Conversazioni con il terrorista

Harun Alikadić
ZombiePost
Published in
12 min readJan 1, 2018

sul terrorismo, alcolismo, turismo e cosmo.

Harun Haligali

Mi trovo faccia a faccia con questo tizio che, stando alle sue parole, ha il compito di esplodere da qualche parte., Biondo, occhi azzurri, poco giovane, poco vecchio, razza bastarda, determinato, malinconico. Gli piace farsi chiamare Ahron. Tira fuori dalla tasca una mappa e delle chiavi di un furgone. Forse deve travolgere delle persone, non ho capito bene. Lui non beve alcolici, comunque, io ordino anche per lui, poi bevo la sua parte. Rhum agricolo di pessima qualità, scaduto, almeno stando a quel che dice la bottiglia. Sopra l’etichetta ormai hanno inciso il mio nome, a pennarello, quel rhum non lo beve nessun altro. Quando vengo al bar in solitaria mi cacciano a consumarlo fuori dal locale, talmente puzza. Impaziente, Ahron vuole parlare:

Ecco, sai, ci sono delle cose che vorrei raccontare a qualcuno, prima di …

Iniziamo bene. Raramente do retta alle persone, le loro storie mi entrano da un orecchio e come un fiume calmo se ne escono dall’altro. Dentro rimane poco o niente, simile ad un leggero prurito.

A volte, però, ci sono certe storie appiccicose, quelle che entrano e poi si perdono dentro, nei canali cervicali, o in quelle vicinanze, insomma. Te le devi tenere dentro, non parlarne con nessuno, non trascriverle, muto, per poi portarle nella tomba. Oppure, se pensi che è ancora presto per la bara e non resisti, ecco che diventano come una staffetta, come la croce di Brian di Nazareth, che non vedi l’ora di passarla a qualcun altro per liberartene. Forse è esattamente quel che io sto facendo con te in questo momento, caro lettore. Una storia, un peso da levare.

Perciò racconta terrorista caro, racconta:

Sono nato molto giovane. Quel giorno mia madre ebbe un attacco di emicrania da far diventare matti. Da quel giorno, lei ha avuto gli attacchi tutte le settimane negli anni a seguire. Lo stesso anno è nata anche mia sorella. Siamo nati in un paese, anch’esso, molto giovane.

Mio padre era uno scienziato, un fisico. Oltre alla ricerca si occupava di ingegneria meccanica in un istituto di ricerca di un certo rilievo. Progettava, tra l’altro, i fucili di precisione, i cosiddetti sniper. Aveva anche un’altra specialità chiamata la Viandante del Cielo, una pallottola in grado di mutare la sua traiettoria nell’aria secondo della melanconia del tiratore, una pallottola randagia. Aveva anche un grado da ufficiale di esercito. E un paio di baffi.

La mia famiglia era di fede mussulmana. I nonni dal lato di mia madre erano praticanti. Quelli dal lato di mio padre erano per convenienza comunisti.

No, uno così non scoppia. Ne qui ne altrove. Casomai farà scoppiare. Verrà annientato anche lui dallo scoppio, altrimenti gli toccherà galleggiare nell’infinità del silenzio. Probabilmente succederà a qualche centinaio di chilometri sopra le nostre teste. Lui non pare abbia voglia di parlarne, il suo obiettivo deve ancora allinearsi. SkyWalker Islamico Comunista?

Continuiamo. Salute.

Il padre di mia madre era un ufficiale dell’esercito proveniente da una famiglia contadina aristocratica con titolo di bey. Durante la sua carriera militare fu al capo della guardia personale del re, proprio perché “mohammedano”, per contrastare i croati cattolici. La regina serba gli faceva dei preziosi regali per le festività religiose. Una volta, per bayram, gli regalò sette segugi tricolori. Dopo la fuga del re a Londra e l’invasione della Jugoslavia da parte della Germania il nonno si mise a lavorare per gli Ustascia, i fascisti croati, con l’incarico di capo della gendarmeria dello stato fantoccio di NDH. I croati, per contrastare i serbi, avevano abbracciato i mussulmani bosniaci come propri fratelli. Quest’ultimi si sono lasciati abbracciare. Durante la seconda guerra mondiale, il mio nonno combatteva contro i partigiani. Credo che gli piacesse la bella divisa fascista che indossava. I partigiani indossavano i stracci sporchi, diceva. Peró gli piaceva Tito, era un galantuomo, come lui.

Pensai, ascoltandolo, ma quale disgrazia deve aver spinto questo omone a decidersi a terrorizzare il mondo. Mi pare spaventato e terrorizzato, a sua volta. Non è magari che nella polveriera balcanica gli si fossero bruciate le lampadine in testa?

Era come se precipitasse giù dalla Luna. Sgrana gli occhi, mi fissa, ricollegandosi lentamente alla realtà.

