Salvini all’onda, cap 8. Immagine: Cabanel, Nascita di Venere (part.)

8. Sirene

Marco Geronimi Stoll
Salvini all’onda
Published in
4 min readNov 26, 2019

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Salvini all’onda è una narrazione fantapolitica creata da Marco Geronimi Stoll assieme ai lettori.
Ogni episodio si costruisce in interviste telematiche o in gruppi di cittadini.
Chi vuole può invitare l’autore a incontri pubblici di comunicazione sociale per ideare un nuovo capitolo, o inviargli suggerimenti.

La storia comincia qui dal capitolo 1, in cui si racconta di come Salvini precipitò in mare durante una missione segreta.

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Questa musica, qui in mezzo al mare non dovrebbe esserci.
Sono ancora lucido e questo lo capisco bene.

La mia mente funziona ancora e si sa, quando funziona la mente, funziona tutto. Anche se non so neanche se son sveglio o sogno, con questo sole che di giorno fa bollire il cervello. A proposito, da quanti giorni sono qui in mezzo?
O forse in mezzo al niente la mente può fare un ragionamento solo: che qualsiasi cosa penso, non serve a un cazzo. Se non hai il potere di cambiare le cose, l’intelligenza è inutile.
L’intelligenza, la grinta, la forza, la generosità, la lealtà… se galleggi solo qui in mezzo puoi essere Ghandi o il Cannibale di Milwaukee, non frega niente a nessuno. Voilà la democrazia della solitudine: chiunque tu sia, la tua vocina è comunque una scoreggia di formica nel fragore delle onde immense.
Se ci penso, era esattamente il mio progetto politico; ma l’onda avrei dovuto essere io.

Ma questa colonna sonora che sento appena… ?
È un canto… cerco di ascoltare ma sento solo nitidamente uno ad uno tutti i sintomi della sete: la testa che mi scoppia, le fauci infuocate, la nausea, il cuore che batte a mille. Nel dormiveglia dell’agonia non sentivo niente, avevo rinunciato perfino alla sofferenza, con questi suoni che m’hanno risvegliato sento di nuovo tutto. La vertigine di questo su e giù delle onde che mi ubriaca, però sono ancora lucido e questa musica non dovrebbe esserci.
La notte a levante comincia a schiarire, cazzo, arriva la luce, adesso esce il sole e mi cuocerà di nuovo la testa. Quella laggiù è l’ultima stella, la conosco, e so che è lo stesso pianeta del tramonto, Venere. Di nuovo la dea dell’amore, delle lenzuola, dell’appagamento. Quella che fa la differenza tra l’abbandonarsi e l’essere abbandonato: chissà perché al liceo, quando studiavo queste cose, non lo capivo. Anche la dea delle sorgenti d’acqua fresca. “Chiare, fresche e dolci acque, ove le belle membra pose colei che sola a me par donna” chi cazzo era? il Petrarca? Sto sognando? no, sono sveglio e ho tanta sete di acque dolci. Chi è che canta questa nenia, questa specie di ninnananna arabeggiante, o forse africana, voci femminili, in coro. È la sete, sto delirando.

buon Jorno” Mi volto: c’è una donna che nuota. Cazzo! c’è una donna! qui in mezzo al mare! che nuota e mi saluta! “buon Jorno, siniore, ha lei problema?” Non mi esce la voce. Lei mi guarda, mi gira intorno. È strana, ha i capelli biondissimi ma la pelle nel controluce sembra scura, satinata, gli occhi un po’ orientali, labbra carnose. Bella, troppo bella, troppa bellezza sembra inumana. Nuota velocemente, eppure con movimenti lentissimi, eleganti.
Mi gira intorno due o tre volte, galleggia in modo strano, sta fuori dall’acqua fino a tutta la pancia, ondeggiando, le tette nude che ballano. Dall’ombelico in giù si vedono delle squame. Si avvicina, mi guarda come un dottore, mi tocca la fronte, ha le mani tiepide, con le dita sottili e lunghe, ma forti. Mi guarda un occhio alzando la palpebra, intanto il seno addosso lo sento: che in questo stato io abbia un barlume di emozione erotica mi sembra la cosa più incredibile di tutte; mi arrotola la manica guarda e osserva un braccio, guarda una mano, “non buono”, dice carezzando con dolcezza l’avambraccio “tu troppo chiara pelle, tu no melanina per tanto sole”.

Chiudo gli occhi, non riesco a crederci. “tu molto disidratato, tu succhia mio seno, adesso io allatto a te”.
Stringo gli occhi chiusi e mi dico di no: se mi allatto a quel seno significa che accetto questo delirio, calma, dev’essere come quelle pozzanghere che si vedono nel deserto, che poi son solo miraggi.
Tu bevi, no paura, mio seno di dà quel beveraggio che vuoi, se tu vuoi spriz mio seno ti da spriz: prova!
Provo. È spriz con l’Aperol, è buonissimo, è fresco, è tanto, il seno è caldo, il seno è fresco. Ciuccio come un bambino e tutto torna a posto e il mondo è perfetto; e non mi fermo, continuo e sto da dio e poi cambio tetta ed è spriz col Campari .
Il cervello ancora ripete “cazzo, Matteo, mica crederai a questa stronzata, stai delirando!” Ma ne arrivano altre uguali a lei, una mi toglie i calzini mentre canta una nenia dolcissima e massaggia i piedi, i polpacci, i crampi si sciolgono, un’altra in controcanto sottovoce vicino alle mie orecchie intona misteriosi arabeggi in contralto mentre mi massaggia la schiena, la nuca, le spalle…

Tu non sei più solo, adesso tu dormi e recuperi forze, intanto che tu dormi noi apriamo i tuoi chackra e ti salirà la kundalini, adesso tu non pensare, tu vuota tuo cervello!” Infatti il cervello continua a farsi una sola domanda, come fanno queste mammelle ad essere così fresche e così tiepide nello stesso tempo?
Tu adesso dormi. Quando tu svegliato tu sarai uomo nuovo, uomo perfetto, uomo realizzato! presto tu torni sano e forte in tuo paese! Tu fino a oggi non seguivi tua vera vocazione di inconscio, ma adesso tu sarai capace di seguire tuo vero karma: potrai fare l’operatore olistico con partita iva, questo è tuo vero destino.

Così il cervello si arrende semplicemente all’evidenza che le sirene esistono. E che sono meravigliose. Faccio un rutto appagato come un bambino e mi lascio addormentare tra i seni.

La nenia aumenta di volume; negli ultimi bagliori della veglia sento solo uno strano odore, che stona con tutta quella delizia: come di nafta e di piscio.

CONTINUA QUI: episodio 9, la seconda lettera del macchinetta

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