2. Stinson

Una serie di situazioni più o meno inventate per raccontare le atmosfere dei filtri di Instagram. [ep.2/stinson]

Giorgio M Bologna
2 min readApr 25, 2017

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La pelle sottile ha solo sfiorato il lenzuolo di lino, le scarpe sono tramortite all’ingresso della stanza, il cuoio nero è macchiato di croste zuccherose, le suole hanno tutta l’aria di essere appiccicose e di aver ballato qualche boogie in più del solito. Il trench sta riempiendo l’aria di odore di fumo freddo, i calzini sono appena svenuti sullo schienale della sedia.

Perché la mattina sa essere spietata. Con un bastardo che gratta la porta perché non riesce più a trattenerla e con gli occhi cisposi del ragazzino del piano di sotto.

La luce scivola tra le scapole contando i nei e tutte le altre imperfezioni dell’anima. La luce sa far venire i brividi, la pelle d’oca. La luce convince le pupille a muoversi, anche attraverso le palpebre. Non c’è da dispiacersi se incendia le nuvole tirate dal vento, il cordolo di un marciapiede che esce dall’ombra come un serpente che si scalda il sangue, le lentiggini sulla parte sinistra del viso.

La playlist non è ancora finita: Aretha grida come una pazza. Le gocce di sudore sono la più bella costellazione che si possa immaginare se il cielo è il seno asimmetrico di Gloria.

Un libro sfibrato nel cuore è accasciato sul tavolo della cucina. Il vapore della doccia rovente comincia a filtrare sottile da sotto la porta del bagno.
Gli asciugamani inamidati si rilassano, diventano più pesanti. Le piastrelle brillano e hanno tutta l’intenzione di sembrare madreperla.
Il ronzio del frigorifero ha sempre lo stesso suono.

Le lampadine non servono, il pizzo color salvia torna a sembrare tessuto e non una ragnatela accartocciata.

Leggi i filtri precedenti
ep.1/reyes

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Giorgio M Bologna

Milano based creative director, blackworks scribbler and documentary enthusiast