Cosa è andato a fare Salvini negli Stati Uniti

Luca Lottero
5 min readJun 18, 2019

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Screenshot da un video postato dal profilo Twitter di Matteo Salvini

Nella foto, Salvini insieme al Segretario di Stato degli Stati Uniti Mike Pompeo.

Ieri Matteo Salvini è andato a Washington, negli Stati Uniti, dove non ha incontrato il presidente Trump ma comunque due esponenti di primo piano della sua amministrazione: il vicepresidente Mike Pence e il Segretario di Stato Mike Pompeo.

Per un leader politico italiano è abbastanza normale, a un certo punto, andare in pellegrinaggio in America, a rendere omaggio al nostro più importante alleato. Gli Stati Uniti sono il terzo mercato di destinazione del nostro export (dopo Francia e Germania) e hanno sei basi militari sul nostro territorio.

La visita di ieri, però, assume un valore particolare per tutta una serie di ragioni. La prima è che conferma il tentativo della Lega di porsi come interlocutore privilegiato degli Stati Uniti, in un governo in cui gli alleati del Movimento Cinque Stelle, invece, si sono a volte mostrati accomodanti nei confronti di avversari politici di Washington. Per questo quando l’Italia firmava il memorandum sulla via della seta con la Cina — mossa non particolarmente gradita agli americani — Salvini non era presente mentre Di Maio e il resto del Movimento lo presentavano come una grande occasione. Per questo Salvini si affrettò, in linea con gli Stati Uniti, a sostenere Juan Guaidó nel suo tentativo di rovesciare il presidente venezuelano Nicolás Maduro, mentre i Cinque Stelle tennero una linea più equidistante.

La visita di Salvini segue quelle di altri due importanti esponenti della Lega andati nei mesi scorsi a rafforzare i legami americani del partito: il sottosegretario agli esteri Guglielmo Picchi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, considerato il braccio destro dello stesso Salvini.

L’amico Trump

Salvini e la Lega cercano i legame con gli Stati Uniti in generale e con gli Stati Uniti di Trump in particolare. Salvini ha da sempre cercato di farsi percepire come politicamente affine all’attuale presidente. Durante la campagna elettorale americana del 2016, fu l’unico politico italiano di peso a sostenere apertamente e con entusiasmo il candidato repubblicano, che allora quasi tutti consideravano sfavorito rispetto a Hillary Clinton.

Dopo la vittoria della Lega alle elezioni europee, nella famosa foto di ringraziamento agli elettori, tra i vari oggetti alle sue spalle c’era il berretto con il motto trumpiano Make America Great Again, uno dei simboli della campagna elettorale americana del 2016.

E prima di salire sul volo per Washington si è fatto fotografare con in mano il recente libro di Germano Dottori La visione di Trump. Obiettivi e strategie della nuova America. Dottori è un analista di Limes, con una visione positiva dell’azione internazionale dell’amministrazione Trump. Vista la meticolosità con cui Salvini cura la propria immagine social, non si può pensare sia stato un caso.

Un altro tema del viaggio americano di Salvini è stata l’economia. Uno dei provvedimenti più importanti dell’amministrazione Trump, finora, è stato un imponente taglio delle tasse dei singoli contribuenti e soprattutto delle compagnie, approvato a dicembre del 2017. Le imprese americane, dal 2018, sono passate da pagare tasse per il 35% dei loro profitti a pagare il 21%. La filosofia che sta dietro provvedimenti del genere è la cosiddetta trickle-down economics, cioè l’idea che facendo pagare meno imposte a chi ha di più, questi avranno più risorse da investire, creando posti di lavoro e aumentando il benessere generale.

Salvini ha detto che vuole trarre ispirazione dal modello statunitense per la sua flat tax, cioè l’aliquota unica sui redditi individuali e famigliari, che la Lega vorrebbe fissare al 15%. C’è un problema, però: il debito pubblico troppo alto dell’Italia e le regole di bilancio dell’Unione europea. E qui passiamo a un altro punto importante nei rapporti tra Trump e Salvini.

Euroscetticismo transatlantico

Sia Trump che Salvini non amano particolarmente l’Unione europea. O almeno non la amano per come è fatta in questo momento. Il presidente americano, ancora recentemente, si è inserito nel dibattito sulla Brexit, consigliando ai britannici di uscire al più presto dall’Ue considerando anche l’ipotesi di un’uscita senza accordo (no deal) che i più vorrebbero evitare.

Salvini, invece, è impegnato nel tentativo di creare un nuovo equilibrio politico nelle istituzioni europee anche se, per il momento, sembra trovare difficoltà a replicare in Europa il successo della Lega in Italia.

Il Governo italiano in generale, inoltre, cerca alleati per avere un maggior peso nello scontro con le istituzioni europee e, forse ancora di più, con gli altri Stati europei, come la Francia e la Germania. E gli Stati Uniti sono l’alleato più naturale a cui rivolgersi. Anche Matteo Renzi, da presidente del Consiglio, aveva citato la politica economica espansiva di Obama come un’alternativa alle rigidità di bilancio dei regolamenti europei. In modo simile, oggi, Salvini indica il modello economico americano come la strada da seguire.

In questi casi, poi, è difficile capire cosa in concreto porti la ricerca della sponda americana. È difficile, per quanto Salvini e Trump possano andare d’accordo, che gli Stati Uniti decidano di sostenere pienamente l’Italia nella sua presunta lotta all’Unione, anche perché non siamo di sicuro l’unico Paese con un rapporto con Washington. Certo è che l’America tende sempre più a vedere l’Europa unita come un potenziale concorrente, e dare legittimità politica alle forze che fanno opposizione all’ordine attuale può farle comodo.

Il capitolo Russia

Se la Lega ha avuto così tanto bisogno di rassicurare gli Stati Uniti sulla propria fedeltà, è anche perché negli ultimi anni aveva assunto una posizione molto filo-russa. E la Russia è ovviamente un concorrente degli Stati Uniti.

Da quando è al Governo, Salvini ha ridimensionato molto i suoi apprezzamenti per Mosca e per il presidente Putin, in precedenza ostentati e rivendicati apertamente. Negli anni scorsi aveva avuto modo di definire Putin un leader migliore di Obama, e che avrebbe fatto volentieri a cambio tra Putin e Mattarella. Un po’ troppo, per un sincero atlantista.

Il fatto che Salvini abbia smesso di dire cose del genere, però, non significa che abbia smesso di coltivare le relazioni con Mosca. Nella foto sopra, dietro la sua scrivania, insieme al cappellino di Trump c’era anche il santino di Putin, che quindi continua a far parte dei riferimenti del leader leghista. Che su questo fronte, al di là dello stile comunicativo, non fa nulla di diverso dai precedenti leader italiani (Berlusconi, Prodi e gli altri) e da molti altri Paesi europei (Germania in testa) che mantengono rapporti cordiali con la Russia pur rimanendo alleati degli Stati Uniti.

C’è solo un dettaglio: Salvini, tutto questo, lo fa un po’ da Ministro dell’Interno e un po’ da leader della Lega, non da capo del Governo. E parzialmente (sembra) in disaccordo con gli alleati del Movimento 5 Stelle.

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