Professione disability manager

Dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone disabili fino al diversity manager. Viaggio nell’Italia che combatte le barriere sul lavoro. E non solo. La strategia di AISM e le buone pratiche in azienda.

AISM onlus
9 min readAug 23, 2017

Inchiesta di Laura PasottiSMItalia 4/2017

«Fare cultura per abbattere, in primis, le barriere mentali». Paola Testa riassume con queste parole il suo ruolo per il Comune di Alessandria: mobility manager fino al 2010, dopo la pubblicazione del Libro bianco su accessibilità e mobilità urbana realizzato dal Tavolo tecnico tra Comune di Parma e ministero del Lavoro e delle Politiche sociali avvenuta nel 2009, è diventata disability manager. Architetto, Testa ha partecipato al concorso istituito dal Comune e l’ha vinto, poi ha seguito il corso di perfezionamento alla Cattolica patrocinato da SIDIMA (la Società Italiana Disability Manager).

Nato alla fine degli anni Ottanta negli Stati Uniti, il disability management si è diffuso soprattutto in Canada e nel Nord Europa. In altri Paesi — come Francia, Cina e Giappone — è arrivato in tempi più recenti. In Italia questa figura è stata introdotta nel 2009 appunto con il Libro Bianco, l’anno successivo è partito il primo corso di perfezionamento post-laurea per disability manager all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e nel 2011 è nata SIDIMA, fondata dai primi disability manager. «Il modello italiano è più flessibile, più inclusivo rispetto a quello statunitense, che invece è più tecnico — dice Giampiero Griffo, membro del Consiglio mondiale di Disabled People’s International (DPI) — Le aree su cui lavorare per il rispetto dei diritti sono tante, il disability manager è una figura professionale che interagisce con altri professionisti, non ha un ruolo direttamente politico ma si avvicina. Nel nostro Paese non c’è una profilazione riconosciuta però essendo un’esigenza molto sentita, le persone vengono assunte».

Oltre ad Alessandria ci sono altri Comuni che si sono dotati di un disability manager, come quello di Bologna, ospedali, come Cà Foncello di Treviso e quello riabilitativo a Motta di Livenza, Aziende Usl, come quelle la Ulss 4 del Veneto orientale e imprese private.

Un ulteriore passo avanti è stato fatto nel 2016: nel Programma di azione biennale dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità si propone alle aziende di istituire il disability manager e un osservatorio interno per promuovere l’inclusione dei lavoratori con disabilità. La proposta nasce da una serie di incontri con i responsabili di alcune grandi aziende che stanno lavorando su diversità e inclusione, per definire un modello efficace. Qualche esempio? Unicredit ha circa 500 dipendenti con disabilità e da 10 anni ha un disability management al lavoro per fare cultura sulla disabilità. Altre esperienze consolidate — presentate durante la V Conferenza nazionale sulle politiche sulla disabilità di Firenze — sono quelle di Unipol, Enel, Alma Viva, Hera, Tim, IBM.
È stata Merck Serono, divisione biofarmaceutica di Merck (gruppo globale specializzato in prodotti chimici e farmaceutici), la prima azienda a seguire le indicazioni del Programma biennale, individuando nel Direttore delle Risorse Umane, Francesco Luchi, il disability manager aziendale e creando un Osservatorio tecnico aziendale sull’inclusione lavorativa. Il progetto — partito a marzo — durerà due anni e vuole valorizzare i lavoratori disabili, con patologie gravi o che rischiano di aggravarsi, dall’ingresso in azienda e per tutta la durata della vita professionale. La riforma della Pubblica amministrazione ha poi previsto la figura del responsabile dei processi di inserimento dei lavoratori con disabilità nelle amministrazioni pubbliche con più di 200 dipendenti.

Chi ha bisogno del disability manager?
Secondo Condicio.it, il progetto della Federazione Italiana per il superamento dell’Handicap che raccoglie dati e cifre sulla condizione delle persone con disabilità in Italia, meno di una persona con Sindrome di Down su 3 lavora dopo i 24 anni, il dato scende al 10% tra le persone con autismo con più di 20 anni. Per quanto riguarda la sclerosi multipla, i dati del Barometro 2016 dicono che meno della metà delle persone con sclerosi multipla in età da lavoro (under 65) è occupato e, di questi, il 30% ha dovuto ridurre le ore di lavoro e il 27% ha dovuto cambiare attività con una conseguente riduzione di reddito (in più di 6 casi su 10). Tra coloro che lavorano, solo il 42% segnala l’esistenza di forme più o meno strutturate di gestione della disabilità all’interno della loro azienda: telelavoro, lavoro agile, accomodamento ragionevole, esonero turni, postazioni di lavoro adattate, flessibilità. Segno che c’è ancora molto da fare per un’effettiva inclusione lavorativa delle persone con disabilità. Sotto questo profilo, il disability manager può fare la differenza.

