Difese Italiane® parte 2
L’avventura del principe di Rosario nel campionato italiano di calcio, con indosso i colori “ovviamente” dell’Internazionale di Milano. Qui la prima parte.
Un esordio scintillante, la tripletta all’Udinese come un biglietto da visita cartonato per il pubblico italiano. A seguire i soliti rumors: la casa sarà probabilmente la solita villa che affaccia sul Lago di Como, come altri prima di lui; o forse rimane quella stanza d’albergo in centro, in attesa di capire quanto durerà questo amore che sembra dannoso ma già irresistibile. A Lionel non hanno mai parlato bene del calcio italiano anzi, gliel’hanno descritto come rude, poco emozionante, equilibrato solo sulla bocca dei tifosi chiaramente di parte. Per lui non fa molta differenza e una tripletta vale pur sempre una tripletta, ovunque. Tranne per i coefficienti della Scarpa d’Oro.
In settimana è arrivata anche l’inclusione nella top11 della prima giornata ma martedì i giocatori nerazzurri sono già tutti al Suning Training Center, agli ordini di Stefano Pioli che sembra già sulle spine. Anzi, perennemente sulle spine. Alla 2^ giornata l’Internazionale è in trasferta a Roma: tocca affrontare i giallorossi di Luciano Spalletti, partiti con un pari e vogliosi di riscatto.
Spalletti non rinuncia al suo potenziale offensivo e quindi Dzeko, Perotti, Salah e Nainggolan sono in campo tutti insieme, in una squadra apparentemente priva di accorgimenti difensivi specifici. Pioli recupera la coppia Murillo-Miranda in difesa e lascia in panchina Sainsbury, confermato il tridente coperto dall’inserimento di Kondogbia per Brozovic davanti alla difesa.
L’Inter parte bene e la Roma prova a giocare di rimbalzo, col pallone a terra: al 22' Banega timbra il cartellino direttamente da calcio piazzato, portando in vantaggio i nerazzuri, che al 44' trovano il raddoppio con Lionel Messi, autore di un lancio baciato da Dio e spedito sui piedi di Perisic ma l’assistente alza la bandierina ed è fuorigioco. Spalletti perde le staffe e inserisce Gerson e Paredes per Dzeko e Strootman, la Roma sbaglia anche il rigore del pari con Perotti al minuto 70 ma gli ospiti non hanno voglia di altre goleade e, con in testa solo i tre punti, l’Inter si chiude con un 3–4–3 bassissimo, Miranda-Murillo-Sainsbury coperti da quattro centrocampisti bassi. Juan Jesus, da buon ex col dente avvelenato, lascia i suoi in dieci nei minuti finali.È fatta.
Messi stecca il primo grande appuntamento contro una big del campionato italiano e non torna nemmeno a Milano con la squadra. Un aereo segue la tratta Fiumicino — Buenos Aires, l’Argentina ospita il Paraguay in un match delicato che vale un posto al Mondiale del 2018. Davanti a una nazione intera che cerca di coccolare il suo capitano (recentemente tornato sui suoi passi), Lionel Messi risolve una partita incagliata con un assist per Angèl Di Marìa, poi riparte ancora una volta per l’Italia e raggiunge la sua squadra impegnata a preparare l’impegno interno col Palermo, per la terza giornata di Serie A.
Pioli cambia due/terzi del tridente ma non riesce a riunciare al talento ex-Barça che va in campo dal primo minuto al fianco di Edèr, a sostegno di Gabriel Barbosa. È un tridente light, di piccole dimensioni, lontano dal fucile semi-automatico che prevedeva Icardi terminale unico. Al cospetto sembrano più tre UZI. Il Palermo però è squadra ordinata, che scende in campo con un 4–4–1–1: Ilija Nestorovski è abbandonato a se stesso in attacco, la preprogativa è non prenderle e così sarà per tutti i 90 minuti di gioco. Nel secondo tempo Pioli rinuncia anche al mediano per inserire un altro trequartista, Joao Mario, ma i rosanero incassano con Gazzi-Henrique a far da filtro e ripartono, se la giocano sui nervi e ingabbiano Messi che a fine partita sarà il peggiore dei suoi con zero tiri in porta e un fiatone incredibile. Il preparatore nerazzurro scambia due chiacchiere con l’argentino mentre si incamminano verso gli spogliatoi: il ragazzo parla di tre partite in 10 giorni, una fatica incredibile. Domani sarà doppia seduta di massaggi ma gli anni si fanno sentire, ormai va per i trenta e il suo corpo gli pone continue domande. Bisognerà dosarlo accuratamente per poterlo spremere fino in fondo. E chi glielo spiega al suo tecnico?
Quattro giorni dopo, Krasnodar — Inter di Europa League, Messi in campo per novanta minuti: un assist per Antonio Candreva e un gol a fine primo tempo per ammazzare la partita. Migliore in campo dei suoi.
