Alessandro Oliva
vivalafifa
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5 min readApr 12, 2017

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Volevo solo essere Guardiola

No, non cadremo nella tentazione di scrivere che il ciclo del Barcellona è finito: Luis Enrique andrà via, ci sarà un altro al suo posto che magari con lo stesso materiale saprà fare meglio, perché questo è il destino segnato dei grandi club. Nemmeno in quella di affermare con certezza che Dybala è più forte di Messi: ieri ha giocato meglio, ma è facile esaltarsi dopo 90 minuti così. E non scriveremo che la Juve è già in finale: vediamo prima come andrà al Camp Nou, non tanto per il pericolo remuntada, ma come atteggiamento.

Limitiamoci a quello che è successo ieri sera. Cosa abbiamo imparato da Juve-Barcellona? Che la difesa è un’arte. Ed essere sé stessi è sempre meglio che cercare di imitare ossessivamente qualcun altro.

Nulla di filosofico però. Semplicemente, a Torino Luis Enrique ha cercato di fare il Guardiola a tutti i costi. Scontrandosi con la praticità tattica di Allegri, che ha sonoramente sculacciato l’avversario, mettendo in pratica un comandamento che era già tipico di Fabio Capello: primo, non prendere gol. Allegri ha avuto il merito, in questa stagione, di creare attorno alla porta difesa da Buffon un muro difficilmente superabile: il numero uno bianconero ha subito solo due gol in nove gare europee, chiudendo la gara imbattuto per sette volte.

Allegri però non si è limitato a difendere, mettendo il bus davanti alla porta come dicono gli inglesi. La difesa è la base, il primo perno sul quale far ruotare uno schema semplice ma efficace: 4–2–3–1 in fase di possesso palla, che diventa 4–4–2 (o 4–4–1–1, con Dybala leggermente arretrato rispetto a Higuain) quando c’è da coprire, con i reparti che si muovono in contemporanea e le linee ben strette, per chiudere ogni libertà di movimento agli avversari, soprattutto quando questi sono noti per saper circolare con la palla attaccata ai piedi e trovare linee di passaggio che voi umani non potete nemmeno immaginare. Ecco, ieri sera l’unico pericolo per la Juve è arrivato da un suggerimento di Messi per Iniesta che sfugge alla comprensione di noi poveri mortali. Ma appunto, è servito un qualcosa di impossibile.

Il risultato di ieri non è casuale, per due motivi. Il primo è legato al lavoro del tecnico bianconero, che negli ultimi mesi ha lavorato sulla squadra per cambiare una rotta che nella prima parte di stagione aveva visto la Juve perdere due volte a San Siro e a Marassi contro il Genoa, per citare alcuni esempi. La quadratura è stata trovata con uno schema che consente come visto di attuare le due fasi (possesso e non possesso) con efficacia. Se in difesa la squadra può contare su un centrocampo ben incollato alla retroguardia, in attacco ci sono più soluzioni offensive: da Mandzukic che si fa largo sulla fascia con il fisico e crea sponde per Dybala o cerca il cross dal fondo (supportato in tutti i casi dai terzini), a Higuain che sfonda in mezzo o apre gli spazi per il numero 21 o l’accorrente Khedira dal centro. Che questo schema stesse prendendo forma nella maniera giusta, lo si è visto nella netta vittoria della Juve contro il Sassuolo dello scorso gennaio (rileggi qui la nostra analisi): la squadra può sia difendere che attaccare, integrando le due fasi e non dando quindi l’impressione che la squadra si difenda e basta.

Il secondo motivo che spiega il 3–0 dello Stadium è legato, come fossimo di fronte a uno specchio che riflette al contrario, alla incapacità pressoché totale del Barcellona prima di tutto di difendersi. Agevoliamo il contributo dalla regia su come i Blaugrana, quando ancora si era sullo 0–0, hanno “difeso” su calcio piazzato:

O come è bastato mettere Dybala a lavorare in mezzo alle linee per creare scompiglio. Fa quasi male vedere Mascherano preso così in controtempo, sul secondo gol:

L’incapacità di difendere è dunque totale, sia su calci piazzati che su situazioni di palla in movimento. Un’incapacità che nasce, nel secondo caso, dalla disposizione in campo. Bisogna innanzitutto considerare che questo Barcellona non è già più quello di due o tre anni fa, cioè un Barcellona in grado di difendere a tutto campo. Ma se la difesa è parte del sistema di gioco, allora si capisce quanto il modo di stare sul terreno di gioco sia stato mal concepito da Luis Enrique, che ieri sera ha cercato di sparigliare le carte nel tentativo di non dare punti di riferimento ad Allegri, come avrebbe fatto magari Guardiola, ma ottenendo solo una copia mal riuscita del guardiolismo. Difesa a 4 in non possesso, a 3 in possesso con Mathieu bloccato (in tutti i sensi) a difendere sulla sinistra e Sergi Roberto ad avanzare per andare a fare il regista, in un ruolo a lui più congeniale (con Mandzukic largo è uno scontro fisico impari): ne nasce però un centrocampo che si pesta i piedi, come si può vedere dalle posizioni medie in campo, dove Sergi di fatto toglie spazio a Rakitic, rendendo la presenza in campo del croato in pratica superflua:

Lo stesso vale per Messi messo prima troppo largo (inefficace) e solo quando rimesso più verso il centro in grado di fare male, con un tiro fuori di poco nella ripresa, dopo il 3–0. O vale per Mascherano, sballottato tra il centrocampo e la difesa, con ovvi problemi di tempistiche: lo abbiamo visto sul secondo gol di Dybala, ma anche sull’occasione in profondità per Higuain, dove il numero 14 blaugrana non riesce a leggere l’azione.

Il guardiolismo non ha attecchito nell’erba dello Stadium. E c’è un’immagine impietosa, che ne certifica il fallimento. Ed è la totale mancanza di idee del Barcellona, che si traduce in una miriade di passaggi. Se si confrontano quelli degli ospiti (sopra) con quelli della Juve (sotto), si ha un quadro molto esaustivo della serata.

Detto questo, non ci lanceremo come anticipato a inizio analisi in proclami che aizzino le folle. Una cosa, però ci sentiamo di dirla. Il calcio italiano, dal punto di vista della gestione tecnica da parte degli allenatori, non era così in forma da tempo. Chiedere ad Ancelotti o Conte. E ad Allegri, naturalmente. Magari il guardiolismo non è morto. Ma di certo non se la sta passando bene, ultimamente.

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Alessandro Oliva
vivalafifa

Scrivo di calcio, business e social media, recensisco sushi su Tripadvisor.