Innovazione, fare i conti con (01) — Trappola coworking
Sto andando a consuntivo con Internet, il futuro e le altre cose che ci eccitano tanto, una parola alla volta
Inaugura il 17 ottobre la European Freelancers Week. La prendo come occasione per iniziare una riflessione breve, non pacata, a puntate, in prima persona, su tutto quello che secondo me è innovazione, frontiera, futuro.
Dopo oltre 10 anni di collaborazione con Internet, mi sembra doveroso fare i conti con il miracoloso worldwide web e le sue diramazioni.
Lo farò una parola alla volta.
Inizio con una parola bestseller, diventata un instant classic, tanto che per molti oggi è semplicemente il cowo.
Il Coworking, dunque, sarebbe un ambiente fluido di mindfulness sharing. In esso il lavoro è imprescindibilmente connessione, e in virtù di ciò, sinonimo di successo.
Ma anche.
Il Coworking disinnesca il potere (sociale) di cui è investito un lavoratore quando è calato in un ambiente fisico professionale, specializzato. Il coworking è peggio dell’infamante catena di montaggio. Perché oltre a gettare il lavoratore in un contenitore sintetico (suo emblema è infatti il tupperware posato sulla scrivania al termine della pausa pranzo), obbliga il lavoratore a pagare, per starci in quel contenitore. Affinché espii col denaro il privilegio di ricevere dei bonifici saltuari. Finalmente annichilito. Quindi pronto a rispondere acriticamente sì alla prossima mail. Pronto a tutto. Prono a tutto.
Ti è piaciuto questo post? Allora assumimi. Se vuoi pensarci ancora un attimo, puoi leggere quest’altra cosa: Quelli che usano Internet a schermo intero e gli altri, spiegato.
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