Competenze e passione: quando l’e-inclusion è senza frontiere
Franco Visentin, coordinatore per l’Emilia-Romagna di Informatici Senza Frontiere, ci ha parlato dei progetti per la diffusione delle competenze digitali promossi dall’associazione, dell’importanza di fare rete con altre realtà, e di una scelta di vita che, giorno dopo giorno, lo gratifica sempre più
Nel suo profilo on line, Franco Visentin indossa un cappello così particolare che quando lo si incontra di persona per la prima volta si stenta a riconoscerlo. “È un cappello tradizionale del Mali — spiega — nel 2012 sono stato con altri due volontari, Raffaele e Toni, a Douenza, 200 km a sud di Timbuktu, per un corso di informatica di base rivolto ad alcuni insegnanti, preceduto dalla creazione di un’aula informatica e di un Internet point. Grazie alla collaborazione con un’associazione italo-maliana fu un vero successo, anche perché selezionammo uno dei corsisti e al termine gli donammo un anno di stipendio, chiedendogli di diffondere le conoscenze acquisite tra la comunità rurale formata da circa 700 studenti. È solo uno dei numerosi aneddoti da Informatico senza frontiere che Franco dispenserà in poco meno di un’ora, ma è particolare perché, parole sue, “quella volta ci improvvisammo anche Cinematografari senza frontiere: di sera nel villaggio proiettavamo film e cartoni in francese sul muro di una abitazione. A cominciare dai bambini coinvolgemmo l’intero paese, e fu davvero emozionante”.
Franco è entrato nel mondo del volontariato dopo 30 anni di onorato servizio presso una multinazionale informatica: “ho cominciato riparando i computer presso i clienti quando ancora non esisteva il fax. Poi, un passo alla volta, sono arrivato a un certo grado di responsabilità. Nel 2009 però, mi hanno proposto di trasferirmi in una nuova sede. Non ne ero convinto, e proprio allora ho realizzato che era giunto il momento di dedicarmi alla libera professione”. E in effetti Franco una partita Iva l’ha aperta, ma ben presto è diventata qualcosa di simbolico, o poco più. A fine 2009, imbeccato da un ex cliente di Milano, si è proposto come coordinatore per l’Emilia-Romagna di Informatici Senza Frontiere (ISF). Da lì, nel giro di poco, è diventato un volontario a tempo pieno. “Anche troppo, dice scherzando la mia compagna. Nel volontariato se hai voglia fai in fretta ad accumulare incarichi, e così molto velocemente sono entrato nel direttivo nazionale. Ma devo ammettere che, sarà perché nasco tecnico, tra il lavoro in un certo senso politico e l’impegno sul campo scelgo preferibilmente il secondo”.
E “sul campo” Franco è davvero molto presente. Rimanendo alla sola Emilia-Romagna, dove c’è una abbondanza davvero notevole di iniziative targate ISF, al momento è impegnato su tre fronti. Collabora a progetti per avvicinare i disabili alle tecnologie, ne segue altri finalizzati alla creazione di software open source per esigenze molto specifiche (uno degli ultimi è un gestionale che, anche grazie al contributo della Regione Emilia-Romagna, sarà presto donato ai farmacisti del popolo Saharawi), e progetta, per poi realizzare in prima persona, corsi di alfabetizzazione informatica. Anche in quest’ultimo caso, il lavoro è rivolto a soggetti particolari: detenuti, ospiti di comunità e case-famiglia, cittadini extracomunitari e altri soggetti che rischiano di finire ai margini. “Costa fatica — spiega –spesso hai di fronte persone con storie difficili, ma dà grande soddisfazione”.
