«Rassegna»: (Storie di Architetture del Pensiero)
La rivista «Rassegna» fu un punto di riferimento significativo nella cultura del progetto. Con un’attenzione particolare alla grafica.
di Serena Brovelli
Questo articolo (here in English) è stato pubblicato su Progetto grafico, rivista internazionale di grafica edita dall’Aiap, Associazione Italiana design della comunicazione visiva. Il numero 30, “Tecnologie aperte”, è a cura di Massimo Banzi, Serena Cangiano e Davide Fornari. Sul sito dell’Aiap è possibile abbonarsi o acquistare il numero.
Negli anni Settanta si vissero momenti di apertura, di (ri)scrittura di alcune professioni e di autentico confronto. In quegli anni anche gli architetti provarono a rendersi protagonisti della scena culturale come artefici e pensatori. È in questo clima che «Rassegna» inizia le pubblicazioni (editore cipia, Bologna); tra il 1979 e il 1999 escono 77 numeri monografici diretti da Vittorio Gregotti e curati ciascuna da un diverso autorevole esponente della cultura coeva (tra cui Renate Eco, Gabriele Basilico, Giampiero Bosoni, Bruno Monguzzi).
Il progetto grafico è di Pierluigi Cerri e rimarrà pressoché invariato fino al termine delle pubblicazioni. L’impostazione è modernista, un’immagine colta, specializzata. Le copertine sono l’orchestrazione di pochissimi elementi: il titolo e un’immagine a pagina piena oppure riquadrata su uno sfondo monocromo. Il tema-titolo della monografia è in alto, tra parentesi, quasi a suggerire che ogni argomento non è importante in sé ma fa parte di un discorso più ampio che trova la sua ragione solo se considerato nel suo complesso.
È facile intuire che il sottotitolo della rivista «Problemi di architettura dell’ambiente» abbia un effetto riduttivo: il punto di vista che le monografie propongono è multidisciplinare e centripeto. L’architettura è la professione che sta al centro delle altre discipline che la completano e le danno statura culturale. Grafica, fotografia, disegno del prodotto industriale, urbanistica sono tutte sfaccettature di un unico approccio progettuale che, citando Ernesto Nathan Rogers, va «dal cucchiaio alla città», passando, sempre e comunque, dall’architettura. Questo perché proprio in quegli anni la provenienza formativa di tutti questi progettisti, specializzati poi nelle varie discipline, è la stessa: la Facoltà di Architettura. Questo non trascurabile punto di vista, che spiega e giustifica l’approccio dell’intera collezione, è rilevato dalle parole di Giovanni Anceschi che, in 6 / Il campo della grafica italiana (1981), afferma: «Del resto in Italia i grafici che non vengono dall’apprendistato di officina, […] sono perlopiù di formazione architettonica […]». E lo stesso si potrebbe dire dei progettisti del prodotto industriale, degli urbanisti… Enzo Mari, Gabriele Basilico, Franco Grignani, lo stesso Pierluigi Cerri, provengono dallo stesso ambito disciplinare: tutti figli di un’unica grande famiglia, dove ognuno poi ha approfondito la propria strada.
Nei temi che si avvicendano il “progetto” è un atteggiamento culturale, più che un mestiere, un pensiero più che un insieme di discipline. Tutti i campi progettuali sono scandagliati e offerti: dai più affini all’architettura, come il disegno dei giardini (8 /La natura dei giardini, 1981), gli allestimenti (10 /Allestimenti, 1982) o l’ornamento (41 /I sensi del decoro, 1990), ai più distanti come la moda (73 /Rivestimenti, 1998), il modellismo (32 /Maquette, 1987), il packaging (71 /Piccoli oggetti, 1997).
Lo sguardo al mondo del progetto offre inoltre aperture ampie e libere con l’uscita di numeri quali 44 /Transatlantici, 67/Dirigibili, 48 /Ponti abitati o l’onirico 15 /Turris Babel; si propongono concetti piuttosto che oggetti, campi di progetto che hanno a che fare più con la sfera del mitico che con la progettualità finalizzata alla produzione in senso stretto. È in particolar modo in questi numeri che compaiono bellissime pagine che offrono ampio spazio all’immaginario che accompagna i soggetti: le cartoline, la pubblicità, il contesto promozionale, le forme di rappresentazione storiche e artistiche.
