Enter “The Void”

Per scoprire un capolavoro dimenticato.

Lorenzo “GOV” Sabatino
Frequenza Critica
7 min readNov 8, 2021

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Sono consapevole di avere una certa difficoltà a scrivere di The Void, videogioco dell’ormai lontano 2009. Deve essere una conseguenza naturale di quando si cerca di imbastire un discorso su un’opera di Ice-Pick Lodge. Con Pathologic, nella trilogia pubblicata su queste pagine, la sfangai camuffando un contenuto critico in un “diario di viaggio”, non senza ricercati accenni di letterarietà. Con The Void, tuttavia, l’approccio non può essere il medesimo per una serie di ragioni.

Mi chiedo che tipo di contenuto debba avere questo articolo. Una descrizione per sommi capi dei fondamenti del videogioco? O magari dettagliata, cercando di sviscerare le finezze più celate dei sistemi? Un’interpretazione libera degli eventi narrati? Una lettura analitica dei significati più o meno manifesti del titolo? La condivisione di un’esperienza per me significativa?

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In ciascuna di queste eventualità si annida un verme della mela. Mi arrovello: che senso avrebbe proporre un’analisi in depth — per quelle che sono le mie capacità, sia chiaro — di un titolo, ahimè, grossomodo sconosciuto, e per il quale dunque la maggior parte dei potenziali lettori proverebbe poco interesse, fosse anche per una semplice questione di SPOILER ALERT!? Non è mia intenzione qui ghettizzare ulteriormente un’opera di così già poca diffusione.

Dunque forse questo articolo deve avere come target proprio coloro che non conoscono The Void, e forse avrebbero voglia di dargli una chance: a me l’onere/onore di presentare il menù. Al contempo mi chiedo se “farei un buon servizio” al videogioco di Ice-Pick Lodge se rivelassi anche solo le sue principali meccaniche ludiche. Perché parte della comunicazione di The Void principia dall’imprevedibilità dei compiti e delle modalità a cui sarà sottoposto il giocatore: mantenere inalterato questo shock value dovrebbe essere premura di chi vuole garantire intatta l’esperienza del titolo. La realtà è che difficilmente avrete referenti di fronte a ciò che offre The Void in termini ludici.

Allora devo invogliare il lettore a giocare a The Void, ma al contempo non posso parlarne: sembrerebbe un problema insolubile. Nel frattempo che penso a come risolvere l’impasse, credo che non farei un torto a nessuno se riportassi qui l’intro del videogioco, specie perché si tratta di questa intro.

No. Perdonatemi. Errore di copy/paste. Intendevo questa intro.

Chiaro, no? Per la cronaca, le parole sono la traduzione inglese di un componimento del “principale poeta della tradizione letteraria lusitana” (cit. Wikipedia italiana), il cinquecentesco Luís de Camões.

Allora, come dovrei impostare questo articolo su The Void? Questa parentesi artistico-poetica potrebbe essere un buon hook, forse. Del resto lo stesso Pathologic aveva una chiara propensione letteraria; The Void, dalla sua, ha una ancora maggiore rarefazione. Della propria scrittura, del proprio mondo, della propria storia. Sono poche le nozioni, pochi i riferimenti narrativi: siamo morti, ma non del tutto. Prima di morire davvero, visitiamo un “mondo di mezzo”, uno spazio posto “fra il sopra e il sotto”, un luogo di stagnazione e inedia, dal quale è molto più probabile uscire dal basso che tornare verso l’alto. Un mondo disabitato, a eccezione di fanciulle in abiti adamitici e mostruosi “censori”. Questo mondo ingrigito va inesorabilmente avanti, di ciclo in ciclo, in un reiterarsi di un tempo senza dimensioni, e pertanto indefinito. Questo luogo senza spazio e senza tempo si chiama the Void, il Vuoto.

Ecco, forse questa ciclicità immobile ha causato il lapsus di cui sopra, la intro di Enter the Void (Gaspar Noé, 2009) al posto di quella del coevo titolo in esame. Anche in Enter the Void, il protagonista muore, sin da subito; anche in Enter the Void la sua anima comincia a vagare in una città reale (Tokyo), ma scarnificata in un alternarsi di oscurità e luci accecanti, un fantasma in una cornice fantasmatica. Anche in Enter the Void, il mistero della vita si risolve, non risolvendosi, in una ripetizione del mistero stesso.

O forse il titolo ammiccante di questo articolo verso una certa fetta d’utenza cinefila, così come il sottotitolo avaro di mezzi termini, erano solo parte di una macro-strategia di bait del potenziale lettore distratto, mentre scrolla verso il basso il proprio smartphone: dovete giocare The Void, sebbene non sappia come inculcarvi questo imperativo.

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Eureka! Redigerò una recensione alla vecchia maniera, con tanto di descrizione per ciascun ambito e, mi rovino, dei voti specifici! Sì, con questa convincerò anche il più risoluto degli impenitenti.

