Cosa non funziona — Mortal Shell

Va bene la mortal spira, ma qui qualcosa non quadra.

Marco "Brom" Bortoluzzi
Frequenza Critica
5 min readOct 8, 2021

--

Mortal Shell. Harros affronta il First Martyr, secondo boss del gioco.

A me i soulslike piacciono un sacco, credo sia necessario sottolinearlo. La moda di inserire meccaniche ispirate a Dark Souls ovunque è passata ormai da qualche anno (sostituita dalla mania per i roguelike, fate il conto di quanti ne sono usciti solo nel 2021), e parecchi giocatori storcono il naso quando vedono stamina, schivate, boss difficili e via di questo passo. Ecco, io non sono uno di quei giocatori, e la risposta al perché lì sopra vicino a Mortal Shell c’è un inquietante “cosa non funziona" non risiede nel fatto che Cold Symmetry ha tratto ampiamente ispirazione dal lavoro dei colleghi di From Software.

Anzi, in realtà se andiamo a vedere l’aspetto più puramente tecnico del gameplay, Mortal Shell è un clone decisamente ben riuscito. Certo, le armi sono pochine — quattro, più l’axeatana inclusa nel DLC The Virtuous Cycle, che vale per due —, ma d’altronde chi scrive ha finito Dark Souls usando solo la Claymore, che si trova dopo tipo dieci minuti di gioco (neanche la Zweihander, perché ok essere vanilla, ma un po' di anticonformismo ci vuole) ed è tipo la cosa più banale che ci sia. Dopo la spada lunga, che infatti ho usato per circa il 90% del tempo su Dark Souls 3.

Mortal Shell. Eredrim prende in mano un inquietante libro.
Un libro in un soulslike? Sicuramente leggendolo non succederà nulla di male.

Mettendo da parte digressioni sul mio essere talmente anticonformista da prediligere armi che vengono usate solo da cinquemila anni, il combattimento di Mortal Shell rispetta bene i canoni di ciò che mi aspetto da un soulslike. C’è la solita danza avvicinati al nemico-aspetta che attacchi-rotola via-cerca di colpire sperando che la combo nemica non sia da x+1 colpi, integrata da una meccanica che ci permette di diventare delle statue di pietra per qualche secondo così da bloccare i colpi nemici. Buona la fisicità dei colpi, hitbox oneste, insomma questa parte dell’esercizio Cold Symmetry l’ha svolta bene. Non male anche l’idea degli “shell”: il nostro protagonista è infatti un umanoide piuttosto gracilino, ma ha la particolarità di essere in grado di possedere i corpi di alcuni eroi defunti (e decisamente più corazzati, spesso e volentieri). Ciascuno di loro ha abilità passive specifiche che ne caratterizzano lo stile di gioco, e per chi preferisce la versatilità è possibile anche cambiare al volo le nostre spoglie mortali tramite appositi consumabili.

Non è neanche questione di, che ne so, ambientazione. Per carità, Fallgrim forse non brilla per originalità, e la classica strategia di dire pochissimo per far pensare che in realtà stai nascondendo un sacco ormai non inganna più così facilmente, però noi giocatori di soulslike siamo gente semplice: ci butti in pasto rovine di una civiltà colpita da una disgrazia e decaduta, con nemici corrotti e poco propensi alla diplomazia ma che fanno intuire le glorie passate, e noi siamo contenti così.

Mortal Shell. Eredrim si trova di fronte a un albero dove sono appollaiati enormi pipistrelli.
Buondì, sono solo di passaggio. Giuro.

E allora cosa c’è che non va in Mortal Shell? Beh, partiamo dalle cose semplici da spiegare: la durata. Io non mi aspetto che ogni soulslike duri 40 ore come un Dark Souls, per carità, però se dopo otto ore ho già battuto il boss finale e sono arrivato ai titoli di coda un po' l’amaro in bocca mi resta. E dire che ho pure avuto la fortuna di prenderlo appena uscito su Steam, ottenendo così gratuitamente The Virtuous Cycle, che aggiunge un po' di contenuto. Un po' pochino, per la verità: la modalità roguelike, che dovrebbe essere il succo di questa piccola espansione, è abbastanza deludente. Certo, possiamo sbloccare abilità passive speciali e pagliacciare in giro con l’arma che preferiamo, anche senza averla già sbloccata nel gioco base, ma costringere il giocatore a rifare esattamente lo stesso contenuto che abbiamo affrontato per finire il gioco con qualche nemico posizionato diversamente puzza parecchio di pigrizia.

Ma, dirà qualcuno, rigiocare il contenuto non è mica una novità per i soulslike. In Dark Souls addirittura appena finivi il gioco ti sparava diretto di nuovo all’Undead Asylum, a ricominciare da capo il viaggio. Ora, a parte che a me rigiocare i Souls non ha mai attirato tanto quanto altri fan dei giochi di From Software — e il perché l’ho spiegato in un lungo articolo — c’è un problema di fondo: il contenuto che proponi di rigiocare deve essere divertente fin dal principio e non avere bassi troppo bassi. Avete presente quando vi trovate davanti un pezzo che al solo pensare di doverlo rifare la prima cosa che vi viene da pensare è “Dio me ne scampi”? Ecco, Mortal Shell ce l’ha eccome questo pezzo, ed è tutta l’area che risponde al nome di Dim Gate. Esteticamente davvero pazzesca da vedere… da giocare un bel po’ meno.

Mortal Shell. Eredrim si trova di fronte il Dim Gate in tutta la sua magnificenza.
Bel panorama, eh? E invece serve solo a preparci alla sofferenza.

Fra spianate lunghissime e poco interessanti, pochi punti di riferimento chiari — grosso problema anche dell’area iniziale, che fa un po’ da hub per tutto il resto — scalinate lunghissime, strette piattaforme sospese su baratri senza fondo e nemici che dobbiamo essere cauti sia nell’affrontare che nell’evitare, tutta quest’area color nero e oro smorza ogni mia voglia di ricominciare da capo il gioco, magari provando a utilizzare un’arma diversa (come potete vedere dalle immagini, anche in questo caso ho adottato il corrispettivo della Claymore, sono fatto così). È un peccato, perché Mortal Shell non è evidentemente un gioco pensato per una giocata e via, dato che in una sola tornata difficilmente riuscirete a potenziare al massimo più di un solo guscio, forse due.

Di problemi ne hanno anche questi ultimi: ciascuno di loro ha le sua abilità passive, ma molte di esse non sono granché interessanti; un peccato, visto quanto tempo ci vuole per potenziarli. A ciò vanno poi ad aggiungersi dei boss non particolarmente memorabili, con l’ultimo in particolare che delude sotto quasi tutti gli aspetti: è difficile il giusto, ma ha un un design orripilante — nel senso sbagliato del termine —, un moveset confusionario, una barra della vita decisamente troppo lunga e dei summon che, per quanto fragili, sono quasi più temibili di lui. Come ho già detto, un peccato, perché Mortal Shell mi interessava davvero e perché buona parte di questi difetti sarebbero stati forse evitabili con una direzione un pochino più accorta. E anche perché di giochi con la colonna sonora dei Rotting Christ non ce ne sono poi molti; per fortuna, dirà qualcuno… ma quel qualcuno non sono io.

--

--