La Terra e la Luna riprese dalla sonda MESSENGER della NASA il 6 maggio 2010. Credit: MESSENGER science team, NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington

Quanto siamo piccoli visti da lontano!

Un’immagine che induce a riflettere su quanto siamo piccoli di fronte all’immensità del cosmo e su quanto sia insensata l’illusione che il nostro pianeta e l’umanità abbiano un’importanza centrale nell’universo

4 min readSep 27, 2017

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Il 3 agosto 2004 la NASA lanciò la sonda MESSENGER (acronimo di Mercury Surface, Space Environment, Geochemistry, and Ranging), diretta verso il pianeta Mercurio. Dopo una lunga serie di assist gravitazionali forniti dalla Terra, da Venere e da Mercurio stesso, il 18 marzo 2011 MESSENGER entrò finalmente in orbita intorno al pianeta più interno del sistema solare. Fu il primo velivolo, e finora l’unico (in attesa della sonda europea BepiColombo), ad essere riuscito nella difficile impresa. Per quattro anni la sonda della NASA studiò diligentemente il suo obiettivo, producendo una straordinaria quantità di dati scientifici e di immagini. Il 30 aprile 2015, poi, come da programma, MESSENGER fu mandato a distruggersi contro la superficie di Mercurio, avendo ormai esaurito il propellente, necessario per contrastare le perturbazioni orbitali create dalla vicinanza del Sole.

Il 6 maggio 2010, l’anno prima dell’inserzione nell’orbita di Mercurio, MESSENGER stava esplorando il cielo alla ricerca di vulcanoidi, ipotetici asteroidi situati all’interno dell’orbita di Mercurio, dei quali però, almeno finora, non si è mai trovata traccia alcuna.

Durante questa ricerca, la Wide Angle Camera (WAC) della sonda, puntando nella zona di cielo al confine tra le costellazioni della Bilancia e dello Scorpione, catturò l’immagine riprodotta a inizio pagina. I due pallini che brillano di luce solare riflessa, in basso a sinistra, uno più grande e l’altro più piccolo, sono la Terra e la Luna, finite casualmente nell’inquadratura (l’osservazione del nostro pianeta e del suo satellite naturale non era programmata). In quel momento MESSENGER distava dalla Terra circa 183 milioni di km, il 22% in più della distanza media tra la Terra e il Sole.

Viste da così lontano, la Luna e la Terra sembrano vicinissime. In realtà è solo un effetto prospettico, dovuto alla posizione orbitale della Luna all’epoca dello scatto (la distanza media tra la Terra e il suo satellite è di circa 384.000 km, cioè più o meno 30 diametri terrestri).

In ogni caso, guardando il nostro pianeta e la Luna nell’immagine di MESSENGER, due punti isolati in un oceano di nero punteggiato di stelle lontanissime, è impossibile non riflettere su quanto siamo piccoli e insignificanti nella vastità impensabile dell’universo. Continenti, oceani, mondi animali e vegetali, storie e drammi umani: ogni forma di vita di cui abbiamo notizia è vissuta su quel punto luminoso perso nella sconvolgente immensità dello spazio.

A capi di stato, miliardari arroganti e soprattutto fanatici religiosi suggerirei di dare uno sguardo di tanto in tanto a questa immagine della Terra vista da lontano e ad altre simili: riflettere sulle nostre reali proporzioni potrebbe essere infatti un salutare bagno di umiltà. Potrebbero capire costoro, per esempio, quanto sia insensato farsi la guerra gli uni con gli altri, discriminare in base al colore della pelle, seminare odio, distruzione e morte, illudersi di essere unici o immortali, quando invece tutti noi, senza distinzione, volenti o nolenti, siamo imbarcati dalla nascita alla morte su una piccola, fragile “scialuppa di salvataggio”: un pianeta con condizioni favorevoli per la vita, una fortunata ma microscopica isola, annegata in una sterminata, fredda, buia, ostile estensione di spazio. Uno spazio che appare enorme anche quando osservato da un luogo che, in termini astronomici, è vicinissimo a noi: la sonda MESSENGER, all’epoca in cui immortalò il nostro pianeta e la Luna, si trovava a una distanza quasi 220.000 volte minore di quella a cui si trova Proxima Centauri, la stella in assoluto più vicina alla Terra.

Vista anche da poco lontano, la Terra, la nostra bellissima casa naturale, è solo un puntino avvolto nell’insondabile vastità dello spazio. E lo stesso vale per il Sole: una lucina che contribuisce alla soffusa luminosità generale del disco galattico, nascosta in un braccio periferico della Via Lattea, un gigante spaziale che si estende per 100.000 anni luce e contiene centinaia di miliardi di stelle come il Sole, oltre a un numero incalcolabile di pianeti e di lune. Una galassia, la Via Lattea, che, a sua volta, scompare letteralmente nell’immenso brulicare dello spazio cosmico, nel quale “galleggiano” almeno 2.000 miliardi di galassie simili alla nostra, contenenti ciascuna altrettante stelle e altrettanti pianeti, ma separate le une dalle altre da distanze incalcolabilmente grandi.

Basterebbe questo per far girare la testa, se non fosse che l’universo potrebbe essere ancora più grande di così: l’intero universo osservabile — una sfera di 92 miliardi di anni luce di diametro centrata sulla Terra— potrebbe essere, infatti, solo una piccola parte di una realtà enormemente più vasta. Non sapremo mai, purtroppo, cosa si cela oltre i limiti dell’universo osservabile, per via delle grandezza finita della velocità della luce e della costante espansione dell’universo.

Ma ciò che più di tutto mi stupisce, quando confronto la piccolezza della Terra con la sterminata e quasi incomprensibile immensità del cosmo, è che vi siano ancora tanti che ingenuamente credono che il nostro pianeta e l’umanità siano il centro e lo scopo dell’universo…

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Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.