In Italia c’è bisogno di giustizia

Andrea Telatin
5 min readFeb 7, 2018

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Riflessione pre-elettorale su una tematica prioritaria, stimolata in larga parte dai brillanti interventi di Piercamillo Davigo e dal suo libro.

In Italia è diffusa percezione che il sistema giudiziario sia quanto meno inefficiente, addirittura ingiusto ed iniquo. Da quarant’anni la soluzione proposta da chi ci governa è l’aumento dell’offerta (assunzione di giudici o cancellieri), ma dato che la percezione (ed i dati) sull’inefficienza del sistema non sono cambiati, forse la strada percorsa sin’ora non è quella giusta.
Piercamillo Davigo ritiene che non sia così, citando — da scienziato lo apprezzo molto — i dati del CEPEJ, un organismo internazionale che misura l’efficienza della giustizia nei 48 paesi del Consiglio d’Europa¹. Un dato che emerge è che al raddoppio del personale è corrisposto un aumento del contenzioso, che è quanto meno triplicato.

L’Italia ha lo stesso numero di Magistrati della Francia, addirittura il doppio della Germania. Tuttavia il numero di cause civili per giudice in Italia è il doppio di quello francese, il quadruplo di quello tedesco. Il trend è identico nel procedimento penale: in Italia un giudice celebra 190 processi penali annui, contro gli 80 del collega francese ed i 42 di un magistrato tedesco.

Sembra che in Italia, per qualche motivo, ci sia un eccesso di ricorso alla giustizia.

La causa: in Italia conviene comportarsi male?

Un classico esempio citato da Davigo riguarda l’insolvenza. Cosa motiva un’impresa a pagare il suo creditore, escludendo i fornitori abituali che smetterebbero di fornire la merce? Se chi vanta un credito ricorre alla giustizia fino a qualche anno avrebbe visto condannare il debitore a pagare quanto dovuto con un tasso inferiore a quello di mercato, e solo da pochi anni il tasso è stato adeguato a quello di mercato. Con una durata media del processo da 5 a 7 anni, in Italia conviene non pagare subito i creditori. Il sistema giudiziario è in pratica è una forma di finanziamento che nessuna banca garantirebbe. Quando la Banca Mondiale nel suo rapporto sui paesi nei quali convenga investire mette l’Italia in coda alla classifica, è a causa della lentezza della giustizia, e restando in tema il tempo medio di recupero dei crediti da noi è 1.200 giorni, contro i 394 della Germania.

Bisogna rendere non conveniente non rispettare la legge, non solo con tassi di interesse punitivi, ma anche facendo pagare a chi perde la causa il vero costo della giustizia, che attualmente è simbolico².

La giustizia inoltre fatica ad essere credibile, per la facilità di accesso alla prescrizione e per la frequenza quasi regolare di amnistie ed indulti. Anche questa anomalia tutta Italiana stimola l’imputato a puntare sulla lunghezza del processo.

Riusciamo a ridurre la richiesta patologica di giustizia?

Perché quindi, dati alla mano, le nostre aule di tribunale sono intasate?

Una prima causa potrebbe essere l’eccesso di reati previsti dal Codice Penale. L’articolo 462 riguarda la “Falsificazione di biglietti di pubbliche imprese di trasporto”, quindi chi timbra due volte un biglietto della metropolitana da 1,5€ rischia non solo un’ammenda, ma un intero processo. Il fatto incredibile è che non si tratta di un rischio teorico: Davigo racconta l’aneddoto della denuncia fatta dall’azienda di trasporti, nei confronti di un imputato che spesso non si presenta neppure al processo, ed è generalmente un poveraccio cui viene dato un avvocato d’ufficio, che — per procurarsi del lavoro — ritiene utile ricorrere in appello!

Ma se i reati sono troppi, la cura non è la loro semplice eradicazione dal codice. La depenalizzazione dell’emissione degli assegni a vuoto, ad esempio, è stata accolta positivamente e ha portato un iniziale calo di ricorso alla giustizia, durato poco. La parte offesa denuncia: “mi è stato dato un assegno scoperto, ma dicendomi che non lo era”, quindi si procede per il reato di falso. Sembra non esserci via di fuga, e forse uno dei deterrenti allo snellimento dei procedimenti viene dalla categoria che trae giovamento dal sovraccarico del sistema: quella degli avvocati³ (sempre secondo CEPEJ, in Italia abbiamo 26,4 avvocati per giudice, contro i 7 della Francia e della Germania, i 3 del Regno Unito).

Negli Stati Uniti il 96% degli imputati sceglie il patteggiamento o altro rito, e solo il 4% affronta il processo. Da noi è il contrario, perché è più conveniente affrontare un processo che non arrivare a concluderlo nel minor tempo possibile.

In Italia i famosi tre gradi di giudizio sono automatici: è sempre possibile appellare una sentenza (altrove ci sono forti sbarramenti, nella Common Law il giudice esamina l’appello se lo ritiene), e la prescrizione non si ferma con l’avvio del processo, quindi è altamente probabile che intervenga la prescrizione prima della sentenza della cassazione.

Il confronto numerico con gli Stati Uniti è disarmante:

Il problema è che la Corte suprema degli Stati Uniti — che tra l’altro svolge, oltre che le funzioni di Corte suprema, anche le funzioni che in Italia sono proprie della Corte costituzionale — ha ricevuto solo 8.159 casi, tra civili e penali, a fronte dei 100.000 italiani.⁴ — dal resoconto stenografico della Commissione Giustizia

Non solo i tre gradi di giudizio sono automatici, ma in Italia vige il divieto di Reformatio in peius (la pena non può essere aumentata, ma solo confermata o diminuita), rendendo ulteriormente conveniente farne ricorso.

Da cittadino ho letto con interesse e gratitudine gli interventi del magistrato che, dati alla mano, indicano alcuni problemi che sento come reali e prioritari. Una giustizia azzoppata ed iniqua, che lascia a piede libero chi danneggia la collettività (corrotti e corruttori) necessita di una riforma prioritaria. Purché non sia — ancora una volta — scritta da chi invece da una giustizia intasata e incapace di perseguire i colletti bianchi, ha troppo da guadagnare.

Dato che si avvicinano le elezioni politiche 2018, mi sono anche divertito a confrontare le proposte programmatiche dei vari partiti in termini di riforma della Giustizia.

Note

¹ Il rapporto del CEPEJ è interessante ma di complessa lettura (i confronti sono complicati dalle differenze fra gli assetti, alcuni dati sono mancanti o incompleti ecc). Oltre al rapporto testuale viene fornito anche un sito interattivo che permette di esplorare le statistiche.

² Davigo ricorda di aver pagato 49 euro di spese processuali quando perse un ricorso in cassazione, cifra ridicola per qualsiasi prestazione d’opera, figuriamoci per un procedimento che richiede la presenza di tre giudici.

³ Ovviamente la maggior parte degli avvocati non ha diretto interesse in un sistema giudiziario lento (certo che se si eliminasse la “patologica richiesta” di giustizia, causa della lentezza, non ne sarebbero avvantaggiati). Il problema è che a scrivere leggi e riforme sono politici (e molti di loro sono avvocati) che hanno molto da guadagnare in una giustizia scarsamente in grado di eradicare la corruzione.

⁴ Intasare la nostra Corte Suprema di Cassazione non porta solo a grave inefficienza, ma svuota la corte stessa della sua funzione di controllo dall’alto di una piramide (che di fatto è un… quadrato).

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