Con alcune detenute del carcere Dozza di Bologna, per la maggioranza sudamericane, Franco ha ad esempio partecipato di recente, assieme ad altri volontari, a delle lezioni di videoscrittura terminate con l‘invio di una lettera a Papa Francesco. “È stato toccante vedere con quanta passione l’hanno scritta e anche se non ho notizie a riguardo, sono sicuro che il Papa abbia risposto o lo farà quanto prima”. Nel carcere minorile del Pratello, sempre a Bologna, Franco ha invece avuto a che fare fino a pochi giorni fa con interlocutori molto differenti: “ ragazzi che le conoscenze di base le hanno già e che se non stimoli immediatamente parlando di quello che gli interessa, tipo scaricare musica, film o videogame, fanno il vuoto intorno a te dopo cinque minuti”. Ma l’effetto deserto è stato ampiamente scongiurato, anzi, al termine del corso i ragazzi hanno chiesto di poterne frequentare altri. “Il nostro è in parte anche un lavoro da psicologi o addirittura antropologi — continua — le soluzioni standard non possono funzionare, e prima di formulare delle idee occorre sempre osservare attentamente chi hai di fronte. D’altronde vale anche per i volontari: ne arrivano molti con tanta buona volontà e la classica voglia di fare. Prima di mandarli allo sbaraglio in Africa o chissà dove però, è bene metterli alla prova su situazioni di disagio locali. Serve a capire come reagiscono e valorizzare meglio il loro potenziale”.
Detto della capacità di ascolto, secondo Franco un altro fattore chiave per il successo delle iniziative di inclusione digitale consiste nella possibilità di collaborare con altre realtà. Presso un’aula informatica dell’istituto Spallanzani di Castelfranco Emilia ad esempio, nei mesi scorsi ISF e CittadinanzAttiva hanno organizzato due corsi di alfabetizzazione digitale che hanno registrato il “tutto esaurito”. “Hanno avuto grande seguito perché CittadinanzAttiva è una realtà molto radicata in questo territorio, così come lo è a Bologna”, aggiunge, ricordando la positiva esperienza di formazione ai giovani migranti asilo realizzata a inizio 2015. E molto hanno aiutato anche il contributo del Centro servizi di Pane e Internet, che ha fornito le dispense e gli attestati di partecipazione, e il forte sostegno dell’amministrazione locale. “Al termine dei due corsi abbiamo allestito un’altra aula informatica, partendo dall’imbiancatura dei locali, passando dalla posa dei cavi e terminando con la dotazione dei computer, e l’abbiamo donata all’Istituto — prosegue Franco — è stato un piccolo gesto simbolico per sancire l’avvio di una relazione con queste realtà, e non per caso a Castelfranco le nostre attività continuano. Presto partiranno nuovi corsi presso alcuni circoli anziani, e dopo un primo contributo dei nostri volontari per garantire il servizio di facilitazione digitale nella biblioteca comunale, abbiamo cominciato a sperimentare lo stesso servizio anche via e-mail”. È un po’ presto per parlare degli esiti, ma Franco pensa che strutturandolo a dovere, può avere ampi margini di crescita, a Castelfranco e non solo. Resta che tutti questi sono piccoli esempi di quanto sia fondamentale fare rete, ed è anche per questo che Franco e ISF guardano con interesse alla nascita dei primi Punti PEI in Emilia-Romagna. “Mettere assieme le specificità e le competenze di diverse realtà è in piena sintonia con la nostra filosofia. Siamo molto curiosi di vedere cosa potrà accadere nei territori e ovviamente disponibili a dare il nostro contributo”.
Rimanendo in tema di aspettative, viene spontaneo chiedere a Franco se quelle che aveva quando ha deciso di voltare pagina siano state soddisfatte. “Da fuori si potrebbe pensare a un cambiamento radicale, ma le cose sono sempre più sfumate. Dal mio passato in azienda eredito un background preziosissimo in una realtà tendenzialmente destrutturata come il volontariato. Detto ciò, se prima tutto era orientato al profitto, oggi fai le cose con lo stesso impegno, ma vieni ripagato con ben altra moneta. Parlo dei rapporti umani, spesso profondi, che stringi con i destinatari delle tue azioni, ma anche con i soci e i simpatizzanti”. E se non bastasse, come è scritto nel nome della sua associazione, grazie a questi progetti si viaggia tanto. “Certo non si dormirà in alberghi a quattro stelle, e talvolta di stella non ce n’è nemmeno una — conclude con un sorriso — però se uno ha la passione della scoperta, e tutto sommato si trova più a suo agio dove manca qualche comfort ma c’è abbondanza di umanità, fare l’Informatico senza frontiere ripaga quanto un cospicuo conto in banca”. E talvolta, viene da pensare ascoltando i suoi aneddoti, forse anche di più.
