Scuderia Raiola

Massimiliano Chirico
Crampi Sportivi
Published in
16 min readOct 5, 2017

Carmine ha mani tozze e rotonde, da carezza amorevole al primo giorno di scuola. Ogni mattina un giornalista si sveglia e prepara la borsa, consapevole che intervistare Carmine potrebbe valere una fortuna o comunque un buon articolo da mettere in busta paga; perché Raiola, a volte terrorista, a volte male del calcio o sabotatore, ha sempre qualcosa da dire senza usare filtri. Con lui puoi davvero parlare di tutto: dei suoi ragazzi e dei rapporti paterni che con loro intrattiene, dei ragazzi degli altri che a stretto giro di posta potrebbero anche diventare suoi, della Nazionale e dell’Italia, di politica, economia, fisco, automobili costose e quadri. Raiola è il compagno di classe che fa i compiti giorni per giorno, preparatissimo e saccente in un’aula piena di improvvisatori. Il giornale sarà la sua voce e il giornalista sarà un uomo fortunato.

27 marzo del 2009. Repubblica.it concede qualche riga ai tentennamenti di Maxwell e Ibrahimovic sullo spinoso rinnovo contrattuale con l’Inter e nel mezzo ci infila appunto la favola di Carmine Raiola detto Mino, dipingendolo attraverso “La storia di un pizzaiolo salernitano emigrato in Olanda, che oggi ha una società con uffici in vari paesi del mondo”. Da lontano (anche a migliaia di chilometri) Raiola lo riconosci perché ci sono alcuni periodi dell’anno in cui tutti, proprio tutti, hanno sempre il suo cognome a portata di labbra: anche i nonni fuori da scuola, i tizi fermi all’angolo del bar e i ragazzini sull’hoverboard parlavano di lui e Donnarumma fino a qualche mese fa, nei tabelloni elettronici delle piazze italiane lampeggiava il suo nome tra i trend topic giornalieri.

La gara a chi ha fregato Raiola e il tiro a segno su chi si è fatto fregare, il bilancio sui giocatori di Raiola, la domanda che un po’ tutti si fanno: quanto conviene farsi consegnare in dono il nuovo Pogba da Mino Raiola?

Lo senti parlare a bassa voce quando sta per anticipare il terremoto: come un presagio funesto si trasforma nella voce del suo assistito, che qualche giorno prima è stato etichettato da lui stesso come un Monet, una Gioconda, un’opera d’arte contemporanea. I suoi uomini non hanno valori economici che possano descriverli, sono solo capolavori da ammirare, nella speranza che il loro atipico mercante volga lo sguardo verso la propria squadra. Ci fosse mai una volta che Raiola viene tirato in mezzo per dire — che ne so — che Bonaventura è felicissimo al Milan e li ci rimarrà per anni o che Verratti chiuderà la sua carriera da leggenda del PSG.

Nelle situazioni complicate, Mino Raiola diventa panacea di tutti i mali: risolleva gli ammalati, risana i doloranti, applica bende e cerotti, corre in aiuto di giocatori suoi e di altri procuratori come un benefattore.

Mino Raiola compra e vende in ventiquattr’ore, sposta capitali astronomici e giocatori alieni in un batter di ciglia, genera un indotto incredibile dove giornali, banche, compagnie aeree, brand sportivi, squadre e tifosi respirano in sua funzione, aspettando l’ennesima mossa pronta a incrinare un equilibrio che lui stesso ha deciso e di cui lui stesso e l’ago. Mino gestisce, decide, promette, realizza, in una piega dell’universo dove il sogno di molti non è più essere un calciatore di successo ma sopravvivere al tempo e decidere il destino del mondo del pallone per almeno cinquant’anni.

Gli Intoccabili — Paul Pogba e Romelu Lukaku

In questo speciale bilancio 2017–18 della forza lavoro a disposizione di Mino Raiola, Pogba e Lukaku occupano una categoria a parte: da vera forza motrice della scuderia intera, loro si sono accomodati nel vagone più grande, dove sono situati i motori.

