Cronache dal Backlog — Blade Runner

Un’avventura grafica perfetta (anche) per chi non ama le avventure grafiche.

Stefano “Revan” Castagnola
Frequenza Critica
5 min readMay 8, 2020

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Tra le vie di Los Angeles, 2019

L’avevo già scritto quando ho parlato di Primordia, ma ho un rapporto un po’ complicato con le avventure grafiche, in particolare con i loro enigmi, pensati per arricchire un gameplay che altrimenti rischierebbe di essere considerato eccessivamente “leggero” (in quanto composto solo di scambi dialogici tra giocatore e personaggi non giocanti), ma che a mio parere finiscono fin troppo spesso col diventare inutilmente arzigogolati, e qualche volta pure del tutto illogici. Ma Blade Runner, pubblicato nel 1997 da Westwood Studios e ispirato ovviamente all’omonimo film (e al libro Ma gli androidi sognano pecore elettriche? di Philip K. Dick), è una delle poche avventure che non soffre di questo problema.

Come mai? Beh, molto semplicemente perché i tipici enigmi di un’AG tradizionale non ci sono! Al loro posto troviamo invece scene del crimine da analizzare alla ricerca di indizi, persone da interrogare — magari sottoponendole anche al test Voight-Kampff così da capire se sono umani o replicanti da ritirare — , foto da esaminare attentamente grazie all’Esper (lo stesso usato da Deckard nel film), che permette di zoomare su ogni dettaglio e scoprire nuovi particolari che ci erano inizialmente sfuggiti. Insomma, niente oggetti da combinare fra loro in modi bizzarri e da usare per interagire con lo scenario, ma solo tanto lavoro investigativo; dopotutto è giusto così: siamo detective.

Blade Runner, il videogioco
Ray McCoy pecca un po’ di inesperienza, ma compensa con l’entusiasmo, anche se a vederlo così non si direbbe…

Inutile dire che la scelta di Westwood di mantenere la tipica impostazione punta e clicca, mettendo però da parte puzzle bizzarri e concentrandosi invece sull’investigazione è una scelta che ho apprezzato parecchio. Rimangono i pregi e il fascino che accomunano tante avventure grafiche: la narrazione è in primo piano, ci sono tanti personaggi con cui interagire, i dialoghi sono ben scritti e interessanti, ci sono pure diverse scelte che possono cambiare l’esito delle vicende; tutto questo facendo a meno di quegli elementi che ho sempre fatto fatica a sopportare nel genere, cioè gli enigmi privi di senso, che sembrano inseriti solo per allungare artificialmente la durata del gioco ed evitare che si arrivi ai titoli di coda in tre ore (cosa di cui molti magari si lamenterebbero), allo stesso tempo danneggiando però il ritmo della narrazione.

Questa scelta degli sviluppatori, inoltre, rende Blade Runner un’avventura grafica facilmente accessibile anche per chi non ama particolarmente il genere, o per chi — come me — è diviso tra l’apprezzamento per l’enfasi sulla narrazione, così come per alcune idee, storie e ambientazioni molto interessanti, e la frustrazione con i puzzle inutilmente arzigogolati e, talvolta, praticamente impossibili da decifrare senza consultare una guida.

Interfaccia investigativa del nostro blade runner
Il nostro lavoro investigativo è facilitato dalla presenza di un database, accessibile in ogni momento, che racchiude tutte le informazioni e gli indizi raccolti sui casi su cui stiamo indagando.

Non è solo la mancanza dei classici enigmi a differenziare il gioco di Westwood Studios dai suoi contemporanei, però; infatti un’altra idea senza dubbio interessante è quella di inserire elementi randomizzati nella storia: ad ogni nuova partita, in modo del tutto casuale, il gioco decide se alcuni PNG sono umani o replicanti e questo ha un impatto sullo sviluppo narrativo, sulle motivazioni e le scelte dei PNG in questione e anche sulle nostre interazioni con loro. Soprattutto questo significa che ogni partita è virtualmente diversa da quella che l’ha preceduta, aumentando conseguentemente la rigiocabilità dell’avventura.

Ma, dicevo, Blade Runner è un’avventura che nonostante gli oltre vent’anni sul groppone è ancora attuale, ed è pure invecchiata decisamente bene: merito di una direzione artistica eccezionale, che fin dal primo istante permette di immergersi nell’affascinante Los Angeles del 2019 (sì, è l’anno in cui si svolgono le vicende, anche se dirlo oggi, in un 2020 privo di macchine volanti e androidi intelligenti, fa un po’ sorridere) che abbiamo visto nel film di Ridley Scott, e che è riprodotta perfettamente, con anche alcune delle location più iconiche visitate da Deckard. Blade Runner era anche un portento tecnologico all’epoca e, nonostante ora sia stato ovviamente superato dai prodotti più recenti, l’impatto visivo rimane godibilissimo.

Casa di JF Sebastian
Parlando di location iconiche del film, questa la riconoscete? E pure JF Sebastian è presente in un piccolo cammeo, doppiato dallo stesso attore che l’aveva impersonato nella pellicola di Ridley Scott.

La presentazione generale è ulteriormente arricchita da un ottimo doppiaggio, che vede il ritorno di alcuni degli attori del cast originale nei loro vecchi ruoli, e da un’altrettanto valida colonna sonora.

Chiaramente, trattandosi di un’avventura dal carattere fortemente narrativo, senza una bella storia non andremmo molto lontano, ma per fortuna anche da questo punto di vista il gioco non delude e, anzi, riesce a restituire perfettamente le atmosfere del film, pur con un tono a tratti più leggero esemplificato nel nuovo protagonista, che non è cupo e silenzioso come il Deckard di Harrison Ford, ma è invece molto loquace e con un senso dell’umorismo tutto suo. Questo non deve far pensare a una commedia, però: il gioco segue da vicino lo spirito del film, a volte forse pure troppo.

Edificio della Tyrell Corporation
Sì, visiteremo anche la sede della Tyrell Corporation.

Se infatti la storia è sicuramente ben sceneggiata e, senza spoilerare nulla, ha il merito di riuscire anche a integrare al suo interno un paio di idee appena abbozzate (e che hanno spesso diviso i fan) da Ridley Scott nel suo lungometraggio, allo stesso tempo il canovaccio, le tematiche affrontate e molti dei personaggi ricalcano molto da vicino quelli già visti nell’opera del regista britannico, al punto da poter risultare un poco derivativi, nonostante la storia sia inedita e si svolga in parallelo (e più o meno in contemporanea) a quella con protagonista Rick Deckard. Certo, l’intenzione degli sviluppatori era sicuramente quella di riproporre molto fedelmente quel tipo di immaginario, e il risultato finale è comunque riuscito e affascinante (con giusto alcune piccole sbavature, penso soprattutto a una relazione che si sviluppa in modo troppo frettoloso e improvviso), quindi tutto sommato non c’è molto di cui lamentarsi, però forse si poteva anche puntare ad una maggiore originalità.

Ma in ogni caso si tratta di difetti minori (e che, a dir la verità, altri potrebbero pure vedere come pregi) che non intaccano il valore di quest’ottima avventura. Un’avventura che vale la pena provare, anche se il genere d’appartenenza non sembra essere nelle proprie corde, e che è bella oggi quanto lo era allora.

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Stefano “Revan” Castagnola
Frequenza Critica

Si è innamorato dei giochi di ruolo esplorando la Costa della Spada tra l’Amn e Baldur’s Gate, ma non disdegna anche altri generi di avventure.