Un business al servizio del pianeta

Jlenia Ermacora
Wyde PlayGround
Published in
7 min readJan 11, 2021

All’interno delle imprese, conoscere il perché si sta facendo qualcosa è fondamentale: sostiene la motivazione dei dipendenti, le strategie di business, il successo dei propri prodotti e servizi.

Un’organizzazione che conosce il proprio scopo ha una forza determinante sul mercato, è proattiva e influenza il comportamento delle persone.

Lo scopo — o purpose — di un brand quando è autentico, permea tutta l’organizzazione, traspare nell’accoglienza di un candidato quando entra per la prima volta in contatto con l’azienda, emerge nella pubblicità, nel prodotto, nel dialogo con il cliente, nel modo in cui si scelgono le materie prime.

Avere un purpose chiaro e forte diventerà una questione quanto mai importante nei mesi che verranno. Lo studio di futuro che abbiamo fatto durante i mesi scorsi ha fatto emergere la sostenibilità come un tema cruciale per i prossimi 10 anni. Si andrà verso una polarità. Il crollo della produzione da un lato, e quello della domanda dall’altro, anche a causa di una crescente disoccupazione e stato d’incertezza, hanno già innescato i primi semi di una profonda crisi economica. La recessione economica causata dal Covid-19 porterà un numero sempre maggiore di consumatori a scegliere beni di primo prezzo? Oppure la consapevolezza dell’insostenibilità dell’attuale modello di produzione e consumo, venuta alla luce con il Covid-19, condurrà i consumatori a scegliere prodotti sostenibili, pur riconoscendo prezzi più alti?

Dal nostro osservatorio in Wyde crediamo che nel futuro i consumatori sensibili sceglieranno non solo le imprese che diminuiranno il proprio impatto sull’ambiente, ma addirittura quelle che si proporranno come missione la rigenerazione degli ecosistemi e incoraggeranno l’impegno civico a discapito dei profitti immediati.

Patagonia, il celebre marchio californiano di abbigliamento outdoor che distribuisce i propri prodotti in tutto il mondo, compresa l’Italia, è una di queste aziende, che sta facendo dell’attivismo una parte essenziale del proprio brand.

E lo ha coraggiosamente fatto anche ora, a seguito dell’ evento che ha caratterizzato questi primi giorni dell’anno: l’invasione del parlamento USA da parte di una variopinta tribù di sostenitori del Presidente uscente Donald Trump.

In un post su Instagram, il CEO di Patagonia Ryan Gellert — che da pochi mesi ha sostituito Rose Marcario — non solo ha condannato la violenza al Campidoglio ma ha anche evidenziato “il doppio standard” nel modo in cui le forze dell’ordine hanno risposto alla crisi, rispetto alle proteste di Black Lives Matter a Washington, DC, la scorsa estate.

In Patagonia tutto si evolve attorno allo scopo: “Siamo nel business per salvare il nostro pianeta: vogliamo utilizzare tutte le risorse in nostro possesso -la nostra voce, il nostro business e la nostra comunità- per affrontare la crisi climatica”. Uno dei dipendenti aggiunge “Vogliamo stabilire le migliori pratiche. Vogliamo mostrare ad altre aziende come fare del bene. Ma alla fine, vogliamo solo fare la cosa giusta”.

Patagonia devolve l’1% delle vendite per cause ambientali, recluta altre imprese a seguirne l’esempio, concede congedi di paternità e periodi sabbatici per il volontariato ambientale e impone condizioni di produzioni identiche sia in California, sia in Vietnam.

Non stiamo dicendo che tutte le aziende debbano per forza abbracciare in modo così totale la causa ambientale, ma trovare uno scopo e su quello essere davvero credibili, trasparenti e autentici. Anche quando questo significa affrontare gli eventuali risvolti negativi: a un certo punto, la stessa Patagonia, optando per la decisione di utilizzare esclusivamente cotone organico, comunicò in pubblicità che i prezzi sarebbero aumentati per mantenere i profitti stabili, ma aggiunse che ciò avrebbe ridotto l’utilizzo di pesticidi nelle aree agricole e reso l’acqua potabile.

E le vendite, paradossalmente, aumentarono.

La fiducia delle persone si conquista anche provando a insegnare qualcosa, diffondendo un nuova cultura. Durante il black friday, su alcuni dei principali quotidiani, comparve la pubblicità di una giacca Patagonia accompagnato dalla scritta “Don’t buy this jacket!”. Lo scopo era quello sensibilizzare le persone ad un consumo pensato e ad una politica di sostenibilità (“acquista solo ciò di cui hai bisogno, riusa, ricicla o reimmagina i tuoi vecchi capi, noi nel caso li ritiriamo o li ripariamo”), rinforzando la fiducia nel brand.

È tutta una questione di autenticità

In Patagonia è visibile, tutto ciò che le persone fanno è al servizio del purpose. Che si tratti del giovane che lavora sui social media, degli esperti di prodotto, delle donne del laboratorio o dei dipendenti delle risorse umane, tutti contribuiscono consapevolmente alla missione di Patagonia. Non ci sono scorciatoie o woke-washing, qui si tratta di autenticità.

