poi passare all’anno successivo.

Dal 1816 al 2015, l’algoritmo ha previsto correttamente il 70,2% delle 28.000 sentenze giudiziarie, ma anche il 71,9% delle 240.000 votazioni della giuria, afferma l’autore sul sito PLOS ONE. Questo risultato è addirittura migliore della popolare strategia di scommettere che una corte di appello si pronunci “sempre contro”, che, tra l’altro, è stato il risultato del 63% delle sentenze emesse negli ultimi 35 mandati della Corte Suprema. Ma non solo: il risultato ha addirittura maggiore accuratezza di un’altra strategia più analitica che controlla i dati degli ultimi 10 anni e si basa sui risultati “approvato” e “respinto”. Ma ciò che è più impressionante, è che l’algoritmo ha addirittura battuto numerosi esperti in materia legale: la loro accuratezza è infatti del “solo” 66%. Il responsabile della ricerca, Daniel Katz, professore di legge dell’Istituto Tecnologico dell’Illinois, afferma che ad ogni punto segnato dall’algoritmo, si ricredeva sulla capacità analitica degli esseri umani.

Roger Guimerà, scienziato dell’Università di Tarragona (Spagna), e autore della ricerca del 2011, dice che il nuovo algoritmo è “davvero rigoroso e strutturato molto bene”. Andrew Martin, scienziato politico all’Università del Michigan e autore dello studio del 2004 consiglia al team dell’ultima ricerca di creare un algoritmo, che funzioni su un periodo di due secoli. “Stanno curando un enorme database e utilizzando algoritmi impressionanti, di altissima rilevanza scientifica”, dice.

Fuori dal laboratorio, banchieri ed avvocati potranno mettere in pratica il nuovo algoritmo. Gli investitori, proporranno l’algoritmo ad aziende che potrebbero ricavarne benefici. Infatti, si potrà decidere se rivolgersi alla Corte Suprema, avendo già in mano una stima della sentenza. “Gli avvocati che si occupano di rappresentare grandi aziende non costano come le noccioline”, dice Katz.

I rappresentanti legali invece, potrebbero aggiungere alcune variabili all’algoritmo per capire il miglior approccio da utilizzare con la Corte Suprema: ad esempio, capire quale corte inferiore sfruttare intensivamente, ma capire anche quale sia il querelante con la maggior probabilità di successo. Michael Bommarito, un ricercatore del Kent College di Chicago e co-autore della ricerca, offre anche un esempio pratico: Nel 2012 l’associazione NFIB (National Federation of Independent Business — Federazione nazionale per gli affari indipendenti) si pronunciò contro la riforma sanitaria voluta dall’ex Presidente Barack Obama, perché limitava le opportunità commerciali delle assicurazioni sanitarie private. Il caso, passato alla storia come NFIB Vs. Sebelius, si concluse con la disfatta della Federazione, concludendo che il piano ObamaCare rispettava pienamente i vincoli costituzionali. “Si trattava di libertà di parola? Di tassazione? Oppure era una questione legata al diritto sanitario?”, si domanda Bommarito. “Se avessero usato l’algoritmo, avrebbero potuto prevedere quale questione approfondire”.

Un possibile sviluppo futuro riguarda l’inclusione della trascrizione dei verbali, ma anche dei pareri degli esperti. Secondo Katz “una miscela di esperti, casi e algoritmi forma l’ingrediente segreto per far funzionare questo algoritmo”.

Tradotto in Italiano. Articolo originale: Science

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