Pogba ha preso il trono che era di Ibrahimovic e oggi si veste da diamante più lucente della vetrina. Un quadriennio di stage formativo a Torino ha definito i contorni alla leggenda del ragazzino fuggito dal Manchester United e scoperto dagli osservatori della Juventus: Pogba passa dalle quattro presenze a Manchester nel 2011/12 alle 37 della stagione successiva in maglia bianconera: nessuno riesce a spiegarsi perché lo United si sia fatto sfuggire un talento del genere.

Poi il tranello: leggi il nome della procura, ti fai le giuste domande e capisci le cose. La Juventus ne ha ricavato qualcosa che, per il bene del calcio italiano, è stato speso tutto su Higuain, ma il vuoto lasciato al centro da uno dei giocatori più forti al mondo sembra davvero incolmabile. Al centro dei cuori dei tifosi, ovviamente.

La mossa di Lukaku allo United è stata un piccolo capolavoro passato quasi inosservato agli occhi di chi divora solo titoloni ma il valore dell’intera operazione si è potuto apprezzare ancora meglio dopo la rifirma di Ibrahimovic. Quando tutti pensavano che Romelu in maglia 9 escludeva un ritorno dello svedese, ecco.

Uno degli attaccanti più contesi dell’estate trasferito in quella che sembra la casa preferita di Raiola, mobilitando un capitale incredibile. I numeri in campo danno ragione al ragazzo e al suo procuratore perché Lukaku viaggia con la media di un gol a partita, in barba a chi diceva che è troppo grosso, che gioca un calcio fine a se stesso, che se marcato da difensori adatti è innocuo. I Red Devils se la ridono e tutti sono contenti. Il matrimonio si è fatto e durerà almeno altri due-tre anni.

Il figliol prodigo — Zlatan Ibrahimovic

Aggiungere altre parole sarebbe vile e superfluo.

Comprate la sua biografia, guardate le foto, leggete le interviste. Mino e Ibra, the one and the only, sono la coppia più improbabile mai vista in questi ambienti, un continuo recital dove lo sbirro buono e lo sbirro cattivo non fanno nemmeno finta di nascondersi.

Lo svedese è il leone indomabile che ascolta solo i suoi istinti; Mino Raiola è il leggendario domatore arrivato da lontano armato di una semplice frusta di criniere intrecciate, riuscito a farsi ascoltare dalla bestia feroce. Giovane promessa, idolo affermato e uomo degli ultimi trenta minuti. Poi dopo sarà manager, dirigente o allenatore ma sulla carta bollata da far firmare ci sarà sempre il cognome di Carmine, æterno garante delle volontà leoniche di Ibra.

Biglietto in mano — Marco Verratti, soffiato a Donato Di Campli

Da quando Marco Verratti si è trasferito a Parigi, noi tifosi rimasti a guardarlo dalla penisola abbiamo vissuto la sua carriera con la certezza di potergli dare una mano, un consiglio, una parola buona per un amico lontano. Di Marco Verratti si parla solo perché è lontano e il più delle volte di lui si parla male ma certo è che in estate non ha fatto nulla per sembrare simpatico.

Uno scarno post sui social per celebrare l’unione. Di Campli scopre il fianco con alcune dichiarazioni fuori luogo sul rapporto Marco-Parigi e l’artiglio di Mino affonda nella carne calda, dichiarando allo stesso momento il vincitore e lo sconfitto. Marco Verratti è appunto quel lato italiano di occasioni in stock, Raiola lo sa bene e cavalca l’attrazione fatale tra i due. Inutile descrivere come questa stagione assomigli tanto all’ultima stagione di Verratti a Parigi. Del resto qualcuno dovrà pur spostarsi, da qualche parte si dovrà foraggiare la scuderia di campioni. Secondo Transfermarkt vale 45 mln, non si sposterà a meno del doppio.

Cioè in realtà non è così sicuro, io ci spero perché marcogufetto con la maglia del PSG ha stancato.

