I 5 principali errori che bloccano il decollo delle startup italiane

Massimo Sgrelli
Ride the wave to Silicon Valley
5 min readNov 14, 2019
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Qualche settimana fa abbiamo lanciato una nuova iniziativa dedicata alle startup. Abbiamo pubblicato un’agenda online con oltre 60 slot gratuiti che i founder italiani stanno prenotando per ricevere feedback sulla loro startup. In meno di 9 giorni l’85% degli spazi è stato prenotato. Questi meeting hanno una durata di 20 minuti, prendono il nome di office hour e si tengono in video conferenza (seguite il link per sapere di cosa si tratta).

I dati finora raccolti sono molto interessanti ed evidenziano l’esigenza dei founder del nostro Paese di potersi confrontare con persone competenti. L’esperienza mia e di Luigi nel mondo delle startup high-tech di San Francisco è iniziata nel 2007, quando abbiamo abbiamo preso il primo volo per gli Stati Uniti alla scoperta di tecnologia e startup (il primo viaggio di studi risale in realtà al 1998). Nel corso della nostra carriera abbiamo creato 5 aziende incentrate su tecnologia e Internet, di cui due a San Francisco. Siamo stati angel investor per un decennio e ad oggi siamo l’unico venture capital americano, fondato da italiani, che attivamente investe in Silicon Valley.

Siamo partiti volendo scommettere su cervelli italiani in Bay Area, ma presto ci siamo accorti che i giovani italiani disposti a fare una valigia e prendere un aereo per San Francisco non sono molti. Sembra impossibile, ma è così.

Eppure siamo un Paese che vanta oltre 10.000 startup innovative e non posso credere che il 90% di esse non abbia ambizioni globali.

Che cosa manca affinché le cose cambino per il meglio?

Non vorrei fare il solito discorso sull’ecosistema troppo debole — come ricordavo in un mio articolo precedente

Great startups don’t emerge to support ecosystems — ecosystems emerge to support great startups.

Oggi vorrei affrontare il tema da un punto di vista diverso. Ciò che a mio parere manca più di ogni altra cosa è la cultura necessaria per affrontare il mercato delle startup. Per migliorare questo aspetto serve tanto lavoro sul campo, continuativo e strutturato a fianco dei founder, per aiutarli a vedere quello che non vedono ed insegnare loro ciò che non sanno. Le cose che ignorano sono tante, ma in un mercato de facto globale è un grosso problema. E’ necessario imparare vocabolario e nomenclature tipiche di Silicon Valley per sapersi destreggiare in qualsiasi punto del mondo. Un esempio per tutti? Cos’è una SAFE post-money? Ho scritto anche di questo, cercate.

Quali errori facciamo come italiani

Nell’ottica di fornire un punto di vista senza filtri, se dovessi stilare una top five dei principali errori che evidenziamo parlando con le startup del nostro Paese includerei sicuramente i seguenti in ordine sparso:

