Presentarsi a un editore

Sara Gavioli
Diario di una editor come tante
4 min readNov 9, 2017

O meglio: “Come non sembrare pazzi”.

Tipico editore alle prese con le e-mail degli aspiranti

Diciamolo: siamo autori, quindi artisti, e in quanto tali siamo pazzi. Eh sì, me ne rendo conto. Voi, però, rendetevi conto che proporsi a un editore o a un’agenzia significa presentarsi per venire scelti da un professionista, al fine di collaborare per molto tempo. Va bene essere pazzerelli dentro, ecco, ma provate a non sembrare a un passo dal ricovero. E come? Vediamo un po’.

Non raccontare quello che non vorresti fosse raccontato a te

“Fin da bambino, ho sempre letto tantissimo. Quando avevo sei anni, ho scoperto Il piccolo principe. Lo rileggo ogni giorno, da allora, e tra le pagine ho messo un segnalibro in pelle umana, per ricordarmi che la vita è breve. Ho cinque gatti e sei cani, e pure un canarino giallo che sta in cucina, sopra la lavatrice, nella sua gabbia. In casa, ho una grande libreria con ben settemilacentoquarantadue titoli. Li ho contati. Ho frequentato il liceo artistico e conseguito la laurea in Scienze della Morte, per poi iniziare un master in editoria che però devo ancora finire di pagare, perché nel frattempo mi sono iscritto a un corso di inglese, ché serve sempre, e a quello per la patente europea del computer. Inoltre…”

Caro autore, cosa me ne frega del tuo canarino o del corso di inglese? Sii buono: parla soltanto di quel che c’entra qualcosa con il tuo libro. Non inviare un curriculum con il tirocinio che hai fatto vent’anni fa. Sul serio, dai. Non ci vuole molto, per capire che non è il caso. Come ti sentiresti, se l’editore rispondesse con la sua autobiografia in sette volumi invece di dirti se vuole leggerti o no? La lettera di presentazione serve a dimostrare che sei una persona interessante, piacevole e ragionevole, che sa quel che dice e con cui sarà possibile lavorare. Ma tra l’altro, come ti è saltato in mente di tenere un segnalibro in pelle umana?

Di’ qualcosa

“Allego il mio manoscritto. Buona giornata.”

Lo confesso: questo l’ho fatto anch’io, in passato. E ti capisco, autore, se nel dubbio hai deciso di non scrivere proprio niente, perché il rischio dell’errore era troppo alto. Ti voglio un po’ di bene, sai? Ma capiamoci: qualcosa lo devi scrivere.

Parla a una persona

“Caro editore,
le scrivo perché sono un vostro affezionatissimo lettore e vorrei pubblicare con la sua casa editrice, l’unica di cui compro un sacco di titoli ogni giorno. Vi leggo sempre, siete la mia ossessione, dunque non potrei mai pensare di pubblicare con altri. In attesa di riscontro, torno a strusciarmi sui vostri splendidi libri.”
Mail inviata in copia, con gli indirizzi visibili, a centosei redazioni.

I redattori non sono scemi e sanno perfettamente che proverete a inviare il manoscritto qua e là. Non c’è niente di male. Però, vi prego, abbiate l’accortezza di non lasciare in vista centinaia di altri indirizzi a cui avete inviato con un unico click. Specialmente se nella mail vi vantate di essere dei fan. Provate a conoscere sul serio quell’editore lì, e prendetevi del tempo per scrivere a lui, proprio a lui, non in generale a chiunque.

Rispetta le indicazioni

“Caro editore,
ho visto che hai una pagina del sito in cui spieghi come inviare le proposte editoriali, però voglio fare di testa mia per dimostrare quanto sono creativo. Poi, in effetti, non ho letto proprio tutto perché non c’ho tempo da perdere. Dunque allego il mio romanzo in formato .spuck, il mio preferito, e dentro lo stesso file ho inserito la biografia e fotocopia di carta d’identità e codice fiscale fronte retro. Credo infatti che separare i file come scrivevi, o peggio ancora non allegare la documentazione completa, non sia per niente nel mio stile e allora attaccati. In attesa di cordiale riscontro, ti saluto.”

In genere, sul sito dell’editore troverete una serie di indicazioni. Seguitele. Facile, no? Se proprio non le trovate, ci sarà un indirizzo e-mail a cui scrivere per domandare. Non esiste, infatti, un modo corretto in assoluto per allegare sinossi, biografia o altro; ogni editore può chiedere qualcosa di diverso, e il modo migliore per non sbagliare è seguire quel che lui stesso ci dice. Ve lo giuro, non si è messo a creare una pagina che ne parla solo per trarvi in inganno.

Non svalutarti

“Ciao, editore,
allego il mio romanzo. Lo so, fa schifo e io di sicuro non sono uno scrittore. Ci provo; sono giovane, disoccupato, nessuno mi ama, mi sento molto triste e piangendo ti invio il mio urlo disperato. Se non mi pubblicherai, mi toglierò la vita. Tanto, non piaccio a nessuno. In attesa di un cordiale riscontro, auguro una buona serata.”

Questa è semplice, vediamo se riesco a dirlo in modo chiaro: se tu stesso ti presenti sostenendo di non valere niente, chi legge concluderà che probabilmente non vali niente. Tra l’altro, per favore, trova un analista: vedrai che andrà tutto bene. Vieni qui, abbracciamoci.

Non essere un pallone gonfiato

“Buonasera,
le invio questa mia per comunicarle che è una personcina fortunata: io, grande autore emergente Salcazzo Giovanni, ho scelto lei. Sì, proprio lei, per il mio esordio che è già un successo. Un libro necessario, che chiunque vorrebbe pubblicare. Un giorno, quando saremo ricchi grazie alla mia genialità, ricorderemo insieme questo momento e brinderemo al successo.”

Anche questa è semplice, secondo me. State calmi. Ecco. Tutto qua.

Questo articolo è in realtà il seguito spirituale di un altro articolo. Se li leggi entrambi, forse capirai cosa evitare nel primo contatto con un editore o un’agenzia letteraria. Certo, rimane da decidere cosa devi fare, invece. Ma quella è un’altra storia, e dovrà essere raccontata un’altra volta.

Sara Gavioli vive a contatto con le storie: ne legge, ne scrive e ne sceglie per diverse realtà editoriali. Lavora come editor freelance e nel tempo libero colleziona corsi di editoria. Da grande vuole diventare una vecchietta eccentrica.
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