Henrik Mkhitaryan — Sbocciato a Manchester

Le cose vanno decisamente meglio rispetto alla prima stagione e i numeri messi in campo dal ragazzo sono confortanti ma Enrico diventa grande (per quanto lo si possa essere a 28 anni) e bisognerà strappare un nuovo quadriennale a cifre interessanti. Il calcio di oggi sforna esterni d’attacco a ritmi industriali, lo United saprà tutelarsi magari guidato dallo stesso Raiola ma il punto è che ora Henrikh, o per meglio dire Հենրիխ Համլետի Մխիթարյան, deve giocare il miglior calcio possibile se vuole assicurarsi una pensione d’oro: mettere qualche pallone in rete, sfornare tanti assist, correre molto e vincere qualcosa, un rinnovo di contratto fino ad almeno 32 anni ed è fatta. Ma qualcosa me lo dice, l’istinto mi parla, se non dovesse succedere Mikhtaryan dovrà muovere verso altri lidi.

Gianluigi Donnarumma, ancora portiere del nuovo A.C. Milan

Volete il più giovane miglior portiere in circolazione per almeno un’altra stagione? E avere un anno in più per trovare il suo sostituto, tutto il tempo necessario per muoversi sul mercato con le spalle coperte? D’accordo però magari venite incontro alle mie richieste economiche, che ne dite? Per tutelarci, metti caso che poi siamo contenti tutti e vogliamo continuare così. Pensiamoci ora, ci togliamo il dente e firmiamo un bel contrattino a numeri interessanti, da top player del campionato. E una clausola? Una clausola la vogliamo mettere? Ce l’hanno tutti i grandi giocatori, così aumentiamo il prestigio e i giornali ne parlano. Magari due? Una se andiamo in Champions e una per il caso contrario? D’accordo, allora ci siamo. C’è solo quel discorsetto del fratello del ragazzo, che vorremmo sistemarlo in un modo. Lo compriamo a prezzo di saldo e gli facciamo un contrattino senza farlo giocare. Ci siamo?

E poi c’è gente che pensa che Fassone & Mirabelli l’abbiano fregato in pieno! Io quelle interminabili ore di colloquio le ho sempre immaginate così e ho sempre pensato ai due dirigenti rossoneri con un mal di testa atroce.

La classe operaia senza paradiso → Blaise Matuidi, Giacomo Bonaventura, Luciano Narsingh e Omar El Kaddouri

Qui entriamo nell’ostico ambiente dominato da sindacati e sedie che volano, il campo preferito di chi la paga deve guadagnarsela fino all’ultimo centesimo. Quattro casi di quattro giocatori che a fine mese sono stanchi da morire ma che sanno di aver dato fondo a tutte le loro forze.

Matuidi ha rispettato il programma stabilito dal generale Raiola: da due anni era sempre mezzo bianconero ma la firma definitiva è arrivata in estate, con 30 primavere sul groppone e un quadriennale in tasca. Blaise però è lo stesso giocatore che un anno fa infiammava la gente col suo video per gli europei in Francia, lo stesso giocatore che ci ha messo poco a mescolare la sua etica del lavoro con quella di Max Allegri, mettendosi in mostra e scalando le gerarchie del centrocampo J per far sua quell’ossessione europea. Da un’ossessione all’altra, ovviamente.

I casi di Luciano Narsingh e Omar El Kaddouri sono molto simili tra loro: Narsingh è da quasi un anno in Galles, tra le fila dello Swansea, ma fatica tantissimo a trovare spazio e probabilmente Raiola proverà a spostarlo già a gennaio, per non perdere tempo anche considerando la disastrosa nazionale olandese, che potrebbe fare affidamento su Luciano e incrementarne il valore. El Kaddouri, dopo uno sbattimento durato circa sette anni (nel 2010 il suo arrivo nell’FC Sudtirol) ha salutato l’Italia, l’Empoli, ma sopratutto Napoli. Da quando il marocchino ha varcato le porte di Castelvolturno per la prima volta, la sensazione che avvertivi proprio sulla punta delle mani quando OEK era in campo assomigliava a qualcosa tipo “Bravo, tanto forte ‘sto ragazzo, peccato che non farà carriera” senza avere mai chiari i motivi per reputarlo così forte e per pronosticargli una carriera infima. Oggi Omar è del PAOK Salonicco, una squadra che sta provando a spezzare il dominio greco di AEK, Olympiacos e Pana.

