Cronache dal Backlog — Gorogoa

Un puzzle al di là dello spazio e del tempo.

Manuel "Odd" Berto
Frequenza Critica
5 min readNov 26, 2021

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“Non è facile mettere a braccetto emozioni e logica”. Citazione di me stesso prima di giocare Gorogoa. Quell’idea mi ha accompagnato abbastanza a lungo, convinto che un ritmo ludico-narrativo basato su frequenti pause, quelle necessarie a capire come procedere, facesse fatica a incrociarsi con l’idea di viaggio. Per viaggio, letterale o metaforico che sia, intendo il percorso che ogni buon personaggio compie nel suo ciclo esistenziale, da quando premiamo start ai titoli di coda. Intendiamoci, non sono allergico al concetto di enigma, anzi, mi piace quando le sfide fisiche e di riflessi si incrociano a quelle di acume. Ciò di cui non ero convinto era la predominanza di queste ultime fino a rendere la giocabilità interamente basata su di esse.

Ma a volte la vita apre porte inattese, e ciò che mi spetta adesso è scoprire un intero genere. Nel momento in cui scrivo questo pezzo mi vedo quindi come un curioso esploratore e ho appreso solo recentemente di autori come Jonathan Blow e di opere come Heal.

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Fatta la doverosa premessa e accesa la musica adatta, diamo quindi un’occhiata a questo oggetto strano che è Gorogoa, ideato da Jason Roberts e pubblicato da Annapurna Interactive. Come in ogni buon puzzle la meccanica dietro le quinte è semplice: abbiamo la schermata divisa in 4 blocchi che possiamo scambiare di posto. Alcuni blocchi hanno a loro volta ulteriori livelli che si sviluppano di lato o in profondità. Altre volte i blocchi sono forati tramite alcune forme. Stop. Il materiale con cui interagire è questo.

Ciò che il gioco ci chiede è di trovare la relazione tra 2 differenti blocchi in modo da far procedere il nostro protagonista verso la destinazione. A volte è necessario “bucare” un blocco sovrapponendone un altro, in modo da creare un’apertura attraverso cui passare. A volte un camino può riscaldare il blocco superiore a esso e gli oggetti contenuti al suo interno, anche se i 2 blocchi rappresentano scene dislocate in mondi differenti. Altre volte la particolare geometria di una vetrata può azionare un meccanismo. Le situazioni si sbloccano nel momento in cui i 2 blocchi che devono comunicare vengono avvicinati, quindi è teoricamente possibile risolvere di forza bruta tentando ogni possibile combinazione, ma così facendo si perderebbe la potenza implicita di un enigma, ossia quella di creare nuove prospettive. Inoltre, a volte alcuni puzzle coinvolgono la fisica e un corretto tempismo, facendo sì che alcuni fili “macro” dietro i disegni, da un certo punto in poi, debbano essere compresi per forza.

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Ma cosa rappresentano i disegni? Dove si ambienta Gorogoa? Quando? Sono domande legittime, ma in questo caso senza risposta. Viaggiamo da un punto all’altro dello spazio-tempo nell’arco di secondi e la stessa vita del protagonista, così centrale nella narrativa, viene analizzata in modo frammentato proprio come in un emozionale flusso di ricordi dove una moltitudine di eventi accade in simultanea. Lo stile grafico permeato di morbide colorazioni pastello contribuisce a sua volta a creare un altro mondo. L’atmosfera è quella di un disegno surreale dove oggetti senza diretta connessione condividono la scena. I colori morbidi in stile pastello sono invece quelli di una fiaba.

Privo di qualsivoglia dialogo scritto o parlato, Gorogoa è un racconto prettamente visivo, da cui però possiamo trarre dei punti focali: si tratta fondamentalmente di un percorso di vita, dall’infanzia alla vecchiaia. La situazione si apre con un giovane ragazzo che, nell’ammirare il panorama della città dalla finestra del proprio appartamento, scorge all’improvviso un enorme drago aggirarsi tra i palazzi. Rapidamente sfoglia un libro alla ricerca di maggiori informazioni: pare che facendo un’offerta di frutti sacri l’entità potrebbe placarsi. La ricerca di suddetti frutti è la “quest orizzontale” che permea tutto il gioco, ciascuno metafora di una precisa fase di vita in cui anche i colori sembrano giocare un ruolo. Non è un caso che il primo frutto sia rosso, il colore della passionalità, del calore, dell’azione guidata da istinto. Risolta la prima sequenza però, la situazione si fa più malinconica. Un’aura di guerra, successiva ricostruzione, tristezza, perdita di scopo e infine presa di coscienza prende il sopravvento. Benché le composizioni rimangano surreali, ogni capitolo ha temi e colori dominanti.

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Il ritmo del gioco è sempre compassato, statico, senza nessun senso di urgenza. Una sorta di meditazione videoludica, dove al di fuori di tempo e spazio e senza elementi di giudizio stiamo osservando la vita del nostro personaggio agendo con azioni che non sempre hanno un intuitivo rapporto causa-effetto e che non è neppure necessario comprendere fino in fondo. Uno dei temi d’ispirazione del gioco è infatti l’illusione, dove il percorso che ci permette di scoprire cosa accade è nascosto. Tangibile, ma mai veramente afferrabile.

Altri 2 temi principali permeano l’estetica e i puzzle: l’astronomia e la spiritualità. Il primo definisce il personaggio nel suo carattere, in quanto è un tema ricorrente nei libri che legge, nei suoi studi e nei suoi pensieri, tanto che in diversi enigmi alcuni elementi importanti si trovano nella volta celeste. Questa va cercata ora in un mappamondo, ora in un’illustrazione, ora, semplicemente, nel cielo. Si crea una dissonanza strana nel vedere il personaggio spesso così assorto nei libri quando invece la soluzione si rivela sì nella stanza, ma in un punto che non sta osservando.

La spiritualità interviene invece in un capitolo in particolare: qui, muovendosi tra situazioni a cavallo tra pellegrinaggi e devozione religiosa, il personaggio è alla ricerca della soluzione del proprio grande enigma attraverso nuovi metodi. Qui il ritmo si fa ancora più lento, letteralmente meditativo, in sintonia con una persona stanca che ha temporaneamente messo da parte i suoi vecchi metodi per compiere una ricerca più interiore.

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Con questo nuovo percorso troverà la soluzione? Non è quello il punto e non farò spoiler del capitolo finale. Forse a volte la soluzione è già stata trovata e bisogna solo aspettarne i frutti. Forse nulla di tutto ciò ha senso e il vero messaggio è l’importanza del qui e ora, la consapevole somma di eventi felici e tristi che ci sono accaduti. Quello che le immagini ci narrano è un arco di vita che si completa, ma l’interpretazione finale che gli diamo dipende molto dalla personale sensibilità di ciascuno. Questa è la magia della storia.

La magia del gioco, accessibile solo a noi dall’altro lato dello schermo, sarà invece l’impulso a cercare continuamente il cambio di prospettiva. A volte la soluzione è nei minuziosi dettagli di un motivo ornamentale. Altre volte è tra le stelle.

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