Ero un prodigioso disegnatore, a cinque anni fui espulso dall’asilo per aver disegnato la “U” degli ustascia sul ritratto di Tito che onorava la parete della stanza di noi bimbi. A sei anni feci coinvolgere la mia famiglia in una serie di interrogatori dalla temuta polizia segreta UDBA, in seguito alla mia, ormai famosa, “svasticazione” delle pareti di una strada del centro di Sarajevo che avevo coperto con i gessetti disegnando più di mille svastiche nazi, tutte uguali, una accanto all’altra. Io le trovavo assai affascinanti.

Per tranquillizzare i miei genitori, vinsi una gara per il migliore ritratto di Tito e a otto anni entrai nella finale a livello nazionale per la “conoscenza dell’eredità della lotta per la liberazione dal nazi-fascismo”. Conoscevo a memoria tutte le offensive dell’Asse, soprattutto quella sul fiume di Neretva.

Qui fece una riflessione, il suo volto si colorò di un scuro pallido. Le mani cominciarono ad agitarsi e grattarsi, l’un l’altra. D’un tratto assunse le sembianze di un psicopatico. Lo sguardo tradisce un improvviso sovrappensiero in hyperloop che governa la sua attenzione e le sue azioni. Poi, si calma. Sembrò come se un pensiero positivo e malinconico gli sfiorasse la mente e lui lo acchiappò coraggiosamente come se fosse un’ancora di salvezza.

Nel 1992 l’assedio di Sarajevo è iniziato in una mattinata, ferocemente dal nulla, ma è durato più che quello di Leningrado. Più di mille giorni di un incubo atroce ad occhi aperti. Altro che mille e una notte. Io da subito mi sono messo una tuta mimetica e non me la sono tolta più. Avevo 14 anni, mio padre non mi permetteva di arruolarmi, allora mi sono fatto utile nei reparti di propaganda. Il mio talento nel disegno fu utile per progettare gli stemmi per l’esercito, i volantini, le cover motivazionali per i pacchetti di sigarette destinati all’esercito sul fronte, libricini comics di self-help distribuiti alla popolazione (come farsi la barba senza le lame o coltelli, cucinare con sole lenticchie, come mettere su del peso etc.).

Di giorno stampavo sotto terra in una serigrafia senza ventilazione, di sera andavo sulla linea di fronte davanti a casa nostra, dove c’era anche mio padre, che mi faceva sparare da sniper. Una volta, con un colpo preciso di pallottola randagia, ho fatto fuori l’autista di un autobus pieno di soldati che correva sulla pista dell’aeroporto, è precipitato in una fossa ed è esploso.

Lì ho capito che nel destino randagio della Viandante del Cielo l’arte doveva essere così: con il minimo bisogna ottenere il massimo.

Che la pallottola sia lui? Il Viandante travestito da bossolo, ma mica sta zitto un po’, è una raffica, continua,

A Sarajevo, durante l’assedio, oltre al pericolo di morte, c’era il pericolo di andare fuori di testa. Nessuno aveva fame o sete, tutti avevano da vestirsi. Ma mancava il cibo per la mente, per lo spirito. Allora la gente si ingegnava a scrivere, dipingere, mettere insieme la band per suonare war black metal, tenere attiva una radio con i talk show notturni da puro incubo. Io con i miei compari (gente appartenente alle nazionalità random) facevo le tshirts della contro-propaganda ostile, il nostro motto era “alle gegen alle”, tutti contro tutti. C’era un’aria creativa, si facevano le cose per rimanere sani di mente, non per il profit o status.

Un giorno, mio padre fu fatto fuori da un cecchino Serbo-Bosniaco, che ha, con tutta probabilità, usato un fucile di precisione progettato proprio dalla mano di mio padre. La rabbia e la voglia di vendetta mi fecero avvicinare alla moschea e alla fede islamica radicale. Con alcuni membri della madrasa fondai un reggimento facendo rinascere una neo-divisione 13. SS Waffen però in stile Turbo Nazi Jihad Troops. Armati solo di scimitarre, chitarre e del sonoro Heil Allah, cominciammo a spargere un po’ di sano terrore tra le file di tutti gli eserciti, inclusa l’alleanza internazionale, sporca anch’essa di sangue.

