La leggenda di Don Balón

Crampi Sportivi
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15 min readNov 21, 2017

Don Balón è tipo una leggenda metropolitana in Italia. Uno spirito guida che indica la luce verso il futuro: dal 2011, non esiste più e si è riciclato come magazine online nel 2015. Ne abbiamo parlato con due contributi fondamentali per ricordarci cosa abbia rappresentato il canale d’informazione iberico.

Divertirsi con Don Balón

Luigi Di Maso

Con molta probabilità, se Don Balon non avesse stilato le liste annuali dei più promettenti talenti calcistici del mondo, tu non staresti leggendo questo contributo e io non avrei saputo dell’esistenza di Dominic Adiyiah.

Ma Don Balón non era (R.I.P.) solo lunghi scontrini della spesa plausibile in Football Manager. DB ha una lunga storia che risale al 1975: in quei tempi, oltre a dedicare inchiostro ai fatti blasonato del pallone spagnolo, premiava i mastini della Liga. Ed è proprio nella penisola iberica che si sono consumate una sequela di storie affascinanti, più dell’ex Barcellona Isaac Cuenca, attualmente attaccante dell’Hapoel Be’er Sheva, e inserito nella lista del 2012.

I premi dedicati alla Liga, venivano assegnati basandosi sui pareri espressi dai giornalisti. La gloria invece, se la dividevano il miglior giocatore spagnolo, il migliore giocatore straniero, l’allenatore dell’anno e — dal 1985 — la migliore rivelazione e il fischietto più valido.

Una antologia durata fino al 2011, anno del disastroso tracollo finanziario e legale dell’editore della rivista, dottor Rogerio Rengel, reo di aver truffato anche il suo amico/direttore della rivista. Dalle ceneri del progetto però, è nata la versione digitale della rivista, pubblicata dal 2015 sotto forma di magazine online, con versioni dedicate ai maggiori campionati mondiali, ma sempre con l’occhio di riguardo verso i giocatori latini. Ad esempio nella sezione Serie A, possiamo trovare un articolo dal titolo “El increible talento oculto de Héctor Moreno”. Mmm, sarà…

Ciò che stupisce ancora di più come detto in precedenza, sono le liste di DB per il campionato spagnolo. Una trafila di premi consegnati con mano oculata e precisa, che nel caso dei giocatori rivelazione, più che una promessa di talento, assomigliano ad una sentenza benefica.

Cosa che centra la riflessione sulle forzature presenti nelle liste dei giovani, scelti su scala mondiale. Forzatura che sta più negli slot disponibili (100 + 1 giovani) che nei nomi. Infatti selezionare un centinaio di talenti e ottenere negli anni un’elevata percentuale di riuscita è utopistico in uno sport come il calcio.

Ma torniamo all’accuratezza delle scelte interne.

Scopriamo così che l’ultimo miglior giocatore spagnolo premiato, oltre a essere ancora in attività, è una conoscenza lieta della Serie A: Borja Valero. È sempre piacevole pensare alla Spagna con una certa vicinanza calcistica, anche se in realtà parliamo di due scuole di pensiero contrapposte, che però si influenzano a vicenda.

Dal 2001 al 2004, per non perdere una certa sinergia tra Italia e Spagna, ho scoperto che i vincitori del premio miglior rivelazione hanno calcato i campi del campionato italiano. In ordine di successione al premio: l’evergreen Joaquìn, Thiago Motta ai tempi del Barcellona e Jùlio Baptista, un mancato imperatore dell’Olimpico.

Ma non c’è da stupirsi, dato che gli ultimi nove premi consegnati ai migliori emergenti, vedono cinque giocatori che hanno contribuito al nostro campionato. Gli altri due oltre a quelli già citati sono Albiol e Bojan.

Ma se Borja è stato l’ultimo della tribù a essere premiato come miglior spagnolo, il primo a ricevere l’onorificenza da Rengel ed entourage giornalitica al seguito, è stato Miguel Ángel González. Un giocatore del Real Madrid che oltre ad avere un nome che più iberico non si poteva, è un portiere con un’assonanza di destino vicina a Gianluigi Buffon.

