Letture per designer al tempo di

Gianni Sinni
4 min readMay 2, 2020

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(prima parte)

Nella rimodulazione dei propri tempi imposta dalla quarantena, uno spazio privilegiato spetta naturalmente alla lettura: la mia personale selezione.

Un buon servizio (1)

Responsabile per diversi anni del design di gov.uk, la piattaforma inglese per i servizi digitali alla cittadinanza, Lou Downe ha seguito tutto lo sviluppo recente del programma governativo che è diventato un caso esemplare per il design di pubblica utilità in epoca digitale. Con Good Services. How to design services that work (Bis Publisher, 2019) l’autrice condensa la sua esperienza nel design pubblico in una dichiarazione-manifesto composta dai “15 principi per il design di un buon servizio”. Quindici enunciazioni talmente semplici da sembrare addirittura banali ma che chiunque abbia avuto a che fare con il progetto dei servizi pubblici digitali ben sa quanto siano difficile da perseguire. E ricordate: “Good services are verbs. Bad services are nouns”. Una lettura indispensabile per chiunque si occupa di design dei servizi (pubblici o meno). Da segnalare, da un punto di vista sinestetico, anche il buon odore di stampa. [Qui il link su Amazon].

Un buon servizio (2)

Dove ci sarebbe un grande bisogno dell’apporto che può dare il metodo del design? Sicuramente il settore delle amministrazioni pubbliche rappresenta, con la progettazione dei servizi (come dicevamo per il libro precedente), un campo particolarmente promettente per il design dell’innovazione. Tuttavia per i designer e i funzionari pubblici non è facile trovare un linguaggio condiviso che permetta di comprendere i reciproci punti di vista e le rispettive metodologie di lavoro. Il volume di André Schaminée, Designing with—in public organizations (Bis Publisher, 2019) offre una serie di indicazioni, sulla base dell’esperienza maturata da numerose collaborazioni con amministrazioni pubbliche olandesi, per costruire un “ponte” tra designer e funzionari e mettere così le basi di una professione, quella del “designer pubblico”, ancora da tutta da definire. [Qui il link su Amazon].

Fare domande

La visione classica secondo la quale il design ha un compito essenzialmente di problem-solver mostra sempre più spesso, pensiamo alla sostenibilità, i suoi limiti. Ben più significativo di dare delle risposte è dunque il porsi delle domande, le domande giuste al momento opportuno. È per questo che è nata la filosofia. Luciano Floridi con Pensare l’infosfera (Raffaello Cortina Editore, 2020) sostiene il compito ambizioso, quanto gravoso, di invitare a un “riavvio” della filosofia stessa alla luce dell’avvenuta rivoluzione digitale. Si tratta della quarta rivoluzione, secondo il titolo di un famoso testo dello stesso autore, dopo quella kepleriana, quella darwiniana e quella freudiana che hanno a mano a mano spodestato l’uomo dalla sua posizione privilegiata al centro del mondo, per scoprirsi oggi come un’entità informazionale e interconnessa all’interno dell’infosfera. Nella nostra vita onlife siamo solo informazioni e mai come ora si può comprendere l’affermazione di Proust “la nostra personalità sociale è una creazione del pensiero degli altri”. [Qui il link su Amazon].

Progettare per la salute

Sarebbe stato impossibile pensare a un’uscita più tempestiva del libro di Bon Ku ed Ellen Lupton, Health design Thinking (Cooper Hewitt, 2020), che oggi certo non ha più necessità di giustificare perché sia fondamentale applicare la progettazione all’ambito del sistema sanitario nazionale. Il libro è diviso in due parti: la prima ricostruisce, a partire dalle pratiche del service design, del design thinking, del design del prodotto e dell’informazione, una metodologia applicabile agli ambiti sanitari, mentre la seconda parte presenta una dettagliata e interessante casistica di progetti realizzati. Possiamo essere sicuri che questo testo rappresenterà un punto di riferimento per tutti i designer nel prossimo futuro. [Qui il link su Amazon].

(A suivre)

Buona lettura.

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