Il Manifesto dell’Agile Marketing

Enrico Corinti
webeingnet
Published in
8 min readMay 30, 2019

Giusto qualche mese fa, ho iniziato a riportare sul mio taccuino una serie di riflessioni a proposito di un Manifesto da usare come ispirazione per la nostra agenzia, qualcosa simile al Manifesto per lo Sviluppo Agile di Software che si trova facendo una veloce ricerca su Google. Un testo che racchiudesse in pochi e semplici assunti quei valori fondanti che si trovano dietro agli impegni che ogni giorno ci preoccupiamo di tenere a mente, e dentro agli sforzi per tener fede al nostro approccio al digital marketing.

Pochi giorni fa, una notifica dal gruppo Agile Marketing Facebook Group mi ha fatto scoprire il Business Agility Institute e (finalmente) una proposta di Manifesto dell’Agile Marketing che per ora meglio si adatta a quello che avevo in mente e a quanto trascritto nei miei appunti.

Talmente calzante che ho chiesto ai manager di poter fare io la traduzione. Dopo la loro approvazione, eccola qua, sul sito ufficiale in italiano: qui su Medium, invece, cerco di illustrare perché la trovo aderente al nostro modus operandi.

Buona lettura…e, mi raccomando, lascia un tuo commento o fammi conoscere la tua opinione in merito: abbiamo appena iniziato!

Il Manifesto

Stiamo esplorando metodi migliori nel creare valore per i nostri clienti e per le nostre organizzazioni, attraverso nuovi approcci al marketing. Attraverso questo lavoro siamo arrivati a considerare importanti:

1. apprendimento validato piuttosto che opinioni e convenzioni

2. collaborazione e focus sul cliente, piuttosto che silo e gerarchie

3. campagne¹ adattative e iterative, piuttosto che campagne “Big-Bang

4. processo di scoperta del cliente, piuttosto che predizione statica

5. planning flessibili, piuttosto che rigidi

6. accogliere il cambiamento, piuttosto che seguire un piano

7. tanti piccoli esperimenti, piuttosto che alcune grandi scommesse.

1. Apprendimento validato piuttosto che opinioni e convenzioni

Quello che ritrovo in questo punto è basilare: non esiste (digital) marketing senza che ci siano continui riscontri oggettivi alle azioni intraprese.
Basta con: “secondo me…”, “forse l’utente voleva…”, “il CTR è basso perché la pagina ha troppo testo: si sa che nessuno ha tempo di leggere…”.
Se ti è capitato di sentire questi alibi, siamo sulla stessa barca.

E dice di più: ogni validazione deve permetterci di apprendere, per correggere o aumentare gli sforzi verso una direzione.

2. Collaborazione e focus sul cliente, piuttosto che silo e gerarchie

Il marketing, per come lo vediamo in Webeing.net, è focus ossessivo sul nostro cliente, sulle sue sfide, sui bisogni che ne scaturiscono e su come poterli supportare.

Questo punto in sostanza ci dice che un team Agile deve essere multidisciplinare e deve permettere a tutte le competenze di dialogare per trovare la migliore soluzione. Per questo la figura del Project Manager come unico punto di contatto, è superata. Come devono essere superati i blocchi interni (spesso solo mentali) per i quali uno sviluppatore non deve porsi domande sull’aspetto più “markettaro”, oppure un marketer esperto di settore ha difficoltà a sporcarsi le mani in altri ambiti.

T-Shape è la soluzione che meglio si adatta a questo scenario: qui potete trovare qualche dettaglio in più grazie a Jason Yip!

3. Campagne adattative e iterative, piuttosto che “Big-Bang”

Questo è il punto che preferisco!
Pur non avendo mai lavorato nel marketing tradizionale (semmai ci sia una differenza), quello che siamo stati abituati a vedere — specie su Mad Men — è che quando si pianifica una campagna, tutto deve essere pronto al tempo T0 di partenza — il Big Bang — , tutto deve partire contemporaneamente e soprattutto, tutto deve essere previsto, anticipato, noto a priori e non si può sbagliare!