E’ andato, fulminato, decollato, traiettoria senza parabola, furgone spaziale come fuso verticale, è dalla terra allo spazio che vuole colpire. OK, comincio a farmi un idea. L’obiettivo di questo Space Jihad Anarchist potrebbe essere quello di oscurare in primis le reti dei satelliti delle intelligence internazionali piazzate a girare nell’orbita bassa sfrecciando a 10 mila e passa km all’ora. Ora che il blocco occidentale spende centinaia di miliardi dei tax dollars in sicurezza informatica i satelliti chi li protegge? Continuiamo a non essere in grado di rendere sicuri nemmeno i nuovi giocattoli connessi, in vendita massiccia sul mercato globale natalizio. Nel 2016 questi dispositivi, sono stati oggetti di attacchi DDos, arruolati nelle botnet, un esercito di IP, e usati per l’invio di un’inondazione di richieste con lo scopo di mettere in tilt i sistemi informatici. Forse il nostro caro terrorista vuole tamponare i satelliti per raggiungere questo scopo — una satellite-botnet per combattere i techno-fascisti con le loro stesse armi. Ma in tal caso non dovrebbe lanciarsi in orbita, potrebbe farlo direttamente dalla Terra. No, no, no. C’è qualcos’altro.

Ma si va avanti in questa relazione tra il vuoto e l’alcol, forse che il primo è il risultato dello svuotamento del secondo. L’alcol nello spazio vuoto, una ebbrezza mai provata.

Sull’insistere di mia madre sono scappato dalla città attraverso il tunnel scavato sotto l’aeroporto, durante una tregua. Dopo tre mesi di fuga rocambolesca, tra arresti da parte delle milizie croate, isolamento su un’isola isolata e un viaggio passato tutto nel cesso di un treno (avevo mal di pancia) arrivai sul territorio libero di Trieste. Ad accogliermi c’era la comunità slovena triestina che fece di tutto per nascondere la mia vera identità iscrivendomi in una scuola d’arte italiana. Cambiai il nome in Ahron e imparai il dialetto triestino.

Poi fu la volta di Parma e poi di Firenze. Nella città sull’Arno studiavo l’arte, ma le migliori ispirazioni trovavo tornando in quegli anni del dopo guerra a Sarajevo. La città era come esplosa per via di un eccesso di energia positiva. Nessuno parlava di guerra, gli aiuti umanitari ancora rendevano la vita sostenibile. La creatività e l’arte erano per strada, ovunque, accessibili a tutti in una città completamente devastata, fuori e dentro. La terminologia dell’arte contemporanea faceva parte della vita di tutti. La mia nonna mi diceva “ti pare un’installazione quel casino che hai lasciato ieri sera a casa da me”, oppure, “cosa fai lì per terra arrotolato nel mio tappeto, mica sarà un performance?”.

Forse è un criminale che vuole usare i satelliti per rapinare teleportandosi nelle case e nei negozi attraverso i dispositivi connessi? Esattamente come faceva Katodik, uno dei cattivi del fumetto Alan Ford, un riparatore di televisori che aveva casualmente scoperto la quinta dimensione e la usava per rapinare attraverso gli apparecchi accesi.

Eravamo nella prima fase di uno stadio mentale del dopo shock: negazione. Non si distinguevano per strada un malato di mente da un artista. C’era, per esempio, uno con la cuffia da bebè in testa, un limone intero in bocca che correva, urlava e si dava forti pacche sulle palle con una bottiglia. Un altro invece, tutto nudo, completamente colorato di blu a ballare, ridere, piangere. Uno dei due era un artista intenzionale.

Ahron coglie la mia perplessità, mi vuole offrire una via di scampo, mi vuole spiegare perché è diventato quel che l’è. Artista-turista/ terrorista ad arte/il risultato di una performance tanto lunga da sfociare in una carneficina sul pubblico spazientito.

Nel 2001 a Treviso incontrai Gentleman Pilot nel bunker di Fabrica. Gli ho regalato le mie migliori idee, come quella di trasformare le moschee in bagni pubblici oppure di radere al suolo tutta la natura veneta non autoctona, come i cigni, le palme e l’Ikea. Gli proposi di mettere tutti gli immigrati mussulmani su un aereo e dirigerli verso le torri gemelle, e lui lo fece. Io non intendevo quelle di Nova Iorca ma quelle di Bologna, città rossa, simbolo del libero pensiero, il covo dei comunisti.

Dopo Treviso passai un breve periodo nelle prigioni svedesi per via della lotta aggressiva che condussi per difendere i diritti della minoranza francese che vive nei ghetti di questo inospitale paese scandinavo.

Nel 2013 fu proprio a Bologna che insieme a Duce Mitraban, un hacker moldavo ostruzionista a prescindere, cambiammo orizzonti: Zero Vittorie. Zero Coglioni. Costruimmo un istituto di ricerca sul turismo e il terrorismo, con l’obiettivo di gestire le epurazioni per conto dei tour operator luxury travel. L’uso del terrorismo turistico per lottare contro il turismo-di-massa-non spendente-Ryan Air, che stava invadendo la città, fu uno dei capisaldi dell’attività sperimentale del gruppo bolognese.

