Di micro, macro, nano e altri animali

exedre
NaNoWriMo in zona di comfort
7 min readNov 25, 2015

1/ Di serie TV e progettazione del romanzo a partire dalle battute

Sono anni che, nel modo goliardico e spensierato — in gergo tecnico-giuridico potremmo dire «cazzone», ora che Gramellini ha sdoganato il termine nella letteratura alta — con Luca Missori abbiamo analizzato il format «serie televisiva» come forma attuale del «romanzo ottocentesco» (o per essere precisi il «feuilleton» altrimenti detto «romanzo d’appendice»), con tutta la finita variazione dei sotto-generi del format fiction (soap-opera, sit-com, …) a cavallo del dramma e della commedia.

Questo ci ha permesso di distinguere due livelli di «progettazione» della fiction:

  • un macro-livello (la «stagione» in termini di serie tv o ancora di più l’intero disegno complessivo della serie che si estende per molte stagioni, laddove esista — e talvolta esiste, per esempio in Battlestar Galactica),
  • ed un micro-livello narrativo che è quello del singolo episodio.

La suddivisione tra macro e micro non è sufficiente a catturare la struttura della narrazione.

Ma qui bisogna fare un passo indietro, o meglio fare una zumata dentro la «forma romanzo», ma ancor prima qualche precisazione.

Prima precisazione. Parlare di «romanzo» può oggi significare molte cose. Tante sperimentazioni sono state fatte e tanti schemi sono stati rotti da quando questa forma di comunicazione è stata introdotta (e già tracciare quando non è così semplice). Complessivamente il romanzo però è sempre stata e rimarrà sempre una forma di comunicazione tremendamente potente perché è ormai connaturata al modo con il quale l’uomo percepisce la realtà.

Esistono persone a cui la drammatizzazione del romanzo dà fastidio e che preferiscono affrontare la conoscenza di un dato particolare ambito (anche fantastico) solo ed esclusivamente attraverso un’esposizione oggettiva e piana, senza quei «trucchi emotivi» che di solito gli scrittori usano per rendere drammatica la loro esposizione. Ci sono persone che preferiscono quello che può essere definito «saggio» o visivamente «documentario», ma la stragrande maggioranza delle persone non sceglierebbe mai un saggio se ci fosse un romanzo a trattare lo stesso argomento, non guarderebbe un documentario se ha una bel film, pur con tutti i limiti che ciascuno percepisce nell’esposizione drammatica.

Romanzo batte Saggio 120 a 1

Senza voler essere in alcun modo persuasivo e senza voler neppure iniziare a cercare gli indizi oggettivi che sostengano l’affermazione che il romanzo goda di ottima salute (ad esempio andando a studiare l’esplosione del self-publishing ma anche delle offerte editoriali), tutto sommato basta che ciascuno faccia una propria apertura di credito o meno alla forma-romanzo. Io, ad esempio, l’ho fatta. Molto più di quella che faccio alla forma-racconto, ad esempio. Se vi interessa il romanzo qui si parla di romanzo, non altro.

Seconda precisazione. Proprio a causa dell’ampissima varietà di approcci alla forma-romanzo (che è una forma di macro-progettazione della struttura che nulla dice rispetto al contenuto: che può essere l’Ulisse di Joyce o l’ultimo paperback della Collezione Harmony) va fatta un’iniziale fondamentale galattica suddivisione tra romanzo «che vuole farsi leggere» (dirò «commerciale», anche se non è più detto che il commercio sia necessariamente una variabile dell’equazione) e «tutto il resto». Intendendo con «tutto il resto» qualsiasi cosa non sia stata prodotta direttamente per mettere a proprio agio il lettore nel comprendere la storia (letteratura sperimentale o che vuole uscire completamente dagli schemi e altri animali). Non ho nulla di dire contro questo «tutto il resto», ha diritto di cittadinanza nel campo letterario quanto (e forse anche di più) della narrativa commerciale, ma semplicemente nulla di quello che scrivo qui si applica. It’s so simple. Ora intendiamoci, molti di quelli che scrivono narrativa «che si vuole far leggere» finiscono per non riuscirci a vari gradi di intensità. Ho letto cose scritte con la migliore volontà di farsi leggere che risultavano totalmente incomprensibili (le mie ad esempio per non andar lontano) ma questo è un mero difetto di esecuzione. Qui può darsi che le mie note tornino utili, ma se l’autore ritiene che, per un qualsiasi motivo anche completamente razionale, il lettore debba abbandonare la propria zona di comfort nella lettura della sua opera, e abbandonarla in modo assoluto e abbandonarla tutta assieme in modo che possa imparare a godere di un’esperienza oltre (e immagino l’autore pensi superiore a) quella di una «normale storia» allora può evitare del tutto di fare affari con quello che scrivo. Peraltro è inutile che lo critichi anche se non si pone nelle precondizioni in cui queste note sono state scritte: forma-romanzo e romanzo-commerciale.

Terza precisazione. Questa non è scienza infusa. È un percorso che io ho trovato utile e produttivo e sono ben disposto a metterlo in discussione (anzi VOGLIO metterlo in discussione) per migliorarlo. Se mi coinvolgete in discussioni su questi temi vi posso solo essere grato. Il mio obiettivo però non è qualitativo (sebbene creda che la qualità alla fine ne avrà grande giovamento)

Fine precisazioni. Ora, zumata.