È ovvio che — come dicono quelli bravi — questa sia una fallacia narrativa: è impossibile prevedere il futuro e, benché tutto sia pronto e studiato nel minimo dettaglio, ci sarà sempre qualcosa che andrà storto.
Pensiamo di conoscere il nostro pubblico? Probabilmente solo una parte. Le PMI non sono in grado di sostenere ricerche di mercato costose.

Anche qui, non intendo dire di essere approssimativi al lancio (che anche per me è una vera ossessione), ma di concentrarsi sulle priorità, sul percepito, su pochi touchpoint ben coordinati e scelti anche perché fonti di dati!

Il marketing che ci piace è adattativo e iterativo: si adegua rapidamente ai cambiamenti e lo fa con intervalli regolari, noti.
L’ago della bilancia si sposta quindi su due punti chiave:

  • come misuro lo scostamento tra il desiderato e il reale
  • quando ci saranno i momenti di revisione tra atteso e reale, in maniera da prepararsi con una strategia di azione adeguata.

Il resto, poi, è tattica e non significa non pianificare o fare le cose male. Abbiamo affrontato questo tema in un’altra pubblicazione sul Content Marketing, frutto della nostra esperienza sul campo.

4. Processo di scoperta del cliente, piuttosto che predizione statica

All’interno dell’adattamento, una delle scoperte migliori che possiamo fare è quella sulla nostra audience. Tutte le piattaforme digital hanno sistemi di misura e ormai da qualche anno è molto facile riscontrare i gusti del pubblico “dal vero”.

Predire staticamente cosa andrà bene e cosa andrà male è spesso una perdita di tempo: ci sono centinaia di strumenti per interpretare i gusti del nostro pubblico, man mano che le campagne avanzano o in revisioni anche quotidiane. Si tratta di padroneggiare i tool e, soprattutto, avere chiaro cosa si sta cercando.

In questo ambito, diventa utilissimo un approccio basato sul Personas Design, ovvero la produzione di un modello di pubblico in cui (oltre alle dinamiche demografiche) siano chiarissimi i Jobs-To-Be-Done ovvero le sfide, le difficoltà e gli ostacoli che il pubblico al quale ci rivogliamo deve affrontare e quali bisogni emergono da queste sfide. È su questi bisogni che il nostro agire con il marketing può essere soluzione di un problema e quindi adozione di un servizio o prodotto da parte del nostro pubblico.

I don’t know the rules of grammar… If you’re trying to persuade people to do something, or buy something, it seems to me you should use their language, the language they use every day, the language in which they think. ”

— David Ogilvy

E quale miglior cosa quella di adattare le proprie strategie su questo linguaggio? Quali preziose informazioni si celano dietro gli insights di Facebook o il comportamento del pubblico rispetto alla navigazione sul nostro sito web? Che ne pensi?

5. Planning flessibili, piuttosto che rigidi

Questo momento prima o poi doveva arrivare: Agile non significa mancanza di pianificazione, o almeno è così nel marketing. Piuttosto si tratta di identificare chiaramente i momenti significativi per la vita di un brand, un servizio, un prodotto e per quei momenti creare delle campagne adattative e iterative che siano in grado di portare valore all’utente/cliente finale, fino alla adozione di quel brand, servizio, prodotto. Come anche portare il cliente finale, successivamente, ad essere fedele e tornare ad un nuovo acquisto.

Il planning che abbiamo in mente punta ad identificare in maniera chiara alcuni elementi chiave, tra cui:

  • Personas
  • Content Strategy: quali contenti saranno più adatti e in quali canali
  • Customer Journey / Micro-momenti
  • Piano Ads e relativo budget.

Un planning flessibile ci permetterà di mettere in discussione l’efficacia del piano in qualsiasi momento; nella sua impostazione saranno presenti passaggi di apprendimento validato — vedi punto 1 — ; i modelli che prenderemo in esame saranno adattativi e iterativi — vedi punto 3 —e sottoposti a verifica e riadattamento, per questo la loro curva di apprendimento è sempre in crescita.