L’impegno per il pianeta li ha anche portati a guardare in modo critico la propria catena di approvvigionamento, al fine di ridurre il danno ambientale che i loro prodotti stavano causando. Tutto ebbe inizio nel 1994, quando l’attivista dell’agricoltura biologica Will Allen portò alcune persone della Patagonia a fare un giro nelle fattorie di cotone in California. Allen mostrò loro la coltivazione del cotone convenzionale, che comporta un uso massiccio di sostanze chimiche che avvelenano il suolo, l’aria e le acque sotterranee. Non passò molto tempo che Patagonia sostituì tutto il suo cotone convenzionale con cotone organico al 100%.

Il problema era che, all’epoca, l’abbigliamento in cotone convenzionale era responsabile del 20% dell’attività totale della Patagonia. L’alternativa, il cotone coltivato biologicamente, era solo una piccolissima parte del cotone coltivato in tutto il mondo. Patagonia aveva bisogno di sviluppare i propri materiali da zero. Erano in gioco vendite per circa 20 milioni di dollari, ciò nonostante decisero comunque di perseguire la via che avevano scelto. Coinvolsero quindi tutti i membri dell’azienda, spiegando la loro decisione in modo molto trasparente: “L’azienda ha organizzato tour in autobus per i campi di cotone, quindi abbiamo visto di persona i danni che il cotone convenzionale e i suoi pesticidi stavano causando all’ambiente. Questo faceva parte del nostro programma di cotone biologico in cui abbiamo visto anche i vantaggi dell’agricoltura biologica. Centinaia di noi hanno partecipato al tour e molti di noi da allora sono passati all’acquisto di cibo e abbigliamento sostenibili“.

Non sono solo le azioni storiche che contano in Patagonia. Una campagna più recente ha catturato l’attenzione di tutto il mondo. La campagna Vote Our Planet esortava gli americani a votare “per proteggere la nostra aria, acqua e suolo”. L’azienda ha impegnato circa 1 milione di dollari nella campagna, per stimolare gli elettori a sostenere i candidati nelle loro regioni che sostengono l’acqua pulita, l’aria pulita e l’energia rinnovabile. Inoltre, durante il giorno delle elezioni, Patagonia ha chiuso la sede centrale, i negozi al dettaglio e i centri di distribuzione nella speranza di incoraggiare a votare sia i 2000 dipendenti che la vasta base di clienti.

Avevamo già visto in passato il potere del purpose, ma questo livello di autenticità, passione e connessione personale con uno scopo organizzativo è qualcosa che vediamo ancora raramente nelle imprese contemporanee. La cosa interessante è che in Patagonia non sembra essere necessaria alcuna struttura organizzativa progressista per creare una forza lavoro altamente impegnata. L’audacia e la convinzione nel voler realizzare lo scopo è per loro così importante, che tutti gli altri aspetti sembrano passare in secondo piano.

“I know it sounds crazy, but every time I’ve made a decision that’s best for the planet, I’ve made money.”

Yvon Chouinard

Ma ora veniamo a noi. Quando abbiamo progettato il logo di Wyde abbiamo cambiato la lettera “I” in “Y” . Da una lato, volevamo giocare con la complessità quotidiana, per focalizzarci sulla lettera mancante, la lettera che deve ancora essere, la connessione con il futuro. Dall’altro, la Y rappresenta in inglese l’acronimo di “why”, il perché.

Amando da sempre Simon Sinek, abbiamo creduto che questo dovesse essere uno degli elementi fondanti di Wyde: perché fare o partecipare ad un corso di formazione, perché scegliere un posto di lavoro o un’azienda, perché scegliere di entrare in un business… Il perché è al cuore di ogni scelta, di ogni business, influisce sulle emozioni, sui processi decisionali.

Quel perché sarebbe diventato il nostro punto di partenza.

Consigli di lettura:

Una delle letture più interessanti in parte autobiografia, in parte vero e proprio manifesto, è il libro Let My People Go Surfing di Yvon Chouinard, leggendario climber, imprenditore e ambientalista, nonché fondatore di Patagonia descrive la propria vita e l’inizio delle proprie attività di business come scalatore itinerante che vendeva chiodi da roccia nel baule del furgone. Let my people go surfing offre al lettore uno sguardo sui principi elaborati da Chouinard e che lo hanno guidato e ispirato nel trasformare Patagonia in un’azienda nota a livello internazionale, un’attività di business che ha una missione e un impegno precisi nei confronti dell’ambiente e un luogo divertente e anticonformista dove lavorare.

Jlenia Ermacora

Co-Founder Partner Wyde

Dopo 15 anni di esperienza nella formazione e consulenza presso la prestigiosa Istud Business School sul Lago Maggiore, oggi Jlenia, insieme a Gregorio Di Leo, co-founder di Wyde, accompagna le aziende a diventare protagoniste di una continua trasformazione positiva.

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Jlenia Ermacora
Wyde PlayGround

Helping people & companies to widen horizons & drive change. All with love for Education & Growth. Co-Founder WYDE