I due, oltre ad aver giocato con le squadre con il maggior numero di titoli nazionali, aver vinto trofei individuali, condividono una sorta di avversione con la “Coppa dalle grandi orecchie ©”. Paradossale pensare a un giocatore del Real inconcludente in questa competizione, ma giuro che è così.

Ma partiamo con la somiglianza più banale. Gonzàlez non ha iniziato la carriera come calciatore, ma bensì come giocatore di pallamano, mentre Buffon seppur sempre calciatori dai principi, sappiamo che impegnava un’altra ona del campo, lontano dalla porta.

Somiglianza ma attenzione, non uguaglianze. Il portiere spagnolo vanta per così dire una finale persa in Champions, nel 1981 contro il Liverpool, Buffon ne ha collezionate ben tre. Gonzàlez in Europa è riuscito a trionfare solo alzando la Coppa Uefa (due volte) come Buffon (una col Parma di Malesani), ma per entrambi parecchi trofei nazionali nel palmarès.

Una carriera in nazionale iniziata in età prematura, a causa di un infortunio del portiere titolare per tutti e due. Anche sulla lungimiranza scrutiamo somiglianze. Se l’età degli esordi importanti è stata precoce, la lungimiranza tra i pali gode di grande longevità: Gonzàlez si ritirò a 38 anni, Buffon lo farà a 40 (allungherà di un anno solo se vincesse la Champions con la Juventus).

L’almanacco dei premi dedicati alla Liga non rende onore a Pep Guardiola, premiato solo in due occasioni, proprio a causa della chiusura della rivista. Prima di lui nel 2007–08, Gregorio Manzano uno dei più fedeli allenatori del Maiorca. L’allenatore mai stato calciatore che vinse la prima Coppa del Re con i maiorchini, all’epoca guidati in attacco da Samuel Eto’o.

In quanto a stranieri, il campionato spagnolo non ha mai difettato di talento. Il premio non è stato istituito a caso. Probabilmente ideato per rendere grazia ad alcuni lampi di talento estemporanei giunti in Liga. Il premio al miglior straniero è cominciato con una egemonia olandese. I primi 3 anni, dal 1975 al 1978, a contendersi il premio sono stati i tulipani del Barcellona. Prima Neeskens e due volte consecutive Cruyff. Toccò assistere poi, per ben quattro anni di fila ai trionfi del tedesco del Real Uli Stielike.

Fino ad arrivare ai contemporanei argentini. Talento che sgorga come champagne sul podio del Giro, quando arriviamo ad assistere alle edizioni della Liga tra il 2005 e il 2010. Cinque argentini su 6 negli ultimi premi, da pronunciare possibilmente senza prendere fiato: Riquelme, Messi, Aguero, Messi, Messi. E in questo intramezzo Ronaldinho, tanto per fare i disprezzanti. Quello argentino è anche il popolo che si è aggiudicato più volte il premio di best performer straniero nella Liga.

L’annata di vino preferita dalla redazione di Crampi? Sicuramente quella del 1999–2000 con: Raul migliore spagnolo, Figo miglior straniero, Xavi migliore rivelazione e Héctor Cúper come top tra gli allenatori. Oltre a Manuel Mejuto Gonzàlez (pronunciatelo con la voce di Piccinini), presenza onnipotente tra i migliori arbitri spagnoli e fischietto che abbiamo imparato a conoscere tra Champions e Mondiali.

Riprendiamo il concetto delle forzature delle liste globali. Facile premiare a fine stagione, indossando un completo gessato e un cravattino di stoffa Hockerty. Un’operazione per ragazzi, quando sappiamo che prevedere e azzeccare è per uomini, specialmente nel calcio. Per questo abbiamo ripercorso il sentiero tortuoso del 2001. L’ha fatto il collega Massimiliano, uno che a Natale anziché scrivere la letterina a Babbo Natale, compilava proprio una lista in stile Don Balón, da spedire alle renne.

Don Balón, 16 anni dopo

Massimiliano Chirico

Il tiro a indovinare è il collaterale più bello e accessibile del gioco del calcio. Basta un investimento di 70 euro per comprare l’ultima edizione di Football Manager, avere del tempo per simulare una decina di stagioni e poi mettersi a spulciare squadre e statistiche.

