My name is…

l’importanza di chiamarsi Ernesto

nicola castello
Riflessioni in bianco e nero

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Ed un bel giorno ti troverai a dover prendere una decisione. Una decisione importante, fondamentale. Una decisione che segnerà per sempre l’esistenza della persona più importante della tua vita. Una decisione che si nasconde dietro una domanda banale, che tutti abbiamo sentito mille e mille volte. Una domanda che spesso manda nel panico anche le coppie più stabili, le personalità più decise, i caratteri più forti. Una domanda che spesso causa infinite discussione in famiglia, tavole rotonde, notti bianche, veglie di preghiera, consulti parentali, dibattiti allargati, assemblee condominiali. Una domanda che riporta in vita vecchi zii morti nella Campagna di Russia, di cui rimane solo una vecchia foto sbiadita sul comò della nonna (che, peraltro, è certa che suo fratello non sia mai morto, ma che se la sia beatamente spassata con una bionda e libertina ragazza Siberiana, tra vodka a caviale, caccia alla renna e pesca al salmone).
Una domanda breve, concisa, ma, nella sua semplicità, drammatica.

“Avete scelto il nome?”

Una domanda che, almeno in terronia, una volta non esisteva nemmeno. I primogeniti avevano già il loro bel nome imposto da forze superiori prima di nascere, di essere concepiti, addiritture di essere ‘pensati’. Il primo maschietto avrebbe avuto il nome del nonno paterno, per portare avanti il nome, ed il cognome, della famiglia; e se fosse stata femminuccia, allora toccava al nome della nonna paterna, per portare avanti almeno il nome, anche senza il cognome appresso; ma andava bene (quasi) uguale, (comunque, ad ogni buon conto, “auguri e figli maschi”).

Poi sono arrivati gli anni ‘80. E qualcosa è cambiato. Bisognava essere moderni, rompere con le tradizioni, dare un taglio alle radici (ad anche ai rami ed alle foglie…)
Le classi scolastiche si sono così svuotate di piccoli Giuseppi, Gandolfi, Calogeri, Marie, Carmeline e Giuseppine per riempirsi di Martine, Vanesse, Marchi (italiani, ma anche tedeschi) e Federichi/e.
Ed è cambiato, di conseguenza, anche il modo di pensare dei vecchi nonni che sono stati privati del piacere di avere un marmocchio omonimo, ma che hanno ritrovato il gusto della battuta:

“come si chiama il figlio di nostra cugina Maria? Lo hanno chiamato Manfredi? bene, come suo nonno Pasquale…”.

Ma il peggio non era ancora arrivato. Sbarcò di lì a poco con le soap e le serie TV americane. E nelle scuole arrivarono dei piccoli, disgraziati (‘portatori di disgrazia’) Ridge Canavacciuolo e Taylor Esposito.
Poi, si sa com’è, ognuno ha i suoi miti. E per le strade si incontrano piccoli ‘Michael’ (Jackson?! Schumacher?! o Jordan?! bah, poco importa), minute ‘Celine’, biondi ‘Kevin’, nerboruti ‘Dustin’ e Napoli è pieno di Dieghi Armandi e Sofie.

A questo punto la domanda è d’obbligo e la curiosità è scontata. Che nome avrò mai scelto io per mia figlia e, soprattutto, perchè proprio ‘quel’ nome. Per chi non lo sapesse, mia figlia si chiama Matilda (MatildA con la ‘A’, come precisano orgogliosi il papà e la pargoletta in questione). Perchè proprio questo nome? Semplice, perchè sono sempre stato appassionato dalla vicenda di Matilda di Germania.

Figlia del conte sassone di Vestfalia Teodorico di Ringelheim e di sua moglie Rainilde di Frisia, nata attorno all'895 a Enger, in Vestfalia, la sua educazione venne affidata alla nonna, la badessa Matilde, che la crebbe presso il suo monastero ad Herford.
Rimase nell'abbazia fino al 909, quando i genitori la diedero in moglie ad Enrico l'Uccellatore, figlio del duca di Sassonia Ottone l'illustre, che la sposò a Wallhausen (Sassonia-Anhalt). Enrico succedette al padre come duca di Sassonia nel 912 e nel 919, alla morte di Corrado I di Franconia, venne eletto re di Germania.
Dal loro matrimonio nacquero cinque figli, tre maschi e due femmine:

  • Ottone I di Sassonia, imperatore dal 961;
  • Gerberga, moglie di Luigi IV, re dei francesi;
  • Edvige, moglie di Ugo il Grande, conte di Parigi, e madre di Ugo I, fondatore della dinastia Capetingia;
  • Enrico I il Litigioso, duca di Baviera;
  • Bruno I il Grande, arcivescovo di Colonia e duca di Lorena.

Durante il regno del marito si occupò delle opere di carità: fece erigere numerosi ospedali ed i monasteri di Quedlinburg, Pöhlde, Nordhausen, Grona (presso Gottinga) e Duderstadt. Alla morte di Enrico (936) sostenne per la successione il figlio minore Enrico, e dopo l'elezione a re di Germania di Ottone continuò ad appoggiare i tentativi di rivolta di Enrico (che rinunciò alle sue pretese solo nel 953). Resse il regno di Germania nel 962, durante l'assenza di Ottone, in Italia per ricevere la corona imperiale: in seguito si ritirò nel monastero di Nordhausen e si trasferì poco dopo in quello di Quedlinburg, dove si spense nel 968 e venne sepolta.
Venne proclamata santa per acclamazione subito dopo la morte.

Questo è quanto.

A proposito, che nessuno si permetta di pensare, nemmeno lontanamente, che il nome possa rimandare in qualche modo a Matilda, la ragazzina protagonista del film di Luc Besson, “Leon”, nel quale una splendida Natalie Portman interpreta la giovanissima sicaria, amica/innamorata del protagonista.

Una ragazzina forte, decisa, sicura, determinata, energica, risoluta, ardita, audace, coraggiosa, impavida, temeraria…

Del resto, quale padre potrebbe volere una figlia così…

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