E poi senza sosta, ancora una partenza, questa volta senza tornare a Milano e sbarcando direttamente a Genova. Stefano Pioli sembra sordo da entrambe le orecchie: Messi titolare dal primo minuto, schierato come punta centrale con Candreva e Perisic a supporto. Il Genoa non si scompone e risponde col tridente largo Simeone — Laxalt — Lazovic ma è Danilo Cataldi, al minuto 36, a portare in vantaggio i rossoblu. L’Inter ha bisogno di una scossa e il suo tecnico pesca il cambio a cui siamo già abituati, con dentro Brozovic che va a fare il trequartista. Cambia la partita.
Minuto 55: Lionel Messi riceve da Gary Medel spalle alla porta e marcato da due difensori, sposta il pallone sul sinistro e accellera per schiacciare lo spazio coperto dai due marcatori, prima di lanciare in profondità Marcelo Brozovic per l’1 a 1.
Minuto 65: i nerazzurri aumentano la pressione e Candreva infila la retroguardia genoana dalla destra, con un pallone velenoso che sorprende la difesa ma incoccia sul destro di Lionel Messi che porta in vantaggio i suoi.
Da lì in poi sarà difesa a oltranza, ancora a tre e cinturone di centrocampisti a sostegno. Il tecnico dei milanesi vuole far ammattire i suoi ragazzi fino all’ultimo e forse ci riuscirà ma alla fine arriveranno i tre punti, ancora una volta sulle spalle di Lionel Messi.
L’argentino è devastante: migliore in campo dei suoi, 90 tocchi di palla ma anche 11 palle perse, 4 dribbling incredibili realizzati all’altezza del cerchio di centrocampo, sinonimo della sua centralità in fase di impostazione. L’Inter non può fare a meno del suo apporto e lo dimostra settimana dopo settimana.
Inter — Bologna, quinta di campionato, ancora titolare contro una squadra che già punta tutto sul pareggio esterno, con un 3–4–2–1 ultradifensivo. A fine gara partiranno le ricerche coi segugi per ritrovare Mattia Destro, che s’era quasi convinto di voler ritornare a essere un giovanissimo dell’Inter. 2 a 0 secco, Pioli sperimenta e dopo 45 minuti con Messi punta centrale , concede spazio a Edèr dirottando l’argentino, distrutto dalla fatica, a fare il cursore di destra. Lui ci prova in tutti i modi a essere incisivo ancora una volta, dopo 7 partite in un mese e dieci giorni, tira 3 volte nello specchio della porta e corre finchè può, finchè Edèr non chiude la gara.
La vittoria sancisce la fine della quinta giornata di campionato, un orizzonte abbastanza onesto per effettuare le prime valutazioni.
L’Inter è in testa al campionato a 13 punti, con 3 lunghezze di vantaggio sulla Roma (sconfitta alla seconda giornata): Lionel Messi è capocannoniere del campionato con 4 gol in 5 partite, davanti a Dzeko e Higuain fermi a 3. L’Inter è anche la squadra che ha subito meno gol (uno contro il Genoa) e la squadra che produce e completa più passaggi (2305, l’83% di quelli realizzati).
Nel sesto impegno di campionato Messi parte dal primo minuto, alle spalle di Gabriel Barbosa: scelta azzardata in vista della difficilissima trasferta di Napoli, dove servirà fare risultato.
L’argentino sembra già logoro e nel riscaldamento passeggia per il campo con lo sguardo che insegue le linee laterali del San Paolo. Non ha il coraggio di guardare le curve, non se la sente di incrociare lo sguardo con quello dei tifosi che furono di Diego Armando Maradona, gli stessi che hanno forgiato il pesante fardello che la Pulce porta sulle spalle. Il confronto continuo con il calciatore più forte di tutti i tempi. Negli spogliatoi ha raccontato a Nagatomo che qualcuno a Barcellona era convinto di un suo trasferimento in terra partenopea, per seguire fino in fondo una strada già tracciata. Ma a lui non interessa l’epica o la scaramanzia: Lionel Messi si sente padrone di un destino tutto suo, di una storia che ancora non vede il capitolo finale.
Al 4' la difesa del Napoli si addormenta e Joao Mario disegna un filtrante col curvilinea per il compagno argentino, che spiazza Pepe Reina e insacca il suo quinto centro in campionato, a proposito di storie da scrivere. Ma un fuoriclasse come lui non è mai sazio: cinque minuti dopo si accende la macchina infernale di Rosario e un calcio di punizione splendido dalla trequarti avversaria pesca in area un solitario Davide Santon, che parte titolare quasi per casoe finisce col decidere la gara.
Poi Messi si spegne, com’è giusto che sia, lasciando alla retroguardia imbottita il compito di arginare il Napoli, che trova l’1 a 2 con Dries Mertens e poi si lascia ipnotizzare da Samir Handanovic nonostante le quattro punte in campo.
