hai voluto la bicicletta…

… pedala…

nicola castello
Riflessioni in bianco e nero

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… che poi ti svegli un bel mattino …

e ricordi di aver superato la fatidica soglia e di essere entrato negli “anta”.

Te lo ricordano la barba ed i capelli che iniziano a colorarsi di bianco. Ed è solo una stupida consolazione pensare che gli uomini brizzolati siano più affascinanti, anche perchè Sean Connery, lui, non fa testo.

Te lo ricordano i pantaloni, che iniziano a rifiutarsi di essere abbottonati.

Te lo ricorda la cintura, che non vuol più saperne di essere allacciata nello stesso foro nel quale l’allacciavi fino a qualche tempo prima.

Te lo ricordano cuore, polmoni e muscoli delle gambe che all’unisono iniziano a lamentarsi non appena ti ritrovi ad affrontare una rampa di scale.

Te lo ricordano gli amici (amici?!) che iniziano a tamburellarti la pancia.

E quindi decidi che è giunto il momenti di darsi una mossa, che non è più possibile trascorrere i (pochi) pomeriggi liberi scravaccati sul divano con il telecomando in una mano e un sacchetto di patatine nell’altra.

Devi darti da fare, intraprendere una qualunque attività fisica, praticare uno sport. Per il tuo bene. Ed inizi a pensare quale sarebbe più adatto alla tua indole, alla tua natura. Ovviamente non gli scacchi. Faranno bene alla mente ma è il fisico a necessitare di fare attività. Il calcetto lo hai praticato già da ragazzo ma è troppo impegnativo: devi trovare un gruppo di amici e poi, almeno una volta la settimana, correre appresso a ragazzi che hanno dieci anni (e dieci chili) meno di te, e che corrono dieci volte di più. Il tennis? No, è necessario prima imparare a giocare a tennis, saper tenere una racchetta in mano e tu non hai nè tempo nè voglia di frequentare un corso con ragazzini che potrebbero essere tuoi figli.

Allora ripensi a quando eri ragazzino, a quello che ti piaceva tanto fare allora: andare in bicicletta! Tanto, lo sanno tutti, una volta imparato ad andare in bici, non si dimentica più. E poi la bici ti permette di andare in giro anche da solo: dove, come e quando vuoi. E sia.

Quindi compri la bici, i pantaloncini attillati con l’imbottitura (che ricorda tanto un assorbente), la maglia (altrettanto attillata), il casco, la guaina (una pioggia improvvisa può sempre capitare), la borraccia, i guanti e mille altre cazzate inutilmente indispensabili.

E finalmente un bel giorno il corriere ti consegna il tutto comodamente a casa. Subito indossi il tuo bel completino, resisti alle risate incontenibili di tua figlia, e salti sulla bici pronto a scalare il mondo. All’inizio non vuoi strafare. Hai parlato con degli amici che hanno seguito il tuo stesso percorso (mentale) e tu pensi di poter seguire il loro stesso percorso (fisico). Tutti ti hanno detto che il primo giorno, dopo anni di immobilità ed immobilismo, hanno percorso si e no una decina di chilometri; piano piano; senza fretta. Ed è quello che pensi di fare anche tu.

Quindi salti in sella e via, si parte. Solo che non è proprio come lo immaginavi, come lo ricordavi. La bici che si rifiuta di andare diritta ma disegna sull’asfalto lunghi e tortuosi ghirigori. E le gambe. Le gambe. Quelle maledette gambe che dopo si e no un chilometro di leggerissima salita si inchiodano. Legnose. Pietrificate.

La bici che non vuole saperne di andare avanti. Il respiro affannoso. Il cuore affannato. E tu che ti fermi e pensi… Cazzo sono messo così male?! L’idea che gli amici ti abbiano raccontato balle non ti sfiora nemmeno. E’ tutto demerito tuo. Sei impedito.

E torni a casa sconfitto e sconsolato.

Per fortuna persò non demordi e, giorno dopo giorno, i chilometri aumentano, la fatica diminuisce, il dolore scompare.

E ti ritrovi per la strada, da solo, con il rumore del vento (e qualche cigolio della bici) in sottofondo, la bici che fila via (abbastanza) leggera e le gambe che girano (quasi) senza dolore………

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