Bleacher Report lo ha fatto con FM2018 e il risultato è stato che Vinicius, il giovanotto coperto di soldi dal Real Madrid, alla fine è diventato il giocatore più forte al Mondo.

Ma soprattutto il tiro a indovinare è dannatamente divertente e chi se ne occupava a Don Balon ci spendeva davvero molto tempo: la maggior parte dei 100 giocatori inseriti nella lista delle promesse del 2001 aveva solo 16 o 17 anni al momento della pubblicazione.

Nel calderone ci sono finiti giocatori di tutti i tipi e nazionalità e alla fine Kakà, ancora sbarbatello e nelle giovanili del San Paolo, o Ibrahimovic, appena arrivato in Olanda da Malmoe, fanno compagnia a ragazzi che non hanno giocato nemmeno cento partite o che sono finiti in carcere per traffico internazionale o che semplicemente hanno raccolto tutto in fretta per dedicarsi ad altro.

Sono una persona a cui piace soffrire e ho letto tutte le storie di questi 100 giocatori, ma per voi ho raccolto solo le più interessanti.

3. Leandro Bonfim (TRQ, Vitoria/PSV Eindhoven)

33 anni, ritirato. Ha giocato 88 partite in carriera. Se lo rileggi due volte il numero ottantotto, ti impressioni. Pensaci: giocando a calcetto con i tuoi amici almeno una volta a settimana per due anni di fila arai giocato più partite di calcetto tu che partite da professionista Bonfim, uno che l’hanno pagato per farsi il viaggio dal Brasile all’Olanda. Continua a credere nei tuoi sogni.

5. Jermaine Pennant (ALA, Arsenal)

34 anni, oggi al Billericay. Ha giocato per 14 squadre seguendo alla lettera il modello Nicola Amoruso ed è l’unico giocatore inglese ad aver giocato una partita con un bracciale elettronico alla caviglia. E non per divertimento.

10. Mourad Meghni (TRQ, Bologna)

33 anni, oggi svincolato. Non ha mai nemmeno sfiorato quello che lui e gli altri pensavano dovesse diventare, fece scalpore la sua scelta di giocare per l’Algeria dopo aver fatto la trafila nelle giovanili francesi, sembrava tipo il nuovo Zidane sfuggito dalle grinfie della FFF. Invece poi ha lasciato il calcio per darsi al futsal. Che non è sempre una scelta sbagliata, certo, ma che nel caso di Meghni si è rivelata azzeccatissima. Meno Meghni, più Rodrigo Palacio.

11. Pedro Mantorras (ATT, Benfica Lisbon)

35 anni, ritiratosi nel 2012. Iconico giocatore angolano, ha partecipato assieme alla sua Nazionale ai Mondiali del 2006, centrando una incredibile qualificazione. Si è ritirato giocando una partita simbolica nel 1° de Agosto, squadra del suo paese, ma ha mollato a trent’anni per via dei guai fisici che l’hanno portato in tribunale a chiede la pensione di invalidità. Ma seriamente, tipo signorotto anziano che sventola una paccottiglia di fogli in mano chiedendo di essere tutelato. Per lui si parlava di Milan e Real Madrid dopo lo scudetto trapattoniano al Benfica.

16. Philippe Mexes (DC, Auxerre)

35 anni, ritiratosi nel 2015. Tamarro come pochi, si è reso protagonista di una prima parte di carriera incredibile, mettendo in mostra le sue doti aeree e la sua proverbiale agilità incastonate in 190 cm di altezza. La Roma l’ha pagato 7 milioni, il Milan lo ha preso gratis sette anni dopo. Restano con noi a futura memoria l’autostima a chilotoni prima di PSV — Milan (finita poi 1 a 1) e il gol assurdo contro l’Anderlecht.