La strategia AISM
Per AISM il lavoro è prioritario, ed è uno dei punti della Carta dei diritti e dell’Agenda della SM 2020. «Il lavoro non è solo l’attività in sé ma un modo di esistere e di esprimersi pienamente — dice Paolo Bandiera, Direttore Affari Generali di AISM.

«Il disability manager più che una persona è, pertanto, un approccio alla gestione delle abilità al lavoro per garantire che non vi sia staticità ma capacità da parte delle aziende di reinterpretare il proprio modo di funzionare».

Le persone, infatti, non sono statiche: evolvono, fanno figli, mettono su famiglia, cambiano i loro progetti di vita, invecchiano. Tanto meno lo è la sclerosi multipla, malattia neurodegenerativa cronica, che progredisce e i cui sintomi sono spesso imprevedibili. «Un lavoratore di 60 anni non può più lavorare come faceva a 30 e il sistema deve adattarsi — aggiunge Bandiera . «In questo senso, la gestione della disabilità in azienda è una sfida culturale e di processo che permette di recuperare la dimensione dell’umanità, che rimette al centro le persone, tutte».

Da disability a diversity manager
Nelle aziende non ci sono solo lavoratori disabili, ci sono anche lavoratori che provengono da Paesi differenti, hanno una religione diversa e diverse esigenze. Per questo non c’è solo la figura del disability ma anche quella del diversity manager che, come dice il nome si occupa di gestire tutte le diversità presenti all’interno di uno stesso luogo di lavoro. «Sotto questo profilo sono le aziende più grandi, come le multinazionali a essere più attente — spiega Griffo — Ad esempio, in uno degli aeroporti di Parigi il servizio di accompagnamento per i viaggiatori disabili è gestito da una società in cui lavorano molte persone non di origine francese e di religione musulmana: l’impresa si è riorganizzata in modo da rispettare i tempi di preghiera, il Ramadan. Il mondo è complesso e incontriamo diversità tutti i giorni. Le grandi imprese si stanno ponendo il problema di rispettarla».

Un esempio è Consuelo Battistelli che, dal 2016, è Diversity engagement partner per IBM e fa parte del team MWA (Mobile wireless accessibility) che si occupa di favorire l’integrazione delle persone disabili. Il suo compito? Occuparsi di tutte le tematiche relative alla diversità: genere, differenze generazionali, multiculturalità, integrazione tra vita e lavoro, differenze di orientamento sessuale, disabilità. «La diversità è insita nella cultura aziendale di IBM, il mio compito è promuovere eventi e iniziative per sensibilizzare su questi temi», dice.

Oltre la legge 68/1999
«La legge 68/1999 è satura, andrebbe rivista», dice Bandiera. Lo dicono i numeri: solo il 15% delle persone con sclerosi multipla è entrato nel mondo del lavoro attraverso il canale previsto dalla legge 68/1999 (dato che raggiunge il 22% al Nord e scende fino al 5% nel Sud e sulle Isole), il resto c’è arrivato attraverso il libero mercato o altri meccanismi (Dati Barometro della SM 2016). Inoltre, l’ultima Relazione al Parlamento sull’applicazione della legge 68/1999 (quella relativa al 2012/2013) parla di 18 mila avvii annuali a fronte di un numero molto superiore di iscritti durante l’anno e di un totale pari a circa 670 mila persone.
Il disability manager va oltre la 68. «La sclerosi multipla non è una patologia conclusa, si aggrava e dà una disabilità discontinua, quindi per le persone con sclerosi multipla, il tema, spesso, è quello di riuscire a mantenere il proprio lavoro — aggiunge Bandiera — Da questo punto di vista, anche la 104 è una legge che garantisce il diritto al lavoro perché consente di conciliare i tempi della cura con quelli professionali».

“ Il disability manager deve avere la capacità di inserirsi nei processi organizzativi, interagire con tutti i settori aziendali dall’ICT alla formazione, dalla sicurezza alla logistica, e accompagnare i percorsi evolutivi delle persone.”