Dunque, iniziamo. La storia a grandi linee l’ho già accennata, ma per il resto dell’avventura (si fa per dire) non saranno poi molte altre le nozioni che il videogame fornirà. Spetta soprattutto al giocatore, relazionandosi con le poche entità senzienti del the Void, carpire, tra le linee, le coordinate essenziali per orientarsi in questo mondo. Chiaramente non aspettatevi una storia lineare o degli spiegoni: i personaggi sono sibillini, la lingua è poetica. Tuttavia The Void saprà assestarvi qualche colpo di scena e il finale non è da meno. Se tutto questo non vi spaventa, si tratta di una delle migliori scritture che possiate trovare nel medium tutto. Voto 10.

Il gameplay è semplicemente unico, profondo, sfidante, dall’equilibrio perfetto. Ed è anche incredibilmente vario. Oltre a *******, che è a conti fatti la principale attività che sarete obbligati a compiere, in The Void il giocatore è spesso tenuto a *******. Questo lato ******** riluce particolarmente nelle ********* con i *********, dove la diversificazione delle ******* è quasi incredibile, considerando che a conti fatti The Void è un ******** simulator. Ma è nell’equilibrio certosino fra tutti gli elementi di gioco che viene a crearsi l’alchimia vincente del titolo, capace di trasformare una base tutto sommato semplice in una mistura intrigante di bilanciamento costante di pro e di contro. Il risultato è un gioco che sa essere brutale se non si è disposti a mantenere inalterato il livello di attenzione e a soppesare ogni singola decisione. Ogni mossa, dalla strategia sul cosa ******, al percorso da intraprendere, al *******, al se e come *******, fino all’utilizzo di alcuni ****** piuttosto che altri, contribuisce al risultato della partita, in maniera a volte anche imprevedibile, se non a danno compiuto. Anche in questo caso non può che essere voto 10.

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Anche da un punto di vista artistico, nonostante l’arretratezza tecnica di un gioco che non tradisce nemmeno per un secondo le sue radici indipendenti, The Void regala una performance strabiliante. Un limbo surreale di forme aliene e lugubri si alterna alle ******* delle *******, un coacervo in cui la mondanità, privata del suo contesto significante, si presenta spogliata di ogni sovrastruttura e pertanto prona a essere rivestita di nuovo senso (o di senso alcuno). Allo stesso tempo non possono essere definite in altro modo che visionarie le fisionomie dei *******, un miscuglio in cui l’organico si fonde con l’inorganico, un corpo “industrializzato” similmente al Tetsuo di Shinya Tsukamoto; forse anche Ice-Pick Lodge condivide l’incubo-previsione del lunatico regista nipponico, in relazione alla progressiva mutazione dell’immagine-corpo dell’uomo moderno. Voto 10.

Anche ciò che concerne l’aspetto sonoro non sfigura sul resto. L’accompagnamento musicale non è mai invasivo, le note stranianti acuiscono la weirdness degli ambienti di gioco, contribuendo a costituire un’atmosfera dal sapore metafisico. A questa, si aggiungono le sonorità di ciascuna ******, ognuna perfettamente adeguata al tipo di individuo che ci troviamo davanti: dal sapore industrial della ******, passando per le note orientaleggianti del ******, finendo alla malinconica cadenza del pianoforte nella ****** di *******. Un lavoro di complemento musicale certosino, un ennesimo tassello in un mosaico perfetto. Voto 10.

Il gioco è pure bello longevo, e pure con una bella rigiocabilità. Voto 10, che altro?

Complessivamente è un gioco da 10. È perfetto; anche perché da un punto di vista aritmetico la media di cinque 10 è 10, e, come è risaputo, in matematica non esistono opinioni. Quindi ci troviamo di fronte a un gioco oggettivamente da 10.

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Non sono sicuro che fosse questa la direzione giusta per questo articolo ma, credetemi gentili lettori, sono davvero disperato: continuo a struggermi alla ricerca della ricetta giusta per instradarvi a dare una possibilità a questo videogioco. E arrivato ormai a questo punto, sono disposto a spogliarmi di qualsiasi senso del pudore, ricorrendo alla stimolazione anche dei più bassi istinti zoologici. Mai mi sono spinto a tanto in un tentativo di captatio benevolentiae.

Ecco allora una carrellata di immag[sotto-paragrafo che non ha superato l’avallo del Revisore. Vive l’esprit du temps! Vive la République!]

Niente, non ne vengo a capo. Sono ormai arrivato a una lunghezza ragguardevole per questo titubante incipit, e ancora latita una direzione unitaria per questo scritto sul capolavoro di Ice-Pick Lodge — à propos, ho parlato di questo studio e della loro filosofia di design in un articolo su IGN.it. Una decisione dovrà esser presa: in fondo in qualche modo è il caso che se ne parli di questo The Void, in fondo è proprio l’assenza di considerazione intorno a questo videogioco ciò che fa più male.

“Come, Dama? Non mi rendo conto che in realtà ne ho già parlato e il quorum di caratteri minimo è stato raggiunto e permette di considerare questa roba un articolo?”

Ah.

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Lorenzo “GOV” Sabatino
Frequenza Critica

Ci sono poche cose che meritano di esser dette e spesso manca anche la voglia.