Nuove Avventure. La storia di trasformazione di Chiara Marchisone da una multinazionale a un’azienda italiana che guarda avanti

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12 min readFeb 3, 2021

di Gregorio Di Leo

Chiara Marchisone

Oggi è Responsabile del Personale di Crik Crok, ma per la prima volta ci siamo incrociati mentre lavorava in Fox. Sono diversi anni che conosco Chiara. Una di quelle donne che ti colpisce per il sorriso vero, l’attenta sensibilità accompagnata ad una forza gentile.

Quasi in concomitanza con l’acquisizione di Fox da parte di The Walt Disney Company abbiamo lavorato, insieme a Wyde, a un progetto di trasformazione manageriale che ha coinvolto una trentina di persone. Un programma che si è collocato all’interno di un momento particolare sia per i partecipanti, sia per l’organizzazione più in generale.

Lavorare fianco a fianco in quei due anni, in un momento non semplicissimo, ci ha permesso di conoscerci meglio. Di parlare e scambiare. Io ho avuto l’occasione di guardarla mentre, insieme a Donatella Colantoni (Past HR Director di Fox) e al team HR dell’azienda, faceva del suo meglio per ricoprire e svolgere un ruolo che sapeva non avrebbe più ricoperto una volta conclusa la transizione.

Ci ritroviamo insieme online, Chiara ha tagliato i capelli, adesso sono corti. Mi danno l’impressione di raccontare la sua trasformazione. Insieme proviamo a ripercorrere gli ultimi anni di lavoro in Fox, il suo ruolo di HR nel facilitare una transizione, e le prospettive di un nuovo capitolo pieno di nuove sfide, quelle legate ad un’azienda Italiana come Crik Crok che non si ferma ma pensa al futuro.

Partiamo dalla fine. Mi racconti dei tuoi primi mesi in Crik Crok?

Sicuramente è un’esperienza completamente diversa rispetto a quella precedente. Sia per struttura che per processi, metodologia, prodotto. Prima lavoravo in una multinazionale super strutturata nell’ambito dei servizi televisivi. Qui invece c’è produzione, una realtà nella quale le sfide non mancano di certo.

Essendoci una contrazione del mercato e dell’economia cercare nuove opportunità è molto più difficile. Però devo dirti che mentre ero nella fase nella quale guardavo al futuro e mi chiedevo “Cosa faccio dopo Fox?”, l’idea di lavorare per un’azienda italiana è stata sicuramente una delle leve principali che mi ha fatto decidere di venire qui. Il fatto che i miei sforzi, la mia energia, la mia passione fossero convogliati verso una realtà italiana ha fatto la differenza e oggi sono certa che non avrei potuto fare scelta migliore.

Per me è importante contribuire a una realtà italiana, una realtà che crede nel lavoro, che crede nelle persone. E infatti, per quanto l’azienda stia attraversando un periodo non facile, visto che il nostro prodotto e il nostro canale principale di vendita sono stati molto penalizzati dalle limitazioni dovute dalla pandemia, la nuova proprietà che ha comprato l’azienda ha deciso di non fare tagli sul personale e quindi lasciare il perimetro occupazionale invariato. Questa non è una scelta scontata. Pensare di lavorare per un’azienda che dà occupazione a livello locale, che paga le tasse in Italia, in un momento così complesso per il sistema Paese, è una cosa che mi rende orgogliosa.

Poi ci sono le sfide professionali, perché la produzione è proprio un mondo distante da quello a cui ero abituata, almeno per me che sono cresciuta professionalmente nel mondo dei servizi. Ci sono tutta una serie di ragionamenti e approcci diversi, sia relativi alla strategia e agli obiettivi della funzione HR, ma anche nello specifico per me, a livello professionale.

In Crik Crok ho capito da subito che devo adattare quello che ho fatto negli anni precedenti a una realtà con altre aspettative. Ad esempio, nelle realtà produttive il contratto collettivo è un aspetto che guida la relazione tra il dipendente e l’azienda. Quando si parla di proattività, di responsabilità, è naturale che le persone utilizzino quello come punto di riferimento, mentre nel mondo dei servizi questo accade molto di meno. Non cambia la mia interpretazione della funzione HR, per cui ritengo fondamentale lavorare in maniera aperta, cercando di rimanere in contatto con le persone e, ad esempio, anche una procedura disciplinare si può fare con una finalità punitiva oppure, come credo, con lo scopo “educativo”, con la convinzione di portare un contributo positivo alla cultura aziendale.

