Ideas Never Sleep. L’identità che evolve in un nuovo modo di progettare esperienze.

Domenico Manno
Alla Grande
Published in
4 min readFeb 4, 2020

Diciamolo, l’integrazione tra le discipline è la promessa che tutti gli addetti al settore stanno facendo ai propri clienti. Dopo anni di resistenza (e sonnolenza) siamo tutti alla rincorsa di un nuovo modello capace di rendere finalmente contemporaneo il nostro modo di lavorare.

Negli ultimi 10 anni si è parlato di “silos” più nell’industry creativa che in quella agroalimentare. Come se essere specializzato e fare per bene il proprio lavoro (nel proprio silo) fosse il male assoluto del nostro settore.

Si è detto tanto, ma oltre lo slogan e qualche timido esempio virtuoso non si è visto quasi nulla di concreto. E non certo perché il settore sia sprovvisto di competenza e talento, anzi.

Mettere insieme culture differenti è assai faticoso, quasi impossibile se non hai il coraggio di costruirne una nuova.

L’unione di diverse discipline è complicata, specie se si tende a farne prevalere sempre una.

E all’apparenza può risultare antieconomico, considerando il modello su cui ci basiamo tutti: a parità di prezzo, con meno persone, aumento il profitto.

Ci vuole coraggio, competenza e concretezza per mettere a sistema culture e metodologie diverse a servizio del marketing di oggi, che va oltre l’offerta di prodotti e servizi, convergendo verso esperienze che lasciano un segno nella vita delle persone.

Il modo in cui abbiamo voluto rendere tangibile quest’evoluzione passa attraverso due elementi: l’organizzazione della struttura e il metodo attraverso il quale questa lavora.

La timidezza di chi ha approcciato l’integrazione tra le discipline fino ad oggi sta proprio qui: c’è chi ha riorganizzato la struttura creando team multidisciplinari, demandando tutto alla bontà dei singoli di saper collaborare data dalla banale vicinanza fisica, e dall’altro lato c’è chi ha creduto che bastasse applicare il manuale del buon design thinking per combinare discipline grazie al solito workshop.

Noi abbiamo provato a farlo in un altro modo, invece.

Abbiamo organizzato una parte dell’azienda in Hexa Team costruendone l’hardware e abbiamo progettato un software dando loro un metodo, nato dalla combinazione delle nostre esperienze.

Un nuovo metodo per progettare esperienze d’impatto partendo da dove tutto converge: la vita delle persone, le loro esperienze.

È questo il punto dove converge la visione condivisa con il resto del management, è questo il punto cardinale per ogni disciplina: osservare i comportamenti delle persone mediante delle journey per farle diventare, attraverso il ruolo dei brand, experience journey.

Ogni Hexa Team è costituito da 6 figure professionali:

  • Account Manager
  • Copywriter
  • Art Director
  • Strategic Planner
  • Experience Designer
  • Creative Technologist

Tramite il nostro framework, ad ogni professionista che compone l’Hexa Team abbiamo dato 6 principi da seguire:

  1. Essere esperti nel proprio campo senza sentirsi in dovere di imparare anche il lavoro dell’altro. Bisogna diventare sempre più bravi nel proprio “silo” tanto da saper contagiare con la propria conoscenza anche gli altri.
  2. Avere un gruppo di 6 persone non significa dover lavorare contemporaneamente in 6. Si può invece far evolvere il classico concetto di coppia per combinare le discipline e mettere in discussione punti diversi (così come accade da 50 anni tra Art Director e Copywriter) per riunirsi poi in gruppi più allargati e contribuire alla realizzazione del disegno più ampio.
  3. Ci sono sempre dei momenti specifici, individuati in ogni singola fase di progettazione, in cui formare nuove coppie può dare forma all’integrazione tra discipline in maniera efficiente ed efficace (ad esempio, uno strategic planner e un experience designer per una consumer journey, un creativo e un creative technologist per la progettazione di un singolo touchpoint).
  4. Non esiste un solo modo di progettare si possono mettere in pratica tecniche di design thinking e tecniche di comunicazione più classica (ad esempio workshop di co-creazione piuttosto che un classico brainstorming di coppia creativa).
  5. Per ogni fase di progettazione c’è sempre un owner, un maker e un contributor definendo chiaramente quindi la leadership, la responsabilità operativa e la possibilità di contribuzione di una possibile ulteriore disciplina.
  6. Ogni experience progettata deve saper proporre soluzioni che si orientano verso obiettivi precisi, tangibili e possibilmente validati.

È stato un lavoro intenso (tanto da diventare un manuale interno di circa 55 pagine) che continua ad evolvere e che viene guidato in prima persona da chi lo ha progettato.

Lo abbiamo testato e i numeri ci dicono che la percentuale di gare vinte dall’introduzione di questo nuovo modello è cresciuta del 330%. Anche gli strumenti di verifica interni ci dicono che il team di Caffeina sta affrontando con entusiasmo questo cambiamento e questo ci rende ancor più motivati.

Abbiamo deciso di chiamare questo framework operativo Ideas Never Sleep, perché l’identità di un’organizzazione deve passare non solo da quello che si promette ma da quello che si fa.

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