Prisca e Valeria, imperatrici sfortunate

Dal trono al patibolo

Storie di Storia
4 min readSep 23, 2023
Spalato, Croazia: i resti del Palazzo di Diocleziano

Al giorno d’oggi, e nonostante i rimpianti di qualche moralista, sono sempre di più le donne che vedono riconosciuto il loro valore nella società, slegato dalla possibilità o volontà di avere figli.

È una conquista recente, ancora in corso e da tutelare a ogni costo per non tornare a tempi oscuri che hanno mietuto molte vittime - vittime come Prisca e Valeria, due sfortunate imperatrici romane.

La loro vicenda pubblica ebbe inizio nel 285 d.C., quando Diocleziano, rispettivamente marito della prima e padre della seconda, sconfisse il legittimo imperatore Carino e divenne padrone di Roma: come immaginabile, Prisca ricevette vari privilegi riservati alle mogli degli Augusti.

La situazione di Diocleziano però non era delle più rosee - al contrario di vari predecessori, non aveva un figlio maschio con cui condividere il gravoso governo dell’Impero, perciò dovette improvvisare: presto associò al trono un fidato collaboratore e commilitone, Massimiano, e in seguito i due si scelsero ciascuno un vice e successore designato - era nata la Tetrarchia, cioè la divisione del governo fra quattro sovrani, un sistema che nelle intenzioni di Diocleziano doveva assicurare stabilità allo Stato e prevenire guerre di successione.

Per meglio cementare l’intesa tra i quattro monarchi, si combinarono vari matrimoni, e intorno al 293 d.C. Diocleziano diede in moglie la figlia Valeria al proprio vice ed erede, Galerio.

Non sappiamo molto di questo matrimonio, ma a quanto sembra Galerio trattò Valeria con rispetto: la coppia non ebbe figli, ma la giovane donna adottò come proprio il bimbo che il marito aveva avuto più o meno nello stesso periodo da una concubina, Candidiano (la figlia di Galerio da un primo matrimonio, Valeria Massimilla, sposò invece il figlio di Massimiano, Massenzio).

Prisca e Valeria conducevano una vita relativamente tranquilla, circondate da un numeroso personale di Palazzo che le mise in contatto con una religione sempre più popolare, il Cristianesimo.

Non sappiamo quanto fosse forte l’interesse delle due imperatrici per la nuova fede, ma quando Diocleziano e Galerio diedero inizio a una nuova, violenta persecuzione contro i Cristiani, le due donne dovettero offrire sacrifici agli dei per dimostrare la propria fedeltà alla tradizione e allo Stato; un episodio che in ogni caso non sembrò mettere a rischio la loro posizione.

Il pericolo arrivava da altrove: nel 305 d.C., forse fiaccato da una malattia, Diocleziano abdicò e costrinse Massimiano a fare altrettanto, mentre Prisca e Valeria rimasero alla Corte di Galerio.

Quasi subito il sistema tetrarchico entrò in crisi, con la morte prematura di Costanzo Cloro (genero e successore di Massimiano) nel 306 d.C. e le pretese al trono del figlio di costui, Costantino, così come quelle di Massenzio, figlio di Massimiano e genero di Galerio; la guerra civile era dietro l’angolo.

Dopo aver fermato in ultimo le sue politiche anti-cristiane, Galerio si spense nel 311 d.C., lasciando Prisca, Valeria e Candidiano sotto la tutela del nipote ed erede Massimino, sovrano in Oriente - una pessima scelta.

Allettato dalle ricchezze di Valeria, infatti, Massimino ripudiò la propria moglie e chiese la mano della neo-vedova, che però indignata gliela negò: fu l’inizio di una persecuzione durissima per lei e Prisca, tra confisca dei beni, confino in località remote ed esecuzioni sommarie di alcune amiche; e a nulla valevano le suppliche del pensionato Diocleziano, che ormai morente dal suo ritiro di Salona (l’attuale Spalato) implorava il brutale Massimino affinché permettesse alle sue donne di raggiungerlo.

Nel 313 d.C. il tiranno fu infine sconfitto per mano di Licinio, un antico collaboratore di Galerio ora padrone dei Balcani, ma la cosa non fu di aiuto alle sfortunate imperatrici: il vincitore infatti si diede subito da fare per eliminare ogni potenziale rivale, inclusi i bambini di Massimino, la moglie ripudiata di costui, e persino il giovane Candidiano, ormai sui vent’anni.

Inseguite a loro volta da un mandato di cattura, Prisca e Valeria vissero da latitanti per quindici mesi, finché non furono scoperte a Tessalonica: arrestate, furono decapitate come criminali comuni, e le loro spoglie gettate in mare.

Una fine crudele e indecorosa per coloro che erano state tra le donne più potenti della Terra, e che con un accanto un figlio/fratello maschio avrebbero forse avuto più speranze di cavarsela, in un mondo dominato dagli uomini e dalle loro ambizioni - un mondo che lentamente sta cambiando, e dove a nessuno dovrebbe essere permesso di riportare indietro le lancette dell’orologio.

Per approfondire:

  • Lattanzio, De mortibus persecutorum (in latino e in italiano)
  • Edward Gibbon, Storia della decadenza e caduta dell’Impero romano, capitoli XIV e XVI (traduzione in italiano)

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