“Ma come? Quindi quando inizia una campagna di marketing non sapete esattamente cosa succederà? Mi affido a voi perché ho bisogno di risultati e invece otterrei una serie di azioni sperimentali che potrebbero non portare a nulla?”

Immagino che un manager o un imprenditore ora si starà chiedendo questo!

Ebbene sì!

O meglio: esistono contesti e settori merceologici che rispondono in maniera simile, per i quali campagne e azioni sono comparabili in tutto. Ricordando però che il pubblico ha comunque infinite occasioni di cambiare idea sul tuo brand, prodotto, servizio. Con la giusta expertise derivante da questi mercati già noti, lanciare una campagna di marketing è sicuramente un’azione dai risultati predittibili rispetto ad altre.

Tanti mercati, invece, sono completamente inesplorati: benché ci si slanci a voler supporre, predire, analizzare, tutti gli sforzi sono inutili — e soprattuto rimangono opinioni… — senza procedere con una verifica.

In ogni caso, sarà più efficace un piano che si riadatta facilmente a dati reali — quelli che il contesto digital e le piattaforme social oggi restituiscono — o uno rigidamente legato a convinzioni e supposizioni più o meno avvalorate?

A voi la scelta! :)

6. Accogliere il cambiamento, piuttosto che seguire un piano

L’altra faccia della medaglia: sarà meglio un team di una digital agency pronto e attento agli scenari che cambiano o un team rigidamente legato ad un piano, magari già preventivato o incapsulato in un budget?

Qui il marketing Agile diventa metodo: noi abbiamo scelto Scrumban — qui un’idea della nostra versione e i prossimi articoli continueranno a dare suggestioni in questa ottica.

7. Tanti piccoli esperimenti, piuttosto che alcune grandi scommesse

I marketing manager probabilmente non saranno d’accordo, ma voglio provare ad aprire un dibattito.

A tutti piace avere brief ben eseguiti che facciano vincere scommesse importanti, ma che posta c’è in gioco?

Credo che molto dipenda dallo stile di gioco, ma personalmente preferisco adottare la regola

Bet Only What You Can Afford to Lose.

Se la posta in gioco è importante — come un budget elevato, un’assunto non perfettamente verificato che potrebbe minare il risultato, un canale nuovo o un posizionamento nuovo del brand — e non vogliamo rischiare di essere fragili, la soluzione migliore è procedere con piccoli continui esperimenti che sondino e verifichino gli assunti che stiamo mettendo sul piatto.

Per fare questo passo, consiglio un approccio basato su Impact Mapping nella pianificazione delle campagne di Agile Marketing — ispirati da un interessante workshop di Dimitri Favre — : impostandolo possiamo stabilire una serie di assunzioni e i rispettivi outcome che ci aspettiamo come impatto sul nostro pubblico. Fondamentale darci poi come obiettivo tattico prioritario quello di verificarli, prima di procedere oltre.

Da un certo momento in poi, avremmo collezionato una serie di assunti verificati che forniranno prospettive molto più sicure e meno rischiose per lanciare le nostre scommesse!

Attenzione!
Verifiche mensili o trimestrali non sono la stessa cosa, se il piano cambia lentamente e se non abbiamo impostato quali assunti sono soggetti a verifica.

In questo caso staremo soltanto rivedendo quanto è probabile (ancora) vincere una scommessa, pur rimanendo aperta la possibilità che stiamo perdendo la partita.

Adesso, se vuoi, dimmi cosa ne pensi tu e se ti è piaciuto, applaudi! :-)

¹Con l’accezione “Campagne” non mi sto riferendo a Campagne su strumenti specifici (es. Facebook, Instagram), ma considero Campagna una serie di azioni coordinate al raggiungimento di specifiche serie di obiettivi di business, svolte entro un tempo e con vincoli stabiliti.

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Enrico Corinti
webeingnet

Creo nuove opportunità per PMI grazie alla rete, unendo pianificazione e azioni su strumenti di digital marketing, in un processo Agile