Tu sei sempre stata nel mondo dei servizi. Prima 8 anni in Valtur, poi una brevissima parentesi sempre nell’alimentare con CAMEO. Poi FOX per 6 anni, dal 2014 al 2020. L’ultima in particolare è stata l’esperienza più importante.

Fox è stata tanto importante quanto entusiasmante. Quando sono arrivata in Fox, in Italia era stato impostato un sistema di valutazione delle performance che poi è stato preso a modello anche per le altre country europee, ed è in quel momento che ci siamo conosciuti con te, Gregorio. Dovevamo fare formazione a cascata sulla valutazione e con il tuo team ci sei stato di grandissimo aiuto.

Che cosa hai imparato lavorando in Fox?

Tantissime cose. Tutti i giorni in Fox, quindi anche il periodo finale che ha visto l’acquisizione da parte di The Walt Disney Company, l’apertura di una procedura di trasferimento e una mobilità, sono stati estremamente positivi. Per me Fox è stata l’unica esperienza di una multinazionale, ma posso dire multinazionale atipica in quanto avevamo abbastanza spazio a livello locale di gestire progetti, relazioni, insomma una discreta autonomia.

È stato lì che ho messo a fuoco l’importanza di avere sempre la voglia e la proattività di proporre nuovi progetti, magari da implementare anche a livello globale, con la consapevolezza che poi ovviamente, essendoci un’architettura più ampia, non sempre era poi possibile realizzarli.

L’altro aspetto fondamentale che ho sperimentato è quanto sia fondamentale creare un rapporto di fiducia tra la funzione HR e i dipendenti. È stato questo rapporto che durante il corso della procedura di mobilità e di trasferimento si è rivelato assolutamente cruciale. Credo sia stato merito proprio della fiducia che si era instaurata tra tutto il team HR, guidato da un capo eccezionale come Donatella Colantoni, ed i colleghi, se alcuni passaggi sono stati condotti in maniera meno traumatica. Ovviamente però parliamo delle attività meno felici per chi lavora nell’ambito delle risorse umane.

Dopo il percorso di cui hai parlato, noi poi ci siamo re-incontrati in un percorso di formazione ai nuovi people manager. Era già stata comunicata questa transizione o no?

In quel periodo sapevamo che c’era un’acquisizione in corso e che la volontà della famiglia Murdoch era quella di vendere parte degli asset aziendali. Sapevamo che noi facevamo parte di quella linea che sarebbe uscita dalla gestione Murdoch, ma ancora non era ancora stato ufficializzato chi fosse l’acquirente. Quindi c’era un punto di domanda sul futuro.

Devo essere onesta all’inizio avevamo tutti sottovalutato la cosa, perché ci eravamo illusi che il progetto della nuova sede ci avrebbe salvaguardato. In quel periodo stavamo passando dalla sede in cui è nata Fox a Roma, accanto agli uffici di Sky, a una nuova sede in centro in Piazza San Silvestro, in un palazzo storico che era in fase di ristrutturazione.

La sede Fox in piazza San Silvestro a Roma

L’intero piano è stato completamente customizzato rispetto alle nostre esigenze, secondo i principi di ecosostenibilità e di modernizzazione degli spazi, ed era stata svolta una work place analysis proprio per capire i nostri bisogni rispetto agli spazi lavorativi. Una sede davvero stupenda. L’idea di spostarci, di sostenere degli investimenti economici anche importanti, ci aveva creato l’illusione di dire “non ci sposteranno mai da Roma! Dopo tutta questa fatica, tutti questi investimenti!”…E invece no.

Quando ci siamo seduti per la prima volta per progettare un nuovo percorso di formazione, non sapevamo che poi ci saremmo trovati a condividere un percorso ancora più grande di trasformazione. Con Wyde-The Connective School abbiamo pensato a come supportare i people manager di nuova nomina e i people manager che erano entrati da poco in azienda e offrire a tutti un background comune su quali fossero le loro responsabilità e come agirle. E questo si è rivelato molto molto importante perché quando si affrontano poi delle situazioni complesse come quella di un’acquisizione, di una procedura di mobilità, di una procedura di trasferimento, il ruolo di chi gestisce persone diventa ancora più importante. Quindi oggi dico che abbiamo fatto, anche come tempi, una scelta davvero giusta perché abbiamo dato un supporto in termini di competenza a coloro che poi si sono trovati ad affrontare le domande, i dubbi, le paure e le perplessità dei loro collaboratori.

