Creare senso dove c’è rumore

Sul valore del tempo dedicato a farsi un’opinione.

Letizia Piangerelli
4 min readMar 7, 2021

Viviamo tempi di grande confusione. Ogni giorno, in ogni istante, siamo chiamati a prendere posizione su aspetti importanti per le nostre vite, a tutti i livelli. Dall’espressione di un voto alle più importanti scelte familiari e organizzative, dal disegno di percorsi individuali a quello di politiche che influenzano intere comunità, a quali fonti facciamo ricorso per informare le nostre decisioni?

Come osservava Mimmo Candito, commentando la trasformazione profonda nel modo in cui possiamo dire di conoscere ciò che accade:

“in rete c’è l’universo intero, ma anche la sua possibile falsificazione…poiché il vero e il falso si propongono con una identica valenza semantica, cioè possono essere consumati allo stesso modo senza che se ne possa sapere la natura reale.”

In un momento in cui i dati non sono mai stati così accessibili - e le notizie spesso confezionate più per vendere che per educare a pensare - Candito assegnava al giornalismo libero e indipendente il ruolo di filtro e mediazione, a garanzia di una delle risorse più preziose per creare consapevolezza e bene comune: l’informazione di qualità.

E’ seguendo questa traccia che anni fa, in un contesto di attivismo civico, ho conosciuto Angelo Romano e il progetto di Valigia Blu. Antropologo e giornalista, Angelo nel suo lavoro copre - con la sensibilità del fact-checking - temi che spaziano dai fenomeni migratori ai cambiamenti climatici, passando per l’abitare, l’agricoltura sostenibile, la salvaguardia del suolo e l’accesso al cibo di qualità.

A testimonianza del fatto che le questioni più urgenti sono anche le più complesse da sbrogliare, collegate in profondità da una trama che finisce per alimentarle tutte. Là dove le radici di fenomeni diversi ogni giorno comunicano e si riassestano, si costruiscono equilibri che noi - se guidati solo dalla velocità della nostra distrazione - rischiamo di banalizzare, contribuendo, con la nostra disinformazione, a quel rumore di fondo che collettivamente ci allontana dalla natura autentica della realtà.

Per Valigia Blu, al contrario, la velocità non è un valore e il giornalismo è prima di tutto una forma di attivismo, un servizio pubblico vitale per alimentare una conversazione aperta e consapevole, basata sulla contestualizzazione e l’approfondimento dei fatti. Nata nel 2010 sui social come gruppo di pressione per chiedere la rettifica al TG1 di una notizia falsa, oggi è uno dei blog collettivi di informazione indipendente più stimati e seguiti in rete, sostenuto da campagne di crowdfunding sempre più partecipate, a conferma del valore riconosciuto a chi sa contribuire all’ecosistema informativo “creando senso dove c’è rumore”.

Divulgare la complessità

Guidati dalla comune passione per entrambe le sue professioni, nella conversazione con Angelo abbiamo esplorato questi temi, spaziando dagli insegnamenti della ricerca sul campo, al buon giornalismo come abilitatore di conversazioni di qualità e mezzo di trasformazione sociale. Ecco come è andata:

0:00 — Quel giorno in cui ho realizzato che l’invisibile esiste.

2:45 — Chi è Valigia Blu — dalla spinta attivista, al blog collettivo d’informazione tra i più stimati e seguiti in rete.

8:00 — Come si crea senso dove c’è rumore: riflessioni sul rapporto col tempo, la cura, le fonti, l’ingaggio.

12:38 — Il backstage di un giornalista-antropologo: come nasce un’inchiesta e come fai a decidere che è arrivato il momento di pubblicare?

14.30 — Cosa vedi all’orizzonte: le sfide per un giornalismo a prova di futuro.

17:00 — A chi vorrebbe intraprendere il tuo mestiere, cosa suggeriresti?

A chi vuole fare il mio mestiere, suggerirei di esercitare sempre il dubbio e lo scetticismo, anche nei confronti di se stessi. E poi, una cosa che mi ripeto anch’io spesso: non possiamo fare a meno di stereotipi, nel senso di immagini metaforiche, che sono il mezzo attraverso il quale conosciamo il mondo e comunichiamo. Però bisogna sapere dove fermarsi, perché gli stereotipi sono storici, nel senso che cambiano nel tempo e dobbiamo riconoscerli prima di trasformarli in stampini, ovvero immagini uguali per sempre, cioè in pregiudizi.

E poi non smettere mai di ascoltare chi si ha di fronte e quando scrivi avere cura di quello che ti è stato detto. Diceva un mio collega che un antropologo ha una conoscenza in prestito, nel senso che gli è stata data dal tempo che le persone che ha intervistato gli hanno concesso. Ti hanno dato dei ricordi, dei modi di vedere la realtà, per cui non essere sciatti nel lavoro quando si raccontano le cose. C’è la tendenza a considerare i lettori dei bambini spesso, invece no, sono delle persone mature che più stimoli, più ti restituiscono.

Più info su Valigia Blu: https://www.valigiablu.it/

Questa storia fa parte della serie di conversazioni “Artigiani dell’Invisibile”. E’ possibile leggere l’origine del progetto con la prima intervista qui, la seconda qui e la quarta qui.

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Letizia Piangerelli

On a mission to keep sense of wonder alive. Making and Writing @makinglife.substack.com | Team member & Facilitator @CocoonPro