24. Ricardo Bernardo Quaresma (ALA, Sporting Lisbon)

34 anni, anima del Besiktas. Quaresma o si ama o niente, tanti saluti e personalmente lo amo da impazzire. Una vita pazzesca, fatta di incroci assurdi e traiettorie sbilenche, in campo e fuori ma sopratutto tatuaggi impresentabili e tagli di capelli arrivati da un futuro estremamente prossimo. Enigmatico all’Inter, che lo paga uno sproposito per fargli segnare un mezzo gol al Catania, inconcludente al Chelsea e poi sprofondato nel dimenticatoio arabo, con tanti soldi in tasca e poco altro (ma solo se tanti soldi in tasca sono pochi). Quando tutti credevamo di esserci tolti di mezzo Quaresma, lui riappare dagli inferi: firma per il Porto che lo riporta in vita, risorge al Besiktas vestito da nero come Batman e va all’Europeo di Francia 2016, dove gioca tanto e segna un gol pesantissimo alla Croazia nei quarti. Ricordo di aver festeggiato per la sua rete mentre un mio amico si disperava per i croati. Duro a morire.

27. Arjen Robben (ALA, Groningen/PSV Eindhoven)

33 anni, ala destra del Bayern Monaco. Nato già con dei privilegi a livello contributivo, Arjen Robben sembra costantemente più vecchio di quello che è veramente: vuoi perchè ha giocato in PSV — Chelsea — Real Madrid — Bayern, vuoi perché i guai fisici lo tengono spesso KO (ma guardando le presenze stagionali di ogni annata sembra un po’ una leggenda), Robben sembra di averlo davanti da secoli eppure ha ancora qualche anno per mettere in luce il suo proverbiale tiro a giro. Giocatore da prendere per la panchina a calcetto, entra per la punizione e si siede di nuovo.

28. Julio Colombo (DC, Montpellier)

33 anni, si è ritirato nel 2010. Se il dato di Leandro Bonfim sembrava particolare (88 partite in 13 anni di carriera) basti pensare che Colombo ha giocato 86 partite da PRO in 8 anni (la metà) e poi ha beccato sei anni di carcere per traffico di droga internazionale. I calciatori possono essere persone cattive?

33. Hassan Yebda (CC, Auxerre)

33 anni, centrale franco-algerino del Belenenses. In Italia lo abbiamo visto con la maglia del Napoli, dove sembrava una versione 1.9 TDI senza optional ma con lo stereo USB di Nainggolan.

38. Chris Kirkland (POR, Liverpool)

36 anni, ex terzo portiere del Liverpool campione d’Europa. Oggi fa il preparatore e in passato ha confessato di essere vittima di attacchi di depressione.

42. Joaquin Sanchez (ALA, Real Betis)

36 anni, giocatore incredibile del Real Betis. Arrivato per due spiccioli alla Fiorentina nel 2013, circa tre anni dopo ha chiesto di tornare a casa scatenando le torbide ire della dirigenza viola, non ancora pronta a rimpiazzarlo. Al Valencia divideva il campo con Vicente, che giocava dall’altro lato.

44. Jay Lucas (ATT, Southampton)

Difficilissimo trovare info su di lui. Nel 2001 è al Southampton e nel 2005 gioca la OFC U-20 con l’Australia: era un tesserato dei Marconi Stallions e segna cinque gol in quella competizione. Su alcuni forum ho letto che è tato rilasciato dal Southampton a seguito di alcuni infortuni alle ginocchia e che ora si sia perso nei meandri del semi-professionismo australiano. Dovrebbe avere 32 anni.

48. Gael Givet (DC, Monaco)

36 anni, probabilmente si è ritirato. Ha giocato tante partite senza mai lasciare traccia. Anzi, forse si: nel 2014 ha salutato l’Evian TG dopo una sola presenza perché non voleva cedere alla singolare richiesta del presidente che lo voleva con la barba rasata. Lo voleva il Livorno anni fa e oggi gira l’Europa giocando a golf.

56. Landon Donovan (ATT, San Jose Earthquakes)

Simbolo planetario del calcio USA. Oggi, a 35 anni, si gode il meritato riposo dopo una carriera spesa quasi interamente con la doppia pelle dei Galaxy e della Nazionale, senza privarsi del brivido europeo con due prestiti a Bayern ed Everton. Miglior marcatore della USMNT, miglior marcatore assoluto della MLS, nel 2014 dice addio al calcio giocato quando scopre di non rientrare tra i 25 per il Mondiale Brasiliano: si ritira vincendo il suo sesto titolo nazionale da protagonista. Inoltre nel 2009 si vede consegnare i galloni da Capitano da sua eccellenza David Beckham dopo che Donovan (facendo eco alla società) lo aveva accusato di scarso impegno. Stempiato ma determinato.

