US-OCC: le banche nella detenzione di criptovalute per i clienti

Giulia Arangüena
Blockfin News
Published in
7 min readMar 18, 2021

Come già illustrato in un precedente post, l’Office of the Comptroller of the Currency (OCC) degli Stati Uniti ha emesso una serie di dichiarazioni interpretative che consentono alle banche nazionali di prestare servizi di utilizzo di crypto-asset alla clientela. Gli statement in questione sono:

  • Lettera interpretativa n. 1170 (luglio 2020), che ha dato il via libera alle banche di detenere criptovalute per i loro clienti, affermando che i servizi di custodia bancaria possono estendersi alle chiavi crittografiche.
  • Lettera interpretativa n. 1172 (ottobre 2020), che autorizza le banche, in particolare, a detenere anche riserve di stablecoin e a fornire direttamente i correlati servizi di pagamento.
  • Lettera interpretativa 1174 (gennaio 2021), che ammette la possibilità per le banche nazionali e associazioni di risparmio federali di acquistare, vendere ed emettere stablecoin e partecipare a reti di verifica dei nodi indipendenti per svolgere attività di pagamento e altre funzioni consentite dalla banca.

Tra tutti, spicca l’impianto logico e giuridico della 1170 che ha consentito all’OCC di ammettere le banche ai servizi di custodia e di portafogli dedicati alle valute virtuali; e vale la pena ripercorrerne alcuni elementi fondamentali.

Crescita della domanda di sicurezza

In primo luogo, l’OCC prende atto della crescente domanda di sicurezza per la gestione delle chiavi crittografiche uniche, associate alle criptovalute. L’esigenza di maggiore sicurezza nella cutodia, infatti, costituisce il driver di ingresso degli operatori bancari tradizionali in questo segmento del mercato delle valute virtuali [1]. E ciò perché:

(i) Le chiavi sottostanti a un’unità di criptovaluta sono essenzialmente insostituibili in caso di perdita, i proprietari possono perdere l’accesso alle loro criptovalute con conseguenti significative perdite di valore [2].

(ii) Le banche, relativamente a tale importante problematica, offrono una maggiore sicurezza di deposito rispetto alle opzioni esistenti attualmente sul mercato.

(iii) Ci sono già attori istituzionali, come le imprese di investimento, coinvolti nella gestione delle criptovalute per conto dei clienti, e questi utlimi potrebbero voler utilizzare preferibilmente le banche come custodi per i beni gestiti, rispetto ad altre soluzioni.

Custodia di criptovalute e necessità del mantenimento del ruolo delle banche

In secodo luogo, l’OCC esamina con attenzione tanto la particolarità della custodia delle criptovalute, quanto la funzione economica delle banche.

Bisogna tener presente che le criptovalute sono generalmente tenute in “portafogli” o wallet, che sono programmi informatici che memorizzano le chiavi crittografiche associate a una particolare unità di valuta digitale. Poiché le valute digitali esistono solo sulla Blockchain o sul libro mastro distribuito su cui sono memorizzate, non c’è possesso fisico dello strumento. Mentre, il diritto a una particolare unità di valuta digitale è trasferito attraverso l’uso di chiavi crittografiche uniche. Di talché, una banca che “detiene” valute digitali per conto di un cliente sta effettivamente prendendo possesso delle chiavi crittografiche di accesso a quell’unità di criptovaluta [3].

In tale contesto, poiché i mercati finanziari stanno diventando sempre più tecnologici, secondo l’OCC, c’è necessità per le banche di sfruttare le nuove tecnologie individuando modalità innovative per fornire servizi tradizionali. Infatti, solo attraverso la possibilità della fornitura di tali servizi innovativi, le banche potranno continuare a svolgere l’importante funzione di intermediazione finanziaria che storicamente hanno nei servizi di pagamento, prestito e deposito, oltre che di facilitazione del flusso di fondi all’interno della nostra economia e gestione del rischio finanziario [4].

Crypto-custodia come forma moderna delle attività bancarie di deposito tradizionali

Interessante è altresì il parallelo tra le funzioni tradizionali da sempre avute dalle banche — cioè la detenzione di oggetti, liquidità e preziosi per conto della clienela — ,e quelle di deposito per un’ampia varietà di beni dei clienti , inclusi sia oggetti fisici che beni elettronici. Queste funzioni, secondo l’OCC sono ampiamente riconosciute come attività ammissibili. Tant’è che fornire servizi di custodia delle criptovalute, compresa la detenzione delle chiavi crittografiche uniche associate alle criptovalute, precisa l’OCC, può definirsi come una forma moderna di queste attività bancarie tradizionali.

I servizi di custodia sono tra i servizi basilari forniti dalle banche. Anzi, come osservato sulla base dell’analisi di precedenti giudiziari fatta dall’OCC, il processo tipico adottato per salvaguardare gli oggetti di valore deve essere considerato una funzione bancaria; così come la custodia di beni personali di valore è una funzione tradizionale che le banche hanno svolto fin dai tempi più antichi. Ben potendosi affermare che, originariamente, l’attività bancaria consisteva solo nel ricevere depositi per la custodia n.d.r. poi rappresentati dalle c.d. note di banco sulla cui base è stata creata la moneta-segno, o banconota, peraltro).

