Influencer in Museo

Per me è un convinto e netto sì.

perché dobbiamo allontanarci da quella sacralità della cultura che non ci porta da nessuna parte ma anzi allontana pubblici ampi. Ne scredita il valore e la ammanta di inutilità agli occhi dei più.

Quindi benvenuti pubblici e soprattutto benvenuti non-pubblici (il non pubblico è costituito da quelle persone che non visitano i musei, non conoscono i musei e non sono interessati a conoscerli, insomma sono il pubblico più difficile da raggiungere — per un museo).

Le polemiche sul tema influencer e musei nascono repentinamente e tanto velocemente muoiono, come fuochi di paglia.

Durano meno dei litigi tra Bart e Lisa

Propongo di tralasciare le questioni sulla fruizione privata di un bene pubblico, troppo specifica per essere affrontata in un articolo generico, e concentrarci sulla forza comunicativa dell’evento.

Consideriamo l’influencer per antonomasia: Chiara Ferragni. A lei il merito di aver riconosciuto le potenzialità dei social e della comunicazione in real time e di averle utilizzate al fine di portare avanti la sua attività, quello che era il suo sogno imprenditoriale. Chi di noi non sarebbe disposto a fare di tutto per realizzare il proprio sogni?

In ogni caso tralasciando sogni e realtà, Chiara Ferragni ha un seguito tanto ampio da poter raggiungere pubblici così eterogenei e diversi da includere anche il famoso non pubblico.
Ebbene, se tra tutti i follower della Ferragni un ristretto gruppo di persone venisse a conoscenza degli Uffizi, se qualcuno di quel gruppo andasse a visitare il museo e se una piccola percentuale di questa già piccolo insieme rimanesse stregata dall’arte e iniziasse a interessarsi, beh sarebbe un piccolo passo verso la divulgazione.

Questo lunghissimo preambolo per dire che sono fermamente convinta che il mondo della cultura, professionisti e fruitori, debba scrollarsi di dosso la rigidezza che da sempre la caratterizza, e così facendo allontanarsi dall’autoreferenzialità di cui parlavamo qualche articolo fa.

Non possiamo apparire friendly su Facebook, parlare di inclusione e accessibilità e indignarci se i Ferragnez fanno storie dagli Uffizi.

Le rivoluzioni non si fanno in una notte, è vero. Ricordiamoci che un tempo non si poteva accedere al museo se non adeguatamente vestiti, senza permessi e concessioni o se appartenenti a una classe sociale troppo bassa (come se alcuni fossero più degni di altri di fruire dell’ingegno umano).

Ricordiamoci che i musei sono custodi delle identità di tutti noi, accolgono e conservano le radici della nostra società che è Chiara Ferragni con il suo seguito, Alberto Angela con le Angelers, Lilli Gruber, Michela Murgia, l’Estetista Cinica con le Fagiane, è anche Maria de Filippi, Barbara D’Urso e Le Iene.

Foto di Harrison Qi su Unsplash

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