Diario di un fuori sede: Farewell

LabUNDER
3 min readSep 17, 2018

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Puoi leggere la prima puntata del Diario qui.

È consigliato leggere questo articolo con l’album della colonna sonora del film “Inside Llewyn Davis” (“A proposito di Davis” nella versione italiana) — pellicola dei fratelli Cohen — di sottofondo.

Apro la finestra della cucina e accendo la sigaretta. Da qualche tempo ho cominciato a fumare per scaricare lo stress della sessione, ma spero di non prendere il vizio.

Il sole di giugno filtra gradevolmente attraverso le insenature dei palazzi di via Ugo Bassi.

Sono passati solo tre anni da quando, nel 2011, ero arrivato a Bologna per studiare Comunicazione. Adesso, con la tesi sperimentale sui nuovi media sul punto di essere terminata, dovrò forse andare via da questa città, per la Magistrale. O forse resterò a Bologna. O andrò all’estero. Boh. La cosa divertente è che il futuro non mi fa paura, e neanche il presente.

Sono molto cambiato dal ragazzino spaventato che era arrivato a Bologna da matricola e che aveva bisogno della musica e delle sue subculture per sentirsi parte di qualcosa. Ultimamente avevo anche cominciato a frequentare gli houseparties — le feste in casa — e devo dire che quel tipo di socialità da bicchiere di vino e chiacchierate mi piaceva parecchio.

Al di là di piazza Verdi, del Millenium o del Cassero, avevo capito che l’aggregazione di una comunità che cambiava di anno in anno, come poteva essere quella degli studenti del centro di Bologna, non si basava su un luogo preciso, bensì sul fatto di essere poco più che ventenni, studenti e avere una casa nella città più studentesca d’Europa. Tutto questo comportava un clima da “ora o mai più”, “se non fai queste cose a 22 anni quando le fai?” e tutto ciò che ne concerneva.

La fama de “la città più studentesca d’Europa” trascendeva i confini nazionali, così ogni anno al Marconi atterravano migliaia di studenti internazionali, pronti ad affinare i propri curricula accademici, ma anche ad animare le interminabili feste dei week end di fine sessione del Centro Storico.

In una di queste feste avevo conosciuto Marìa, ragazza spagnola di Siviglia, che avevo iniziato a frequentare da qualche mese. Il rapporto con lei era bello, spensierato, fugace e da “carpe diem”, come solo gli amori da Erasmus sanno essere.

Me l’aveva presentata un amico ad un houseparty di fine sessione e mi era subito balzata all’occhio perché, a differenza dello stereotipo degli spagnoli espansivi, lei era estremamente timida e riservata e inoltre, per essere una spagnola che viveva e studiava in Italia già da qualche mese, parlava un italiano terribile.

La riservatezza e la remissività nel cominciare una relazione in Erasmus si erano trasformate ben presto nella spensieratezza e nella serenità di chi vive il presente e solo quello, tenendo soprattutto conto che nessuno dei due sapeva in che parte d’Europa sarebbe andato a finire e cosa avrebbe fatto della propria vita, a partire da dopo il mese di luglio.

Beh dai, la sigaretta è finita, rientriamo, la tesi non si scriverà mica da sola. Ho già divagato abbastanza.

Suonano al campanello.

È Marìa. È venuta a salutarmi. Oggi finisce l’Erasmus e domani torna a Siviglia. Scendo le scale, un po’ emozionato.

Oltre al cancello vedo il suo viso sorridente, contornato dai suoi grandi occhi neri.

Chissà se ci rivedremo mai più.

Chissà se rivivrò mai le feste in casa, le 3 di notte a bere, la sveglia alle 8 il giorno dopo perché comunque c’era l’esame da preparare.

Chissà se rivivrò mai tutto questo.

Addio Marìa. Addio Bologna. O arrivederci?

Articolo di Antonino Giurdanella.

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18 ragazze e ragazzi, Bologna e il racconto inedito dell'attivismo civico e culturale dei suoi abitanti.