Il buon ragazzo ha tutta l’aria di essere un terrorista se non del tutto giusto quasi niente sbagliato, come canticchiava un certo genovese, parlando di un anarchico. Ormai mi sto immedesimando, continua la sua odissea. Ordino altri due rhum agricoli, uno doppio per lui.

A differenza di Sarajevo a Bologna non esiste la pazzia ne la razzia, (solo una volta ci furono, molto addietro nel tempo, dicono), è una città dove si rubano le biciclette e qualche rumeno ruba nelle ville, niente che si possa dire un assedio feroce e neanche una lotta per la vita. Per uno sniperista figlio d’arte finalmente un luogo di pace demoincludente con una maggioranza di arabi, negri e meridionali assuefatti dall’adozione che gli autoctoni bolognesi avevano un tempo inventato per loro, per poi estinguersi per troppo benessere. In pratica un’inurbazione perfetta per camuffarsi e testare la Viandante del Cielo, fu così che la mia randagia trovò in questo nuovo cielo turrito il poligono giusto.

Il 3 Febbraio di un siccitoso inverno feci esplodere la testa del ministro della cultura sostanziosa e del turismo sostenibile in visita ad Arte Fiera di Bologna. A seguire fuochi artificiali comandati da remoto da Duce Mitraban, molto apprezzati. Un clochard danzante nel piazzale della fiera chiese al pubblico vip un’offerta libera per la performance. Tutto venne videato da tre droni oligarchi catturati a dei russi della Costa Smeralda. Poi la polizia scientifica arriva e trova un cranio rottame da cui estrae una pallottola con delle alette che tentano di rimettersi in volo (la randagia Viandante del Cielo mai si è arresa al primo colpo), la gelano con uno spray criogenico usato per far smettere di friggere i circuiti dei robot. Il ministro era in missione segreta in città per diffondere una nuova arma caricata a dum-dum-turismo- sostenibile, la voleva personalmente testare sulla massa turistica buzzurra per convincerla a emanciparsi. Un riformismo inaccettabile. Non potevamo permetterlo, ostacolava il nostro progetto Zero Vittorie. Zero Coglioni. L’autoestinzione con salumesuicidio della plebe turistica ci pareva una priorità non negoziabile.

Il video drone della pallottola randagia che colpisce la testarobot ministro viene messo all’asta nel dark web sotto il titolo “La Viandante del Cielo incontra il sostenibile cervello in divieto di sosta”. Tra continui rilanci si arriva a raggiungere la cifra di 350.000 dollari, se lo aggiudica un anonimo che si fa chiamare Stella Rossa, un collezionista serbo pornofilo e decadente, anche lui da giovane ha fatto lo sniper. Dopo questa avventura bolognese la mia sete di arte fuciliera si mise a tracollare, non c’era più del bello da fare attorno a me, mi sentivo anche benestante. Così mi sono trasferito per pura vacanza in un paradiso delle ONG chiamato “Striscia”.

A Gaza si mangia male e ci sono pochi resident dj, ma essendo un artista policentrico che sperimenta senza pregiudizi, rivelai i segreti della pallottola randagia alle brigate Al-Quassam. Un giorno mentre prendevo il sole in una spiaggia minata un mini Millenium Falcon israelita tentò di giustiziarmi. Scampai al drone assassino per un soffio, la Viandante del Cielo lo seccò da 1200 yards. Non ho mai saputo chi era lo sniper, ho immaginato fosse mio padre zombie.

Ci sono molti sviluppi curiosi nell’ambito spaziale. L’Australia ha annunciato di recente che avrà una propria Space Agency. OK, forse questo non è molto interessante, ma, la Cina ha svelato che il primo uomo a mettere il piede sulla dark side of the Moon sarà un drone cinese. Stanno anche dando la caccia agli asteroidi e li stanno parcheggiando nell’orbita lunare. Cosa staranno facendo e con chi stanno collaborando? Chi vive sul lato piú lontano del nostro unico satellite? Il rifugiato Hitler che cavalca i dinosauri? Solo nei film.

Secondo me — si stanno tutti attrezzando per la commedia della sicurezza spaziale.

Sicurezza è sia un sentimento che una realtà, e sono diversi tra di loro. Ti puoi sentire sicuro anche se non lo sei, e puoi essere sicuro anche se non lo senti. I nostri governi sono impotenti sul secondo aspetto, quindi mettono in scena la commedia della sicurezza, basta pensare alla sicurezza negli aeroporti.

Forse ora è arrivata l’ora di andare a letto. Comincio a vedere delle cavalline bianche che galoppano, e io che faccio fatica a camminare. Questa volta mi sa che il mio furgone lo userò per rientrare a casa, ho anche la mappa per trovare la via.

Ma la prossima volta …

--

--

Harun Alikadić
ZombiePost

Digital Product Designer, currently at EclecticIQ. Occasionally enjoy writing about design, outdoors or fiction. English is my third language.