  • Prodotto troppo articolato: una startup deve partire da un servizio semplice, che sia possibile far comprendere ad un interlocutore non esperto in un meno di un minuto. La diversificazione non è un pregio per una startup, ma viene interpretata come potenziale de-focalizzazione. In effetti se ci pensate bene, con poco capitale ed un mercato che spesso va creato, perché disperdere le energie su più di un fronte (prodotto o servizio)?
  • Buona idea, geografia sbagliata: le startup italiane tendono a voler vendere il loro prodotto/servizio in Italia. Perché? Il mondo è grande e quasi mai il nostro mercato è un buon target, perché siamo piccoli e non lo è mai sicuramente per i prodotti made in Italy. Il brand Italia è ancora un marchio forte in certi settori come design, moda e food, ma vendere ghiaccioli agli eschimesi non è mai una buona idea.
  • Mercato o prodotto iper-locale: una startup deve crescere e deve farlo velocemente, quindi un prodotto/servizio pensato unicamente per una zona geografica o nazione non funziona quasi mai in termini di economia di scala, la suo visione deve sempre essere globale, così come il mercato potenziale. Questo non va mai dimenticato quando si fanno i primi test su una zona specifica.
  • Prodotto che include hardware e software: tutto ciò che implica la produzione di hardware rende il prodotto più difficile da vendere e finanziare. Quindi va bene includere hardware se la risultante è un prodotto rivoluzionario e unico nel suo genere (ad esempio, con tanta proprietà intellettuale). Se trovate un modo per dimostrare che esiste un mercato (make something people want) per il vostro prodotto senza includere dell’hardware è meglio inizialmente seguire quella strada
  • Difficilmente chiedono aiuto e, se lo fanno, scambiano un semplice luccichio per oro colato: crescere in Italia ha diversi vantaggi, ma tra questi non è compresa la naturale esposizione ad un ambiente dove high-tech e startup sono nate e cresciute fino a raggiungere livelli di primo piano. La scelta degli advisor in questo senso è fondamentale. Cercate gente con esperienza reale nel mondo delle startup, che abbia creato aziende high-tech all’estero e viva costantemente la realtà di Silicon Valley. Qualche giorno fa parlavo con il founder di una startup di Boston. Nonostante buon prodotto e ottima location (MIT, Harvard), vi posso assicurare che alcune scelte di impostazione fatte dal team, nel corso dei 2 anni precedenti, rischiano di trasformarsi in un blocker (un ostacolo invalicabile) nella raccolta di capitale nell’hub numero uno al mondo. Il modo migliore per imparare è stare il più possibile a San Francisco.

Ognuno dei punti precedenti meriterebbe 2 ore di tempo in un’aula per essere snocciolato e compreso bene. Con le office hour vogliamo darvi soltanto qualche puntatore senza filtri. Non cerchiamo di smontare nessuno, ma di aiutarvi ad aprire gli occhi e capire se quello che state facendo va bene così. Detto questo, non abbiamo la verità in tasca, per cui ascoltateci e poi usate la vostra testa.

Concludo con due news

Office hour waiting list

Stiamo pensando a come far scalare questa prima esperienza e tenere attivo questo canale di contatto con chi desidera avere supporto e sogna Silicon Valley per la sua startup. Questo lavoro richiede tanto tempo, passione e pazienza. Voi continuate ad iscrivervi (abbiamo meno di 10 sessioni rimaste disponibili) poi, se dimostrate interesse, vedremo di aprire una waiting list.
Continuate a seguirci, regalateci un 👏 clap e inserite qui sotto i vostri suggerimenti e commenti.

Ride the wave 🏄‍♀ to Silicon Valley 🏄

E’ venuto il momento di puntare in alto per i founder italiani e cavalcare l’onda di Silicon Valley. Anche tra le startup che stiamo incontrando con le office hour, alcune potrebbero ambire fin d’ora a spostare la propria azienda in Silicon Valley, ma devono farsi avanti. Con queste startup lavoreremo a 4 mani per tutto il 2020 con l’obiettivo di aiutarle a realizzare i propri sogni.

Il percorso ideale comprenderà:

  • Trasferire l’azienda in una corporation americana studiata per essere friendly ai VC di tutto il mondo
  • Rivedere assieme il prodotto e l’approccio al mercato
  • Aiutare il founder nella costruzione di un proprio network in Silicon Valley
  • Insegnare come raccogliere un seed round americano.

In sintesi, saremo una sorta di cofounder nell’ombra. Il percorso è a pagamento e non prevede l’ingresso nel capitale.

Chi di voi è seriamente interessato vada qui e risponda a 10 domande. Vaglieremo le candidature e vi ricontatteremo. Questa opportunità è riservata a pochissime startup, scelte tra le migliori.

Lo stesso link è accessibile dal menu del nostro sito OfficeHour.it

Dream big!

Se avete domande aggiungete un commento qui sotto o scriveteci a hello@officehour.it

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Massimo Sgrelli
Ride the wave to Silicon Valley

Founding Partner @ Lombardstreet Ventures. I invest in pre-seed opportunities from Silicon Valley.