On Emotions

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by Simona Gonella

L’interesse verso l’emozione e la sua rappresentazione nasce dal lavoro che svolgo ormai da molto tempo: il teatro.

Uno dei nodi, infatti, dell’arte teatrale è legato alla capacità dell’individuo/attore di provare emozioni sul palcoscenico e di trasmetterle ad un pubblico, con la convinzione che quello stesso pubblico ne sarà toccato e ne vivrà le diverse intensità. L’emozione come motore di comunicazione, coesione fra attore e pubblico, conoscenza e condivisione.

Da alcuni anni ho deciso di portare questo mio lavoro anche all’interno delle imprese, ritenendo che la gestione delle emozioni e il prendere atto di una parte importante di noi ci viene in aiuto nel corso della nostra giornata lavorativa così come del nostro vivere quotidiano.

Partiamo dalla parola emozione. Ci colpisce. Ci muove. Ci smuove. L’eredità del suo etimo latino compie queste azioni. E-moveo. Muovo da. Trasportare fuori, smuovere, scuotere. Colpa della piccola particella e- che aggiunge forza alla parola alla quale è unita, in questo caso “movere”.
Parola “potente” quindi emozione, una parola che al momento di pronunciarla già ci apre mondi, e smuove, per l’appunto, l’infinito terreno della nostra interiorità.

E le emozioni ci muovono infatti, anzi per usare una definizione più tecnica: ci discostano fisiologicamente dal normale livello di attività del nostro organismo (omeostasi) e producono un movimento interno, grazie al quale la nostra attenzione viene condotta verso uno stimolo specifico e ci prepara ad un’azione corrispondente. Secondo lo studioso e psicologo umanista Carl Rogers, alle cui teorie in parte mi ispiro, le emozioni sono: “una prima risposta valutativa dell’organismo all’ambiente circostante”, il che ci fa da subito intuire quale fondamentale funzione esse abbiano rispetto all’adattamento e alla sopravvivenza.

All’origine della nostra specie il protagonista della nostra capacità a rispondere a situazioni di emergenza o pericolo attivandosi in situazioni di “flight or fight” (combatti o scappa) consentendoci di “sentire” nel corpo e agire di conseguenza in un’ottica di sopravvivenza e preservazione di quella stessa specie è stato il sistema limbico (parte primitiva e sede arcaica del cervello in cui hanno origine le nostre emozioni). Con l’evoluzione ed il conseguente sviluppo della neocorteccia e la sua capacità di articolare pensiero e linguaggio ci siamo avviati verso un’era di maggiore consapevolezza: siamo stati cioè in grado di simbolizzare l’esperienza emotiva, diventandone coscienti e consapevoli, razionalizzandola e inserendola nel nostro sistema di conoscenze.

In termini più sintetici abbiamo cominciato a “pensare l’emozione” e con questa attitudine abbiamo anche cominciato ad interrogarci sulla sua regolazione, emersione, controllo, gestione, memoria e così via.

Per anni nelle imprese le emozioni sono state relegate a rivestire un ruolo secondario o addirittura bandite perché ritenute pericolose.

Fortunatamente, negli ultimi anni, con il fiorire degli studi sull’intelligenza emotiva, con l’apertura delle scienze sociali allo studio delle emozioni nel contesto di lavoro e lo sviluppo di una serie di programmi volti a trasmettere competenze emotive e relazionali ai manager delle organizzazioni, il tema delle emozioni sul lavoro è divenuto di grande attualità.

La “sfida” consiste quindi nel capire come trasformare un’emozione, in genere negativa, in qualcosa di utile da usare sul luogo di lavoro e soprattutto di comprendere che solo attraverso un reale percorso di consapevolezza, accettazione e conoscenza di cosa è e cosa fa al nostro corpo e alla nostra mente una emozione, possiamo sentirci liberi dai suoi effetti deleteri e goderci, invece, le sue componenti più proattive.

Pensiamo ad esempio all’ansia: se raggiunge livelli eccessivi in genere si trasforma in stress che è una condizione prevalentemente negativa. Ma l’ansia, se riconosciuta, contenuta e gestita, può essere un’ottima “amica” per ricordarci cosa dobbiamo fare “qui e ora”, aiutandoci a focalizzarci sul presente senza perdite di tempo o rinvii pericolosi di attività e impegni.

Se alleniamo la nostra mente e il nostro cuore a riconoscere, accettare, comprendere e trasformare le emozioni, i risultati sono davvero sorprendenti, sia a livello organizzativo che individuale.

Assumendo il controllo del proprio stato emotivo è possibile migliorare la qualità dalla propria esperienza lavorativa e della propria vita.

Lo si può fare governando consapevolmente la propria permeabilità nei confronti delle influenze esterne, allenando la propria resilienza, adottando un self-talk positivo, canalizzando le proprie emozioni in senso costruttivo.

In questo senso le emozioni sono forse la più grande risorsa che abbiamo a disposizione — anche e soprattutto sul lavoro dove trascorriamo buona parte del nostro tempo.

Il viaggio compiuto nell’emozione e sua rappresentazione apre per me scenari inaspettati che mi incuriosirà esplorare ancora di più nel mio lavoro con i gruppi e con le imprese, oltre che ovviamente con il teatro che è la mia principale attività.

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