La rappresentazione
La riflessione sulle modalità di rappresentazione è una tematica che frequentemente, e secondo diverse sfaccettature, viene proposta nei numeri. La questione è introdotta in 5 /Riviste, manuali di architettura, strumenti del sapere tecnico in Europa, 1910–1930 (1980) nel quale ci si interroga, in chiave storiografica, sul come l’architettura sia stata rappresentata e comunicata nella prima parte del xx secolo. Lo stesso tema prosegue, benché con approccio differente, in 12 /Architettura nelle riviste d’avanguardia (1982): lo sguardo abbraccia il periodo che comincia con le avanguardie storiche fino a comprendere una carrellata di tutte le riviste contemporanee che si occupano di architettura pubblicate in Europa (e comprendendo nel termine “avanguardia” tutti gli atteggiamenti culturali precursori del loro tempo).
Ci si allarga poi a comprendere tutte le discipline che permettono la comunicazione e la rappresentazione dell’architettura: la fotografia (20 /Fotografie di architettura, 1984, a cura di Gabriele Basilico); la comunicazione pubblicitaria, declinata secondo l’area geografica e raccontata nei numeri monografici 51 /Architettura nelle colonie italiane in Africa (1992) e 65 /Architettura e avanguardia in Polonia 1918–1939 (1996) dedicati alle architetture di specifiche zone; il disegno tecnico ingegneristico, messo in pagina nei numeri 46 /Brevetto e Disegno (1991) e 4 /Il disegno del mobile razionale in Italia 1928 /1948 (1980) in tutti i dettagli finalizzati alla produzione; la cartografia, proposta in 9 /Rappresentazioni (1982) con intento perlopiù storiografico.
L’attenzione alla grafica
La prima incursione nel mondo della grafica si ha con 6 /Il campo della grafica italiana, curato da Pierluigi Cerri e con testi di Giovanni Anceschi e Omar Calabrese.
Anceschi, nel testo introduttivo, chiarifica il rapporto, peculiare di quegli anni, che lega grafica e architettura e anche, in larga parte, il senso stesso di «Rassegna»: come per l’architettura (definita «committenza esemplare»), anche per la grafica gli anni Settanta coincidono con il superamento di finalità unicamente formali a favore della realizzazione di intenti culturali.
Il numero è densissimo: un lungo testo introduttivo spiega (e dispiega) tutti i campi di azione della grafica, segue poi un’ampia carrellata di notevoli casi studio. Lo scopo è presentare la grafica italiana come una disciplina matura, autorevole e onnipresente e i suoi maggiori esponenti come autori in grado di lasciare un segno convincente in tutti i campi di attività.
L’interesse per grafica e comunicazione rimane un fil rouge che ricorre tra i temi monografici trattati. È il caso di 30 /Piet Zwart: L’opera tipografica 1923–1933 (1987), dedicato interamente al lavoro del grafico olandese (unica monografia dedicata a un non-architetto nell’intera collezione), ma anche di 66 /Londra Sotterranea (1996) dove ampio spazio è dato alla comunicazione, alla mappa di Henry Beck e al carattere tipografico di Edward Johnston.
In 43 /Reklame & Architektur (1990) si riflette sull’uso della comunicazione pubblicitaria per promuovere l’architettura e ciò che essa rappresenta, mentre il fortunato connubio che lega grafica e architetture temporanee è analizzato in 10 /Allestimenti (1982).
Notizie dalle aziende
L’aura sperimentale che avvolge «Rassegna» contagia anche le aziende sponsor che, nella sezione «Notizie dalle aziende», superano l’utilizzo meramente pubblicitario delle pagine per inaugurare una tipologia di comunicazione promozionale a concretizzazione di quanto teorizzato nelle parti monografiche. È in quest’ottica che Molteni & C., dal numero 7, vara una sorta di rubrica nella quale l’azienda presenta non più i propri prodotti ma il marchio e l’immagine coordinata, spiegando le motivazioni che ne hanno accompagnato la progettazione e lo stand allestito per il Salone del Mobile (Un’azienda e la sua immagine).
Seguono poi le sperimentazioni, sullo stesso filone, di iGuzzini che propone una serie di diagrammi a rappresentare la propria competenza tecnologica, e di Ariston che, pubblicando i disegni di Makio Hasuike, pone l’accento sull’analogia tra qualità della rappresentazione e qualità del prodotto finito.
Nel 1999, quando Vittorio Gregotti e alcuni membri della redazione lasciano l’incarico, «Rassegna» cambia il tono delle pubblicazioni e si standardizza, per i temi scelti, alle altre contemporanee riviste di settore. Terminato lo slancio sperimentale e culturale, «Rassegna» non riesce a trovare una nuova collocazione e termina le pubblicazioni.
Un ulteriore ultimo tentativo di riportare alla ribalta la testata è fatto nel 2005 (Editrice Compositori, con la direzione di François Burkhardt): con un nuovo progetto grafico (studio FM milano) e una nuova redazione, ma senza la possibilità di ripetere la stagione sperimentale, visionaria e significativamente culturale.