Jack Bonaventura semplicemente non ce la fa. Nel senso che finora, in un Milan di livello medio-basso, Bonaventura è sembrato un giocatorone luminescente con una faretra zeppa di frecce velenose. Adesso, che il livello della squadra si è piacevolmente innalzato, Bonaventura s’è fatto male e ha svolto la preparazione esiva in ritardo di condizione. L’impressione è quella del giocatore che torna, ovviamente tornerà in campo (in rossonero ha saltato 30 partite in 3 anni per infortunio, 16 di queste solo lo scorso anno) ma a quale prezzo? E chi gli farà spazio? E come torna? Ma si ricorda ancora come si gioca? E quanto prende all’anno? E quanto vale? E se riusciamo a venderlo non è meglio? La parabola sarà più o meno questa.

Scommessopoli → Mbaye Niang, Mario Balotelli, Ricardo Kishna, Ouasim Bouy e Hachim Mastour

Signori, ecco a voi dei nomi semplicemente da panico. Avrei tanto voluto trovare una foto che li contenesse tutti e cinque (anche perché personalmente sono innamorato perdutamente di ognuno di loro) ma purtroppo non c’è ancora nessuna squadra che ha deciso di prenderli come fossero un pacchetto. Ordiniamoli per possibilità di rientro dell’investimento:

5. Scontatissimo quinto posto per Mastour. Arrivato a sedici anni in rossonero, firma un triennale che trascorre praticamente in prestito tra Malaga e PEC Zwolle. Poi un rinnovo di un altro anno, quello corrente, che il ragazzo sta trascorrendo ancora in rossonero. Per lui parlano i numeri: 183' di impiego in due anni. Sembrava svincolato ma ora è tornato al Milan.

4. Ouasim Bouy è finito a pascolare nelle verdi praterie della seconda divisione spagnola. Arrivato alla Juventus dalle giovanili dell’Ajax, ha girato mezza europa sponsorizzato dai bianconeri. Ora è del Leeds ma gioca nel Cultural Leonesa e fa pappa e ciccia con Gianni Zuiverloon, che sta sempre a taggarlo nelle Instagram Stories.

3. La Lazio forse non ci crede nemmeno più. Altro prodotto dell’Ajax, Kishna ha già nello zaino una stagione in biancoceleste, una al Lille e adesso anche una all’ADO Den Haag. Se ne parlava così tanto bene che sembra di essere nella fase “Mino, ‘sto qua lo abbiamo pagato 4 milioni, vediamo di monetizzare”. Lui purtroppo ci ha messo del suo e alla fine si è rotto un crociato.

2. Mario Balotelli rigenerato e a fine stagione contrattone della vita. Sta scritto anche sui muri.

1. Si potrebbero dire tante cose di un giocatore che da quando è arrivato al Milan (sei anni fa) ha messo insieme 102 presenze segnando appena 24 reti ma la verità è che Mbaye Niang lo conosciamo ormai tutti e sappiamo tutti quanto è discontinuo/casinaro/impacciato nel vivere la vita. Bene, il Torino lo ha pagato davvero 15 milioni e qualsiasi altro trasferimento non sarà mai più assurdo e remunerativo di questo.

I miracoli → Sergio Romero, Ignazio Abate, Rodrigo Ely e Bartosz Salamon

Insomma, avete letto i nomi?

Sergio Romero ha già trent’anni, ha fatto la Serie B con la Sampdoria ed è il secondo dello United da tre stagioni eppure gli mancano dodici partite per fare 100 gettoni con la Nazionale Argentina. Ma è scarso tanto da meritarsi di essere un secondo o in Argentina hanno un gravissimo problema portieri?

Ignazio Abate, checchè se ne dica, ha dimostrato di essere inaddato in due fondamentali banali per un terzino come il cross e le coperture difensive in velocità (va bene le battute su Milito ma, cavolo, son tutte robe vere), ma nonostante tutto ogni anno è puntualmente inserito nella rosa del Milan.

Nella scorsa stagione Rodrigo Ely ha giocato sei mesi al Milan ricambiando con 4 presenze, un giallo e un rosso poi dopo è andato comunque all’Alaves, non proprio la serie D norvegese, e ora fa il titolare in Liga.

Salamon? Boh. Dobbiamo davvero parlare di Bartosz Salamon? Ha solo 22 presenze in Serie A ma sono 26 gli anni all’anagrafe. Quello in foto è lui e in carriera ha spostato più soldi lui (8,10 milioni) che Romero (3.55 milioni).