Un giocatore pesante come un macigno regala altri tre punti alla sua squadra, che diventano cinque di vantaggio sulla Roma fermata al Mapei Stadium dal Sassuolo. Le cifre continuano a crescere: 113 tocchi nella metà campo avversaria per Messi, 19 palle perse e 8 palle rubate. Tre giorni dopo ecco altri 90' nell’impegno interno contro la Dinamo Zagabria, deciso da una tripletta di Ivan Perisic. Ma la domanda è: quanto potrà reggere a questi ritmi?
Inter — Cagliari, Lionel Messi è titolare al centro del tridente. Gioca 60' poi sventola bandiera bianca e si accascia stremato sulle ginocchia. Qualche tifoso interista sfrontato dichiara che “Adesso vomita, significa che sta iniziando a giocare seriamente” : nel mezzo un assist per Perisic che vale la vittoria finale.
Torino — Inter, Messi è l’esterno destro del tridente con Gabriel Barbosa terminale più avanzato. Gioca 90 minuti senza pungere, i granata stanno vivendo un buon momento e asfaltano l’Inter per la prima volta in stagione. Finisce 3 a 0 per i padroni di casa (doppietta di Belotti, rete di Baselli) e la squadra di Stefano Pioli è già costretta a fare i conti con i giornalisti, col momento di flessione e le energie mentali già esaurite. Psicodramma.
Ever Banega, pilastro dello spogliatoio e centro nevralgico della manovra, è un uomo di poche parole ma grande impatto. Vuole guardare i compagni negli occhi uno ad uno prima della ripresa degli allenamenti. C’è da preparare il delicato impegno interno con la Fiorentina, bisogna tagliare il traguardo delle prime dieci partite guardando tutti dall’alto e non servono cali di concentrazione improvvisi. Bisogna tenere alto il ritmo.
In campo scende la formazione tipo e, complici anche i giorni di riposo che hanno preceduto l’impegno, l’Inter fa esplodere in mille pezzi la Fiorentina vincendo per 4 a 2 una partita bellissima.
Nerazzurri subito avanti col gol di Lionel Messi al 15': l’argentino segue la via tracciata da Ever Banega e buca Tatarusanu sul suo palo. Quattro minuti dopo è Nenad Tomovic a beffare il suo portiere, deviando in maniera decisiva una cannonata di Geoffrey Kondogbia. Prima dell’intervallo accorcia Babacar ma nel secondo tempo Brozovic allunga di nuovo e chiude la gara. La Fiorentina sbaglierà anche un rigore con Ilicic ma la partita è ormai in ghiacciaia e Pioli rilancia nel post-partita “Saremo in testa per tutti i checkpoint del campionato, ho piena fiducia nei miei ragazzi!”.
Sassuolo — Inter, decima giornata, vigilia di uno di questi checkpoint. Partita ferma sull’uno par: al 62' sono le reti di Joao Mario e Francesco Acerbi a decidere la gara, ma sembra di assistere a un incontro di scherma con i due atleti che passano più tempo a guardarsi negli occhi che a tentare l’affondo. È un incontro orfano di un protagonista principale, l’uomo più atteso che sta sonnecchiando sulla fascia destra in attesa del pallone giusto che sembra materializzarsi al 65': discesa sulla sinistra dopo aver raccolto palla sulla destra, giocata che stende terzino e centrocampista accorsi a marcarlo, movimento sul fondo e palla in mezzo, dove i difensori neroverdi sono presenti in massa, per l’accorrente Gabigol. Vittoria.
2 a 1, euforia generale. Pare che qualcuno stappi lo spumante nello spogliatoio per questa vittoria al cardiopalma.
Dopo dieci giornate l’Inter è saldamente in testa al campionato con sei punti di vantaggio proprio sulla Fiorentina tritata in casa ma sopratutto con una bella fetta di scontri diretti già giocati e vinti. Con Roma, Napoli e Fiorentina e Torino alle spalle rimangono solo Juventus, Lazio e Milan a rappresentare un impegno da cinque stelle. Le 18 reti in dieci partite della squadra nerazzurra rappresentano il miglior attacco del campionato e una polizza che serve a spaventare le pretendenti quasi quanto lo stesso Lionel Messi, che con 6 reti e 5 assist nelle prime dieci partite, è il simbolo di questa squadra.
Forse avevano ragione i suoi detrattori: lontano da Barcellona non è lo stesso ed effettivamente, considerando solo le partite di campionato, stiamo parlando di una partenza non proprio sprint dell’argentino, che in Spagna avrebbe già potuto avere la doppia cifra nella casella gol fatti. Ma è comuque una partenza devastante per un giocatore che respinge a suon di gol i discorsi sull’ambientarsi, sulla difficoltà di approcciarsi a un nuovo campionato, i dubbi sul suo talento. Dopo dieci giornate Lionel Mesi sta graffiando anche il campionato italiano. Chi lo avrebbe mai detto.