Tra i depositi, i clienti delle banche hanno sempre utilizzato depositi speciali e cassette di sicurezza per la conservazione e la custodia di una varietà di oggetti fisici, come documenti di valore, monete rare e
gioielli. E quando il settore bancario è entrato nell’era digitale, l’OCC ha riconosciuto l’ammissibilità delle attività di custodia elettronica (i.e. Custody Handbook dei titoli che si trasferiscono elettronicamente).

Al riguardo, l’OCC ha ricordato una propria risalente decisione (del 1998), secondo cui una banca può detenere le chiavi di crittografia utilizzate in relazione ai certificati digitali [5], trovando che il servizio di deposito delle chiavi è un equivalente funzionale alla custodia fisica, tranne per il fatto che utilizza tecnologia elettronica adatta alla natura digitale dell’oggetto da custodire.

Su tali basi, poiché l’OCC non ha mai proibito alle banche di fornire
servizi di custodia per qualsiasi tipo di attività, a condizione che la banca abbia la capacità di detenere l’attività e che le attività non siano illegali nella giurisdizione in cui vengono detenute, anche la fornitura di servizi di custodia per le criptovalute rientra tra le possibili forme di custodia; cioè è una forma ammissibile di un’attività bancaria tradizionale che le banche nazionali USA sono autorizzate a svolgere per via elettronica sia nella forma fiduciaria che non fiduciaria.

Custodia fiduciaria e non fiduciaria dei crypto-asset

Sul punto, il ragionamento dell’OCC appare ancor più interessante e condivisibile. Secondo l’OCC, sulla base della considerazione tecnica che il controllo delle chiavi crittografiche private equivale al possesso dei cripto-asset, le banche, a seconda delle loro competenze, propensione al rischio (risk- appetite) e modelli di business, possono fornire entrambe le tipologie di servizi con una custodia in forma fiduciaria o non fiduciaria.

Una banca che fornisce la custodia delle criptovalute in forma non fiduciaria essenzialmente non provvede anche alla custodia della chiave crittografica che permette il controllo e il trasferimento della criptovaluta del cliente (che rimane in self-custody dele risorse crittografiche di accesso alle cryptocurrencies). Nella maggior parte delle circostanze, fornire la custodia di criptovaluta non comporta alcun possesso fisico della criptovaluta.

Tuttavia, riconosce l’OCC, vi possono essere situazioni (quelle dei c.d. custodian wallet) in cui una banca “detiene” valute digitali per conto di un cliente, poiché controllando le chiavi crittografiche private sta effettivamente prendendo possesso degli strumenti di accesso crittografico a quell’unità di criptovaluta [6]. E, in questo caso, secondo l’OCC , una banca che detenesse criptovalute con capacità fiduciaria sarebbe da equiparare a qualsiasi altro soggetto fiduciario come un esecutore testamentario, un amministratore di un patrimonio, o come un consulente per gli investimenti, un escrow agent, ecc.

[1] Per far fronte alla crescente esigenza di sicurezza nei depositi di criptovaluta, in alcuni Stati USA hanno cominciato a proporre e ad approvare legislazioni e regolamenti che permettono alle banche autorizzate dagli Stati di scegliere di fornire servizi di custodia per i beni digitali (i.e. Wyoming Statute 34–29–104 sui servizi di custodia dei beni digitali. Oppure si veda l’esempio degli Stati delle Hawaii che, a gennaio del 2020, sulla custodia delle cryptocurrencies, ha approvato lo State Bill n. 2594; oppure del Rhode Island dove, a marzo del 2020, è stata approvata la House Bill — HB7989)

[2] Cfr Melanie Kramer, Will Cryptocurrency Custody Services Fuel Institutional Demand?, 22 luglio 2018.

[3] Le chiavi crittografiche, inoltre, sono tenute in un wallet che
protegge le chiavi dai terzi; e tale conservazione può avvenire o attraverso portafogli detti “hot” o “cold”. I portafogli caldi sono collegati a Internet, il che li rende comodi da raggiungere, ma più suscettibili di essere violati. Mentre, i colf wallet sono sempre dispositivi fisici che possono rimanere completamente offline (i.e. carta o portafogli hardware che possono essere conservati in una cassaforte fisica, ecc.). Attualmente, il cold wallet è considerato il metodo più sicuro per conservare le chiavi crittografiche.

[4] Cfr Lettera interpretativa n. 1170, p. 5.

[5] Cfr OCC Conditional Approval 267 (Jan. 12, 1998).

[6] Secondo l’OCC le banche possono offrire diversi metodi per fornire servizi di custodia delle criptovalute, a seconda delle loro competenze,
propensione al rischio e modelli di business. Alcune banche possono offrire di conservare copie delle chiavi private dei loro clienti permettendo nel contempo al cliente di mantenere la propria copia. Tali servizi possono essere più simili alla custodia tradizionale e consentono al cliente di mantenere il controllo diretto sulle proprie criptovalute. Altre banche possono permettere
ai clienti di trasferire le loro criptovalute direttamente sotto il controllo della banca, generando così nuove chiavi private che sarebbero detenute dall’istituto per conto del cliente. Le banche possono anche offrire altri modelli di custodia che possono essere comunque più appropriati alle esigenze.

--

--

Giulia Arangüena
Blockfin News

Fintech&Blockchain Lawyer, Blockchain roundtable @SanMarinoInnova, Blockfin Partner @gim_legal, Founder @ADLPStudio, E-finance @UniPi, AML/KYC & Compliance Offi