58. Filip Trojan (ALA, Schalke 04)

34 anni, si è ritirato nel 2016 e adesso fabbrica virus per computer.

61. Johnnier Montaño (TRQ, Parma)

Nella stagione 99–00 si trasferisce al Parma assiem ad Jorge Bolaño, suo connazionale, e diventa il più giovane giocatore della Serie A. Nello stesso anno parte anche per la Coppa America con la Colombia e segna un gol nella storica partita contro l’Argentina, famosa perché Martin Palermo fallisce tre rigori. Poi il vuoto.

Montaño è bravino, giovanissimo, ma ha un brutto vizio: il ragazzo parte per la Colombia e non torna più e durante il suo soggiorno italiano questa cosa succede spessissimo, sia mentre è al Parma e sopratutto durante i prestiti a Verona e Piacenza. Problemi muscolari e bisogno di cure, qualche tifoso non ci sta e gli tende un agguato mentre il ragazzo si perde in una girandola di prestiti in Sudamerica. Oggi ha 34 anni è gioca ancora in Perù, nello Sport Boys.

62. Mark Fotheringham (CC, Celtic)

34 anni oggi e un posto da vice allenatore del Karlsruher. Da giocatore ha raccolto presenze in Scozia, Svizzera, Germania, Cipro e Inghilterra, dove c’era più bisogno.

63. Rubinho (POR, Corinthians)

Chi lo ha inserito in questa lista mai avrebbe potuto immaginare un epilogo di carriera più triste di quello di Rubinho. Da giovanissimo, in Brasile, si allena con Doni e Nelson Dida, poi sbarca in Europa fino a guadagnarsi la Serie A col Genoa. Da qui in poi alcuni trasferimenti sbagliati, qualche guaio fisico qua e la e sopratutto la pazzesca capacità di trovarsi sempre nel posto sbagliato, lo mettono al centro di un velocissimo declino. Lo scorso anno due sole presenze al Genoa prima di concedersi la lista gratuita, alla Juventus 2 partite in 4 anni, con il clamoroso cartellino rosso rimediato contro la Roma mentre era seduto in panchina. Oggi, a 35 anni, cerca una nuova sfida con un disclaimer a caratteri cubitali: negli ultimi 7 anni ha giocato solo 4 volte.

66. Johnny Van Beukering (ATT, Vitesse)

Cognome da Formula 1, Van Beukering gioca nel MASV Arnheim che, a quanto pare, ha solo lui in rosa. Olandese, nato a Velp, ha giocato due partite con la nazionale indonesiana.

67. Santino Quaranta (ATT, DC United)

Attaccante statunitense di chiarissime origini italiane, si guadagna una chiamata in MLS da giovanissimo e ci rimane per 11 anni. Ha smesso col calcio giocato nel 2012, a 27 anni, e ora gestisce una squadra a Baltimora e si presta come testimonial per la lotta alle tossicodipendenze, vero problema della sua sfortunata carriera.

71. Cherno Samba (ATT, Millwall)

Gambiano, ormai ex attaccante, si è ritirato nel 2015 dopo una breve parentesi al Tonsberg, in Danimarca. In carriera è sceso in campo appena 27 volte ma la sua vita ha preso uno straordinario risvolto digitale in Championship Manager 00–01, dove Cherno Samba, intrappolato in un CD-ROM, ha 15 anni ed ha messo a segno 132 reti nel campionato scolastico, diventando una giovane stella del Millwall. Peccato che la via abbia preso un’altra strada.

72. Hassan Ahamada (ATT, Nantes)

Attaccante che da giovanissimo prometteva molto bene al Nantes, club dove ha giocato più partite. Oggi, a 36 anni, è svincolato e SOFOOT.com lo ha utilizzato come metro di paragone in un articolo su Evra. Si parlava di giovani attaccanti che non segnano mai.