Voglio rispondere alla domanda: «Ma in definitiva com’è fatto un romanzo?»

È una domanda sfuggente perché ha molti livelli di interpretazione. Scegliamo il più semplice. Risponderò come se rispondessi alla domanda: «Ma in definitiva, com’è fatta una casa?». La risposta giusta è: di mattoni. (ammettiamo che la casa sia fatta di mattoni). È, ovviamente, un’approssimazione. Ma, ingegneristicamente, è un’approssimazione che ci sta tutta. Risposta: mattoni.

Ok, allora quali sono i mattoni del romanzo.

Le parole? Le frasi? I paragrafi?

Ad un certo livello di astrazione ciascuna di queste risposte è giusta: parole, frasi e paragrafi sono certamente i mattoni del romanzo. Per un linguista.

Ma al livello adatto per uno scrittore il mattone del romanzo è qualcosa di più che le sue frasi. Esistono autori che riescono a racchiudere in una singola frase un intero mondo narrativo (penso a Steinbeck per esempio), ma

lo sforzo creativo dello scrittore sta nella creazione di una unità narrativa superiore al paragrafo.

In molti libri si fa riferimento alla «scena» come unità creativa. Si sceglie la scena perché è uso comune nell’impaginazione dei libri identificare chiaramente il cambio-scena. A volte si lascia una linea vuota, a volte tre asterischi a centro pagina, a volte addirittura dei segni grafici svolazzanti.

Si crea così uno stacco temporale e/o geografico. È uno stacco minore che quindi non giustifica l’apertura di un capitolo a parte ma che fa capire al lettore che cʼè un sensibile cambio di scena.

In realtà la scena non è veramente l’unità creativa dello scrittore perché all’interno di una singola scena, quindi in una unità di tempo e di spazio possono accadere, in sequenza o contemporaneamente molti eventi.

In una scena non possono accadere troppe cose, in realtà, altrimenti si farebbe fatica a seguirle — se accadono troppe cose contemporaneamente probabilmente sarà necessario ricorrere ad una tecnica di sceneggiatura come quella adottata nel film I colori della passione.

Poiché la scrittura moderna è una ingegnerizzazione al contrario della narrativa, alla luce del linguaggio della ripresa cinematografica, ci accorgiamo che in realtà esiste un’unità narrativa che si situa in mezzo tra il paragrafo e la scena stessa.

È il «battito narrativo» ovvero l’«evento». Una scena è una successione di eventi, alcuni dei quali anche contemporanei.

Lo scrittore dipinge, con parole, frasi e paragrafi, all’interno del quadro di una scena, un certo numero di eventi.

Il termine «battito» con la sua immediata relazione con il battito cardiaco, rende molto bene l’idea. Immaginiamo un singolo battito cardiaco come qualcosa di unitario pur sapendo bene che è composto da numerose attività che coinvolgono nervi, muscoli, sangue, ecc.

Il battito narrativo racchiude una situazione, un evento drammatico, in cui avviene un’azione, oppure si prende una decisione, oppure si ottiene una rivelazione che sposta in avanti la trama narrativa o nella stessa direzione in cui la storia è avanzata fino a quel momento intensificando quanto già avvenuto oppure aprendo una strada completamente nuova.

In questa definizione c’è un po’ tutta quella che io chiamo nano-progettazione del romanzo, ovvero la progettazione degli elementi unitari che compongono la storia.

Ma prima di scendere in questo dettaglio riepiloghiamo la struttura che fino ad adesso ho proposto.

Il livello inferiore, l’unità creativa di base è quindi il battito.

Una sequenza di battiti crea una scena. Per ragioni strutturali una scena è costituita necessariamente da una sequenza di battiti, qualora gli eventi siano contemporanei l’autore, che non può usare la struttura, dovrà usare il linguaggio per rendere la contemporaneità degli eventi (Nel frattempo, contemporaneamente, allo stesso tempo).

Non serve altro all’autore per comporre un romanzo. È uso comune raccogliere le scene in «capitoli». È infrequente, ma non così raro, che si raccolgano i capitoli in «parti».

La segmentazione di scene in capitoli e di capitoli in parti, assolve ad una necessità dell’autore di rendere evidente l’uniformità di un gruppo definito di scene (ad esempio laddove un passaggio di scena indica un intervallo temporale, un passaggio di capitolo potrebbe indicare lo spostamento della località dell’azione, o viceversa), oppure semplicemente indicare al lettore di aver raggiunto un punto particolarmente rilevante, una pietra miliare del racconto.

Nonostante dal punto di vista narrativo sia evidente l’utilità della strutturazione in capitoli, questa strutturazione non appare particolarmente vantaggiosa dal punto di vista della produzione.

L’obbiettivo di produzione è la scena (o in subordine il battito) e la presenza di capitoli o parti non aggiunge molto al lavoro dello scrittore (se non come forma di auto-ricompensa).

Quindi eliminare i capitoli?

Non sto dicendo di eliminare i capitoli, ma di non considerarli nel piano di produzione che sarà basato piuttosto da raggruppamenti di scene che non necessariamente corrisponderanno ai capitoli (ma forse sì).

Quindi capitoli che stiamo facendo uscire dalla porta rientreranno dalla finestra nel prossimo post.

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