L’accomodamento ragionevole
Il disability manager non è una figura squisitamente tecnica ma «deve avere la capacità di inserirsi nei processi organizzativi, interagire con tutti i settori aziendali dall’ICT alla formazione, dalla sicurezza alla logistica, e accompagnare i percorsi evolutivi delle persone», continua Bandiera. Previsto dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e dalla Direttiva quadro 78/2000 sulla parità di trattamento lavorativo, recepita in Italia con il Decreto Legislativo 216/2013, l’accomodamento ragionevole indica “le modifiche e gli adattamenti necessari e appropriati che non impongano un carico sproporzionato o eccessivo, ove ve ne sia la necessità in casi particolari, per assicurare alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio su base di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e libertà fondamentali”. Inizialmente, però, il nostro Paese aveva recepito la Direttiva in maniera parziale (non prevedendo un obbligo per le aziende). C’è voluta una condanna della Corte di Giustizia per arrivare al Decreto 76 del 2013 in cui si stabilisce che la mancanza di accomodamento ragionevole configura una discriminazione. «Le persone non devono essere discriminate all’inserimento lavorativo, nella carriera, durante le attività di formazione e per tutta la vita lavorativa», precisa Griffo. Infatti, «accomodamento ragionevole non significa solo controllare che la postazione di lavoro sia accessibile ma farsi carico dei procesi organizzativi, facilitare le relazioni aziendali — aggiunge Bandiera — In questo senso, anche il lavoro agile o smart working può essere accomodamento ragionevole per una persona con disabilità». Tra l’altro va ricordato che il Decreto legislativo 151 di attuazione del Jobs Act prevede incentivi per gli accomodamenti ragionevoli, anche in riferimento alla figura del disability manager. «Quella dell’accomodamento ragionevole è certamente materia per il disability manager ma si tratta di una responsabilità condivisa in cui, prima di tutto, va valorizzato il ruolo delle persone con disabilità, delle associazioni di rappresentanza, dei datori di lavoro e sindacati», afferma Bandiera.

Buone pratiche
Si chiama “Training Realization Empowerment” ed è il progetto promosso dall’Istituto David Chiossone di Genova insieme ad AISM — con un finanziamento della Regione Liguria — per dare agli under25 con disabilità visive o sclerosi multipla un’opportunità concreta di entrare nel mondo del lavoro. Durato 12 mesi, il progetto ha previsto anche la formazione sul diversity management. «L’idea alla base del progetto è che chi si trova ad affrontare nella propria vita un percorso in salita, per una malattia come la SM o per una disabilità, può avere una marcia in più per interloquire con chi per ragioni diverse ha esigenze speciali — spiega Francesca Bottaro dell’Istituto Chiossone — Ci sono sintonia e comprensione più forti».
Sono 6 i giovani che hanno seguito le lezioni in aula, fatto il tirocinio e che ora stanno terminando i 4 mesi di work experience. «Una delle ragazze è stata inserita nell’ufficio del personale dell’azienda dei trasporti di Genova che ha attivato un percorso di formazione per gli autisti sui temi della diversità — continua Bottaro — Nel percorso è stato inserito un modulo per insegnare loro a interagire con utenti disabili o con esigenze speciali. Se la diversità fa parte del personale, l’azienda è più capace di rispondere ai bisogni speciali del mercato».
Altra esperienza è quella di Asphi che, insieme ad AISM, sta lavorando a un progetto sul MAPO, il Modello per il mantenimento del Posto di lavoro, di cui è capofila la Provincia di Monza. «L’obiettivo è trovare il miglior lavoro possibile per le persone con SM e le soluzioni ottimali — che siano interventi sui contratti collettivi, flessibilità, estensione dei permessi o altro, che consentano a tutti di liberare il proprio potenziale», conclude Bandiera.

Spiagge accessibili, anzi accoglienti
«Realizzare la spiaggia accessibile e inclusiva più lunga d’Italia. Non solo, vorremmo passare, finalmente, da accessibilità ad accoglienza di qualità». L’obiettivo è di Rodolfo Dalla Mora, architetto e presidente di SIDIMA, la Società Italiana Disability Manager, a cui l’azienda Ulss 4 del Veneto orientale ha affidato l’incarico di disability manager per la costa veneta. Già disability manager dell’Ospedale riabilitativo di Motta di Livenza e al Cà Foncello di Treviso, l’architetto offrirà consulenza e supporto alle realtà locali impegnate nell’ambito della disabilità, il mercoledì mattina presso l’ospedale di Jesolo. “Saremo al loro fianco durante la progettazione o l’adeguamento delle strutture e valuteremo le soluzioni più idonee a garantire una totale accessibilità”. Non solo: lavorando con gli uffici di informazione e accoglienza turistica e le amministrazioni locali del Veneto orientale, lo staff del disability manager fornirà informazioni su accessibilità e tecnologie a supporto dei turisti. Il progetto, costato 650 mila euro tra fondi governativi (quasi il 90%), regionali e delle aziende sanitarie, prevede che, entro la fine dell’estate, le tre Ulss del litorale (Veneto orientale, Serenissima, Polesana) abbiano una spiaggia attrezzata. Il modello? La spiaggia di Nemo a Jesolo, primo stabilimento italiano con servizi ad hoc per le persone con disabilità. (Ambra Notari)

--

--

AISM onlus

Associazione Italiana Sclerosi Multipla. Diritti, persone, ricerca, per un mondo libero dalla sclerosi multipla.