73. Theo Janssen (CC, Vitesse)

Centrale col sinistro esplosivo, Janssen ha fatto vedere cose strabilianti da giovane, convincendo i suoi allenatori tanto da arrivare a giocare per l’Ajax. Peccato che fuori dal campo la sua vita fosse una roba degna da co-protagonista di Fight Club: Janssen ha vissuto la sua carriera da PRO fumando e bevendo come un non-atleta e mentre toccava il vertice della sua forma vincendo il campionato olandese col Twente, si è reso protagonista di un incidente d’auto in cui un suo compagno, Kevin Moeliker, ha avuto la peggio finendo in coma. Si è ritirato nel 2014, a 33 anni, con indosso la maglia del Vitesse, il suo former club.

77. Fernando Macedo Nano (DC, Barcelona)

Detto Nano ai tempi di Barcellona, Fernando Macedo se lo son passato di mano un bel po’ di squadre in Spagna, senza mai trovargli una collocazione funzionale: le giovanili blaugrana, due anni all’Atletico, un anno al Getafe e uno al Cadiz prima di precipitare di diverse categorie. Oggi gioca nel Ferrol, terza divisione spagnola, e ogni tanto gli chiedono come mai non sia riuscito a diventare nessuno. Nel 2013 giocava per l’Osasuna quando il Barça ha vinto per 5 a 1 in casa, trascinato dal poker di Leo Messi. A fine gara l’argentino gli ha regalato la maglietta.

84. Labinot Harbuzi (TRQ, Malmo FF)

Svedese ma di origini kosovare, Harbuzi non se lo ricorda nessuno tranne sua madre, che continua a spolverare le divise del suo campioncino, e il Verona, che lo ha preso in prova nel 2012. Sogliano diceva «può dimostrare il suo valore», per la disinteressatissima stampa era l’amico di Ibra, in ritiro le avrà prese in testa da quel centrocampista magnifico che era Manuel Mancini.

85. Michael Zepek (DC, Bayer Leverkusen)

36 anni col sogno di sfondare ma alla fine Zepek ha fatto tantissima fatica ed essere titolare ovunque. Peccato perché da giovane ha giocato in tutte le giovanili della Germania e pare lo volesse anche il Real Madrid. Probabilmente era uno scherzo.

87. Ramon Calliste (ATT, Manchester United)

Sarebbe dovuto essere il nuovo Ryan Giggs. Arrivato a Manchester da Cardiff, Calliste non ha convinto Ferguson e il suo staff ed ha preferito diventare l’ultimo giocatore a passare dallo United al Liverpool. Coi Reds è andata forse peggio, ci ha riprovato con lo Scunthorpe ma un infortunio alla caviglia in amichevole gli ha stroncato la carriera. Ha ancora 31 anni ma non lo sentiremo più.

88. Christoph Preuss (ALA, Eintract Frankfurt)

Da scrivere Preuß, una volta ha segnato in sforbiciata al Bayern, arrivando secondo nella classifica del gol dell’anno, vinta quell’anno da Titti Dolce. Si è ritirato nel 2010 a 29 anni.

94. Azar Karadas (ATT, Brann Bergen)

Padre turco e madre norvegese, in turco il suo cognome significa pietra nera e mi ricorda un attaccante di provincia che ho molto stimato, Michele Pietranera appunto. Era un attaccante un po’ così, cioè ha segnato solo 74 gol in 440 partite, così insomma. Però gli hanno voluto un gran bene ovunque.

100. Alexander Hleb (TRQ, Stuttgart)

Considerato il più forte giocatore bielorusso di tutti i tempi, è sicuramente quello che ha raggiunto i traguardi più importanti, firmando per il Barcellona e vincendo una Champions League nel 2009. In precedenza, dopo cinque ottime stagioni a Stoccarda, l’Arsenal l’aveva prelevato per 15 milioni regalandogli un posto da titolare. Poi il Barcellona: Hleb si è raccontato per FourFourTwo, in un’intervista a tratti struggente, da cui traspare la convinzione di essere stato per davvero il miglior giocatore di tutti i tempi della Bielorussia, per bagaglio tecnico ed esperienze, mentre è indubbia la sua delusione per aver sciupato tutto passando al Barcellona, dove non è mai scoccata la scintilli. Ma quale pazzo avrebbe rifiutato di giocare con Messi, Xavi, Iniesta ed Eto’o?

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