Atti cinematografici in luogo pubblico EP.6

Non per essere presuntuosi, ma non possono insegnartelo.

Alessandro Beghini
Waste of Ink
4 min readJan 13, 2018

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Mi spiace essere sempre altrove quando la gente mi parla, ma purtroppo è più forte di me. Il mio compagno di conversazione si chiama Michael e sto andando con lui a vedere la mia prima partita NBA allo Staples Center.

Mi ha chiesto se ho mai provato la cucina italiana qui in America e se sia più facile mangiare un buon Hamburger in Italia o un buon piatto italiano a Los Angeles, per mia fortuna non so rispondergli, per mia fortuna non ho mai mangiato niente di “italiano” qui se non cucinato da me. Potrei dirgli tante cose riguardo la nostra cucina e di come loro si divertano a ridicolizzarla quotidianamente, ma sono troppo distratto per tirare fuori qualcosa di diverso che qualche risatina di circostanza. Sto pensando a quanto diamine sono alti questi palazzi intorno a me, a quanto sono eccitato per la mia prima partita dal vivo e ancora di più sto pensando ad una mail arrivata la sera prima sul mio telefono.

Scusatemi se il discorso va per le lunghe giuro che non era nelle mie intenzioni, almeno non lo era quando ho iniziato a scrivere questo episodio.

Tornando al punto del discorso, ripensavo ad una mail e non ad una qualsiasi. Si trattava della mail mandata dalla madre di uno studente del nostro corso, in cui lei si lamentava di come le ore di lezione fossero troppo poche e di quanto fosse rimasta delusa dal programma della scuola.

Ok, ci sono un paio di punti da discutere prima di arrivare al nocciolo della questione, vediamo di fare ordine.

  1. La madre? Io non sono molto in gamba con le età delle persone, ad esempio Michael qui seduto vicino a me mi ha da poco detto di avere 44 anni mentre io gliene avrei dati al massimo 30. Però sono abbastanza sicuro che se tu sei iscritto ad un corso del genere tutto solo soletto, senza bisogno di prendere il pulmino o di senza farti accompagnare dai genitori per arrivare alla scuola, hai superato quanto meno i 18 anni di età. Seriamente quella che sta scrivendo è tua madre? Andiamo amico, per piacere.
  2. Perché io sono dentro questa discussione? No, veramente, cosa volete da me? La cosa peggiore è che non ci sono solo io, questa mail è stata inviata non solo ai responsabili del corso ma anche a tutti quanti i partecipanti al corso. Come se quella mossa dalla madre fosse una sorta di petizione di tutti. Mossa meschina.

Ma veniamo al vero punto del discorso, la vera riflessione che si dovrebbe fare in casi come questi. Non voglio che quello che sto per dire sia preso in maniera presuntuosa, ma abbraccio il rischio di essere frainteso e provo a dare una risposta alla mamma preoccupata.

Cara Signora, la quale pensava il suo bel figliolo facesse un corso di otto ore al giorno, sette giorni a settimana per otto settimane, si lasci dire una cosa: per imparare le regole di questo mestiere basta una settimana e un buon libro.

Non possono insegnarci a scrivere, possono insegnarci che cosa significhi strutturare una storia per narrarla con le immagini, possono dirci come si costruisce solitamente un personaggio, il suo arco narrativo, il suo mondo. Possono indicarci dei modelli da cui apprendere, dirci chi sono i grandi autori e perché sono considerati tali. Possono spiegarci come si dovrebbe scrivere, indicarci una via già battuta, ma non possono fare altro. Per questo motivo suo figlio sta in classe meno di quanto lei vorrebbe: perché quello che c’è da dire non è poi così tanto. Se ha iscritto suo figlio ad un corso per l’esperienza didattica, ha sbagliato madame. Se voleva l’esperienza didattica era più economico e pratico comprare Story di Robert McKee o Screenplay di Syd Field e chiudere suo figlio in una stanza 72 ore.

Sarebbe stato meglio iscrivere suo figlio per l’esperienza umana, la possibilità di poter parlare e potersi confrontare allo stesso tempo con persone che si stanno affacciando nel mondo della narrazione e persone che ci lavorano da anni. La possibilità di poter avere feedback istantanei, studiare l’industria da vicino come non potresti fare seduto a casa tua.

Non voglio essere brutale o cinico, ma corsi come questo servono per poter stare a contatto con un ambiente stimolante, rinfrescare le tue idee e costruirti un network che possa esserti utile un domani. Poco altro.

La scrittura è un gioco solitario, lento, personale. Anche nel mezzo dell’industria cinematografica dove tutto è calcolabile e calcolato non possono insegnarti veramente tutto.

Il concetto è che tutti possono imparare a scrivere (io ho imparato quindi possono davvero tutti) ma imparare a scrivere bene (quello non lo so fare) è un processo personale e intimo che non possono insegnarti, lo impari lavorando da solo, sbattendo il muso contro la tua pessima scrittura ogni giorno (io ci sbatto continuamente contro la mia) e cercando di migliorarla, di migliorarti.

Faccia in modo che suo figlio pensi alla scrittura sette giorni su sette, che scriva otto ore al giorno, quello potrebbe servire. Quello potrebbe aiutare. Non un corso di sceneggiatura di otto settimane alla NYFA, che per quanto ottimo è pur sempre solo un corso.

Poi la prego, dal profondo del cuore, non mandi mai più mail del genere.

Per sempre suo,

Alessandro B.

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