Rampa di Lancio → Kenny Tete, Justin Kluivert, Leandrinho, Luca Pellegrini, Philippe Sandler e Donyell Malen

Siamo qui, nel laboratorio segreto del dottor Raiola, per dare una veloce occhiata a quei ragazzini giovanissimi che un domani dovranno contribuire in qualche modo alla causa del nostro eroe. Nella sezione Rampa di lancio troviamo i giocatori che sono ancora in attesa di una destinazione nelle altre categorie e che per ora vengono definiti con l’acronimo PI ovvero Prospetti Interessanti.

Muovendoci tra i tavoli lucidissimi del laboratorio possiamo notare i progressi e gli schemi evolutivi di Justin Kluivert, punto fermo dei lancieri di Amsterdam a soli diciotto ann: il ragazzo è in gamba davvero, son cose genetiche dimostrate anche dal recente trasferimento di suo fratello Shane, 9 anni, dal Paris Saint Germain al Barcellona; occhio a non perdere di vista il cucciolo Leandrinho, arrivato lo scorso anno al Napoli e già stellina del Brasile U-17 (si è un po’ seduto sugli allori è l’impressione è che non sia chissà cosa).

Malen, attaccante olandese anche lui di soli diciotto anni, è tornato in patria, al PSV, dopo due anni trascorsi all’Arsenal mentre Kenny Tete ha fatto il percorso inverso, fermandosi però in Francia, al Lione, per la sua prima vera stagione da craque. A 21 anni potrebbe già aver iniziato il suo percorso di consacrazione. Philippe Sandler deve aver sbagliato qualcosa e ora gioca nel PEC Zwolle mentre Luca Pellegrini, terzino sinistro di bellissime speranze dell’AS Roma, si è visto saltare un crociato a inizio stagione, proprio ora che avrebbe potuto assaggiare la prima squadra con DiFra.

Fatturare → Vladimir Weiss, Pajtim Kasami e Tomas Necid

Tre temibili guerrieri che nessuno ha il coraggio di nominare. Si muovono nell’ombra, firmano ricchissimi contratti e arrotondano la mensilità dell’intera baracca, pur tenendosi a distanza di sicurezza da stampa e social media.
Di Pajtim Kasami, l’uomo che incasinò l’internet, e Tomas Necid, futuro giocatore del Chievo, ne avevamo parlato qui.

Adesso concentratevi su Vladimir Weiss e immaginate la sua storia: ragazzino slovacco di belle speranze, firma giovanissimo per il Manchester City e si mette in mostra fin da subito, con i vari prestiti al Bolton, ai Rangers di Glasgow e all’Espanyol. Nel 2012 i Citizens gli fanno sapere che l’armadietto serve libero entro le 18 e lo vendono al Pescara, in Serie A.

È un punto di ripartenza, coi Delfini gioca 23 partite, segna cinque gol e mette cinque assist da ala sinistra ma, come nelle classiche puntate di Real TV, qualcosa va storto: il Pescara retrocede a fine anno e lui cerca di fuggire dai suoi demoni, scappa in Grecia dove trova l’Olympiacos pronto a ririlanciarlo ma il ragazzo è ancora troppo spaventato da questo calcio malvagio che oggi ti coccola coi comfort di Manchester e con le docce a comando vocale e domani ti procura un albergo di Pescara provincia con un forte odore di mare e salsedine che tu hai sempre odiato. Una sola stagione ellenica, poi la fuga in Qatar. La pace.

Perché?

In foto il celebre Vato Arveladze nella foto segnaletica del 4 torneo di Ping Pong doppio dell’Oratorio Don Bosco di Tiflis. Se ve lo state chiedendo e se vi ricordate di Shota Arveladze allora si, sono parenti.

Ecco a voi una lista di giocatori la cui procura è affidata a Mino Raiola e alla sua agenzia. Giocatori che nessuno ha intenzione di conoscere ma che ben presto, come fossero un Bartosz Salamon qualsiasi, potrete vedere nei vostri teleschermi.

