Il gap digitale delle PMI

Situazione attuale e prospettive future

Luca Grassi
Catobi
4 min readFeb 10, 2021

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Ciò che è accaduto nel mondo e in Italia in questi ultimi 12 mesi ha creato una serie di nuove problematiche a cui non eravamo abituati: libertà di spostamento ridotta, distanziamento sociale, difficoltà ad effettuare acquisti e impossibilità di usufruire servizi come palestre ristoranti cinema e perfino l’istruzione.

L’impatto di queste sul nostro quotidiano è stato notevole e ha comportato profonde modifiche alle nostre abitudini: telelavoro o smart-working , serate con gli amici in videochiamata, spesa online, fitness in diretta Zoom, pasti ordinati col delivery e didattica a distanza.

La sottile linea che collega tutte queste soluzioni è il digitale. L’innovazione digitale era già presente nelle nostre vite prima del gennaio 2020, ma ha assunto un ruolo centrale nel nostro quotidiano. E come succede per ogni cambiamento imposto, alcuni erano già pronti o l’hanno abbracciato, altri si sono adattati, e altri ancora invece l’hanno subito.

La stessa cosa è avvenuta nel mondo del lavoro: le imprese meno digitalizzate sono andate maggiormente in difficoltà quando si è reso necessario cambiare i paradigmi lavorativi a cui storicamente eravamo abituati, rendendo ancor più evidente il vantaggio competitivo di chi invece si era già digitalizzato.

Ad aver sofferto maggiormente è stata buona parte delle PMI, rivelatasi meno preparata perché meno poco dotata di strumenti digitali adeguati per reagire prontamente alla situazione.

Il punto della situazione

Per avere un quadro della situazione, possiamo fare riferimento ai dati raccolti e analizzati dall’ Osservatorio Innovazione digitale nelle PMI del Politecnico di Milano nel 2019. La maturità digitale delle aziende è stata misurata valutando le PMI in 4 macro ambiti:

● Interesse del management verso il digitale
● Organizzazione, governance e cultura digitale
● Digitale nei processi interni
● Digitale nei processi esterni (clienti e supply chain)

Una volta analizzati i dati, la ricerca conclude che:

● Il 26% delle aziende risulta digitalmente maturo
● Il 28% delle aziende usa il digitale principalmente nei processi interni
● Il 20% delle aziende usa il digitale principalmente nei processi esterni (fornitori e clienti)
● Il 26% delle aziende non è maturo

Emerge quindi che, alla fine dell’anno 2019, almeno il 74% delle PMI ha intrapreso un processo di digitalizzazione accettabile, mentre solo il 26% è ritenuto maturo al punto da aver integrato nella propria operatività e nei processi adeguati strumenti digitali.

Le problematiche lavorative, portate alle aziende dalla pandemia e dal conseguente lockdown, hanno creato una forte spinta alla digitalizzazione per poter continuare a mantenere l’operatività.

Troviamo riscontro di questo analizzando il report dell’Istat Imprese e ICT per l’anno 2020. Le imprese che rendono disponibili informazioni sui prodotti e servizi offerti tramite il proprio sito web sono passate dal 34% del 2019 al 55% del 2020, mentre quelle che hanno adottato l’uso di servizi cloud sono passate dal 23% del 2018 al 59% del 2020. Nonostante questi dati sembrino incoraggianti, le PMI che nel 2020 hanno effettuato vendite tramite e-commerce sono state solamente il 16,3%, rispetto al 14,3% dell’anno precedente.

Facendo riferimento a tecnologie più avanzate, i dati non sono incoraggianti: i big data sono stati utilizzati dall’8,6% delle PMI, l’8,8% usa robot industriali programmabili contro l’8,7% del 2018, e il 4,7% usa la stampa 3D nei processi produttivi, contro il 4,4% del 2018.

Addirittura è calata la percentuale delle PMI che hanno organizzato corsi di formazione per sviluppare o aggiornare le competenze ICT dei propri addetti, il 15,5% nel 2020 contro il 19,4% del 2018, e di quelle che hanno svolto corsi di formazione informatica rivolti a personale senza competenze specialistiche in ICT, 11,7% nel 2020 contro 16,3% nel 2018.

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I limiti dell’Italia

Il quadro che emerge da questi dati è quello di un comparto delle PMI che non ha ancora pienamente compreso le potenzialità dell’innovazione digitale. I costi di innovazione vengono ancora percepiti come troppo elevati ed emerge una sistematica carenza di competenze nelle aziende.

Spesso gli investimenti per la digitalizzazione vengono concentrati su singole attività o processi, senza una chiara visione d’insieme delle potenzialità o senza alcuna strategia di trasformazione.

Generalmente ci si limita ad utilizzare gli strumenti minimi come il sito web, piattaforme per la gestione documentale, software ERP o CRM, trascurando invece il beneficio che porterebbe una strategia di integrazione di questi e altri strumenti nell’operatività e nella regolazione dei processi aziendali.

Il futuro

È stato calcolato, da dati fonte Eurostat, che se le PMI italiane fossero in grado di colmare il gap digitale con le PMI tedesche, si avrebbe un incremento di almeno il 5% sul PIL.

Al di là dell’impressionante dato statistico, ciò che è veramente importante è che non si perda lo slancio verso l’innovazione digitale che la pandemia ha portato, ma anzi, che si renda sistemico e organico questo processo a tutti i livelli: grandi e piccole aziende, pubblica amministrazione, istruzione e privati cittadini.

Perché per colmare il gap digitale presente è necessario comprendere a fondo quali siano le potenzialità e i benefici di queste tecnologie, attraverso una vera e propria opera di alfabetizzazione digitale della popolazione.

E sempre in questa direzione sarà importante fare buon uso dei fondi in arrivo dall’Unione Europea attraverso il piano NextGenerationEU , di cui il digitale sarà uno dei pilastri portanti.

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Luca Grassi
Catobi

Engineering consultant | Project Manager | Business Developer | Catobi Writer