Innovazione, fare i conti con (01) — Trappola coworking

Sto andando a consuntivo con Internet, il futuro e le altre cose che ci eccitano tanto, una parola alla volta

Alberto Motta
2 min readOct 13, 2016
Henry Rollins vestito da coworker (foto di Heidi May).

Inaugura il 17 ottobre la European Freelancers Week. La prendo come occasione per iniziare una riflessione breve, non pacata, a puntate, in prima persona, su tutto quello che secondo me è innovazione, frontiera, futuro.

Dopo oltre 10 anni di collaborazione con Internet, mi sembra doveroso fare i conti con il miracoloso worldwide web e le sue diramazioni.

Lo farò una parola alla volta.

Inizio con una parola bestseller, diventata un instant classic, tanto che per molti oggi è semplicemente il cowo.

Il Coworking, dunque, sarebbe un ambiente fluido di mindfulness sharing. In esso il lavoro è imprescindibilmente connessione, e in virtù di ciò, sinonimo di successo.

Ma anche.

Il Coworking disinnesca il potere (sociale) di cui è investito un lavoratore quando è calato in un ambiente fisico professionale, specializzato. Il coworking è peggio dell’infamante catena di montaggio. Perché oltre a gettare il lavoratore in un contenitore sintetico (suo emblema è infatti il tupperware posato sulla scrivania al termine della pausa pranzo), obbliga il lavoratore a pagare, per starci in quel contenitore. Affinché espii col denaro il privilegio di ricevere dei bonifici saltuari. Finalmente annichilito. Quindi pronto a rispondere acriticamente sì alla prossima mail. Pronto a tutto. Prono a tutto.

Ti è piaciuto questo post? Allora assumimi. Se vuoi pensarci ancora un attimo, puoi leggere quest’altra cosa: Quelli che usano Internet a schermo intero e gli altri, spiegato.

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Alberto Motta

Communication for VC dpixel / Founder of Rivista Letteraria and DEINCEPS