C’è poi il ruolo che avete svolto come funzione in una transizione della quale, fin dall’inizio, sapevate che non avreste fatto parte.

Dopo la conferma dell’acquisizione ci era stato comunicato che a cascata sarebbero stati comunicati tutti i ruoli di questa nuova organizzazione Disney. La prima comunicazione ricevuta è stata che la funzione HR sarebbe stata guidata dall’attuale HR Director di Disney. Ovviamente è stata una comunicazione ad alto impatto in quanto la funzione HR sarebbe stata fortemente coinvolta in tutte le fasi successive. È stata una notizia forte. Però è comprensibile la scelta e come team HR l’abbiamo metabolizzata in tempi rapidi.

Come la si metabolizza?

Rifletti sul fatto che certe scelte in azienda non dipendono da te ma da qualcun altro. Questo significa essere dei professionisti. Ci sono dei ruoli apicali che hanno la responsabilità delle scelte. Bisogna fare i conti con la realtà, avevamo davanti un periodo assolutamente delicato -e lì viene fuori il senso di responsabilità-, dovevamo essere responsabili verso Fox, verso i colleghi, verso Disney. Proprio in funzione di quella fiducia di cui parlavo prima. Ci siamo subito resi conto che le persone avevano ancora più bisogno di sentirsi guidate da chi li aveva accompagnati in Fox fin dall’inizio.

Quindi siamo andate avanti cercando di tenere solida la relazione che avevamo con i nostri dipendenti, in un contesto in cui c’erano diversi nuovi interlocutori. Da una parte c’era Disney e dall’altra c’erano i sindacati.

Sono consapevole che a volte abbiamo fatto scelte po’ audaci rispetto ad una canonica gestione di una procedura di mobilità ma eravamo assolutamente convinti che mettere al centro la coerenza e la trasparenza, fosse fondamentale. Per questo, ad esempio, abbiamo scelto di informare noi i dipendenti rispetto ad i ruoli inseriti nella procedura, piuttosto che farglieli apprendere da una mail o da una chat.

Torniamo a questione della responsabilità. Tu sapevi che non avresti fatto parte dopo della squadra. Questo da una parte ti dà grande libertà, dall’altra ti fa venir voglia di mandare a quel paese tutto.

Io la seconda non l’ho mai pensata. Ha sempre prevalso il senso di responsabilità. Nella parte finale poi, da marzo a settembre, sono stata l’unica HR Fox a portare a termine i processi aperti. In questa fase il senso di responsabilità mi ha guidata e ho cercato di rivestire il mio ruolo al meglio fino alla fine. Come dici tu, dalla mia avevo anche la libertà di dire “lo faccio come è meglio. Come è meglio per l’azienda, per le persone..”. La forza mi arrivava dal fatto di dire “chiudo questo capitolo, ce ne sarà un altro”. Non avevo nessun rancore, nessuna rabbia.

Quali sono stati i fattori più critici?

Gli aspetti più critici credo siano stati due: la durata, perché è stato un processo lunghissimo, troppo. Tornassi indietro alcune finestre così larghe cercherei di evitarle; dopo un po’ le persone hanno bisogno di chiudere e voltare pagina focalizzandosi sul futuro. .

L’altra criticità non era prevedibile, l’emergenza sanitaria del covid che ha complicato ancor di più lo scenario. Il trasferimento a Milano è stato rimandato a fronte dell’emergenza e questo ha generato in qualcuno che aveva rifiutato il trasferimento dei ripensamenti. Ma l’organizzazione era già stata definita.

La tempesta perfetta insomma. E tu come l’hai vissuta personalmente? Quand’è che hai cominciato a cercare lavoro? Come è stato il tuo percorso? Che cosa cercavi, cosa ti immaginavi?

Io ho cominciato tardi a cercare altro. Da un lato, perché sentivo la responsabilità di portare a termine questo percorso. Prima della mia uscita alcuni colleghi che sarebbe usciti poco dopo di me mi hanno espressamente chiesto di poter firmare con me gli accordi per le loro uscite. Questa è la fiducia di cui parlavo prima. Si fidavano di me non in quanto Chiara, ma in quanto persona HR che era sempre stata lì, per un confronto, una risposta, un conforto o anche solo una pacca sulla spalla, quando ancora si poteva.