Ben Rienstra
Tomas Lam
Joao Paulo
Tom Boere
Sheraldo Becker
Roman Ferber
Eron
Vato Arveladze
Abdel Malek El Hasnaoui
Albian Muzaqi
Samet Bulut
Gastòn Brugman
Alessandro Deiola
Roberto Insigne (ah ma la storia di Lorenzino…)
Gustavo Hebling
Alan Empereur (difensore programmato per la Serie C)
Lucas Roggia (ricorda terribilmente Piazon)
Vincenzo Tommasone
Cosimo La Ferrara
Revaz Tsilosani

Sconosciuto → Boban Lazic

Il curioso caso di Boban Lazic, ala sinistra serbo-bosniaca di 23 anni, che fino allo scorso anno giocava nell’FC Oss, in Olanda, e che oggi secondo Transfermarkt gioca nello Sconosciuto. Nell’ignoto, nell’indefinito,nel limbo tra il nostro mondo e Plutone.

I ritirati → Cesare Natali, Maxwell, Cris e Pavel Nedved

Cesare Natali oggi si gode il suo meritato riposo, al termine di un’onesta carriera costruita tra Torino, Bergamo, Udine e Bologna. Il trasferimento alla Fiorentina, snodo cruciale della sua carriera, e poi Mino che prova in tutti i modi a portarlo a Milano, sponda Milan, fomentando la stampa. Non succederà in nessuno degli universi paralleli che ci scorrono accanto.

A meno di straordinari colpi di scena e forse per un altro paio d’anni, Maxwell Scherrer Cabellino Andrade è oggi il giocatore che ha vinto più trofei di tutti, 36 per l’esattezza. È un caso? Il ragazzo ci avrà messo del suo ma non è mai facile spostarsi da Ajax, Inter, Barcellona e PSG senza sbagliare mai nulla.
Cris era Cris, come descriverlo? Era quello del terzetto Cris-Clerc-Caçapa, come un Pokèmon a tripla evoluzione.

E poi c’era Pavel Nedved, biondissimo accanto ai capelli ingelatinati neri di Mino Raiola. Di un giovanissimo Mino Raiola che si scontrava per la prima volta con gli ingranaggi del calcio mondiale, cercando di non tradire mai l’ansia delle prime volte, mascherandola sotto la sua aria da duro. Facile fare il duro con la Furia Ceca accanto.

La parola agli altri → Felipe Mattioni

Qualche giorno fa ero al bancone del bar, impegnato nel tentativo di spiegare a un perfetto sconosciuto quanto i Mondiali, come diceva Buffa, facciano parte della cultura di massa, quanto i tempi della nostra vita siano legati a questi eventi calcistici. Anche i calciatori attraversano le nostre vite, seppur da perfetti sconosciuti: ne adottiamo il nome e la maglietta mentre giochiamo a calcio, li rendiamo nostri cavalli di battaglia, capitani della rosa del nostro fantacalcio. Felipe Mattioni è l’ultimo tassello di questo report, che spero un giorno di poter aggiornare ancora, solo per raccontare altre storie. Oggi Felipe, il nuovo Cafù, è tornato in Brasile al Boa Esporte ma nel 2009 è stato un giocatore del Milan ed è proprio a un tifoso del Milan che ho voluto chiedere “Cosa ricordi di Felipe Mattioni in rossonero?”.
Assolutamente nulla” è stata la risposta che volevo e che ho avuto.

DISCLAIMER: in questo articolo non è stato inserito Lorenzo Insigne solo perché Antonio Ottaiano, procuratore del giocatore, ha smentito tutte le dichiarazioni secondo cui Mino Raiola stia cercando di vendere il suo assistito al Barcellona. Ha smentito il rapporto tra Insigne e Raiola, mica le trattative che il nostro potrebbe voler condurre coi giocatori degli altri. La storia insegna: se Raiola inizia a parlare di te come se fossi un suo giocatore, allora probabilmente sei l’unico che ancora non sa di essere un giocatore di Raiola.

“La FIFA e l’UEFA sono esattamente la stessa cosa, tutto tranne che sistemi trasparenti. Si potrebbe descriverle come organizzazioni mafiose che vogliono nascondere cose” — Carmine Raiola, detto Mino

--

--

Massimiliano Chirico
Crampi Sportivi

Da piccolo avrei voluto fare hockey su ghiaccio ma vai a spiegarglielo a mio padre. Oggi la mia vita sarebbe diversa.