Dall’altro, non avendo la responsabilità di una famiglia da mantenere, l’eventuale periodo di non lavoro non mi pesava moltissimo, anzi era il mio progetto bello a cui pensare. Non ho mai avuto un’esperienza all’estero, per cui questo era il mio progetto futuro. Poi anche per me il contesto è cambiato, quando ho capito che non stavamo vivendo solo un’influenza. A quel punto mi sono detta “forse è meglio se mi concentro sul cercare un’alternativa” perché per me il lavoro è fondamentale, è passione, energia, coinvolgimento forte, quindi vivere un nuovo lockdown senza lavorare mi avrebbe messo in crisi e ho cominciato a cercare lavoro in maniera più mirata.

E come è stata questa ricerca? In Italia siamo super restii al cambiamento e il mercato del lavoro non è troppo fluido. Come hai trovato questa ricerca?

In generale, la ricerca secondo me è sempre interessante, forse ancor di più per noi HR, che siamo ovviamente più selettivi per deformazione professionale. Già dal primo approccio con una nuova realtà cogliamo elementi; si tratta sempre di una selezione reciproca. Prima di questa opportunità ho rifiutato alcune proposte perché non erano in settori che mi interessavano. Ho bisogno di credere in quello che faccio per cui il business dell’azienda per me è importante. È importante che io creda nell’azienda e in ciò che fa. La selezione in Crik Crok mi è piaciuta molto, e come mi era capitato in passato, mi è piaciuta molto la persona che mi ha selezionato. La persona che mi ha preceduto stava cercando chi la sostituisse e io ho trovato in lei i miei valori. Questo mi ha permesso di dire “ok, se lei lavora qui è perché è un’azienda che permette di fare le cose in un certo modo ed ha tra i suoi valori quello delle persone”. Poi c’era tutta la parte di sfida e cambiamento che mi ha interessato. Sono entrata nei processi produttivi. Sapere che dietro di me c’è la produzione, quindi i colleghi che si occupano della trasformazione e lavorazione del prodotto (entra la materia prima ed esce il pacchetto confezionato) è un aspetto che mi incuriosisce e stimola. Altro aspetto assolutamente sfidante, che avevo già provato, è la relazione con una funzione commerciale, molto strutturata e presente in tutto il territorio nazionale che vive il mercato e ha delle esigenze specifiche. C’è una bella dialettica tra produzione e commerciale, tra chi produce il prodotto e chi lo deve vendere, che mi offe molti spunti proprio per la strategia HR.

Rispetto a dove sei oggi, quali sono gli elementi che ti hanno fatto scegliere Crik Crok? Come si inserisce nel tuo percorso professionale?

Le ragioni per cui ho accolto questa nuova opportunità sono tante: come dicevo prima, Crik Crok è è una realtà italiana e contribuire ad un’azienda italiana mi dà soddisfazione, mi fa essere contenta di quello che faccio. Poi l’opportunità di vivere dinamiche diverse e complesse, molto sfidanti, come le relazioni industriali e la gestione della parte produttiva.

In un’azienda a gestione famigliare ci sono più margini di autonomia, dal momento che la catena decisionale è più corta rispetto a quella di una multinazionale. Quindi se ho una proposta, un progetto, non devo attendere tempi decisionali lunghi con il rischio che quando poi arriva l’approvazione il progetto sia superato. Qui l’approvazione se c’è è immediata. Inoltre mi piace l’idea di partecipare e contribuire al progetto di cambiamento, rinnovamento e ripartenza che la nuova proprietà sta portando avanti. Ho l’opportunità concreta di creare, di fare. È una realtà che vive un cambiamento quindi per il mio ruolo ci sono tanti margini di iniziativa.

Davanti a te cosa vedi?

Stiamo portando avanti un progetto sull’identità aziendale e la cultura manageriale, e poi a cascata dovremo declinare questi contenuti su tutti.. Sicuramente ci saranno tanti progetti nuovi, perché i margini sono molti e c’è anche tanta voglia di fare. Siamo un’azienda che ha voglia di ripartire, rimettersi in corsa. Siamo un piccolo spaccato di quell’italia che non molla.

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