Guida per capire (e amare) Undertale — Vol. IV

Del giocatore oltre lo schermo.

Lorenzo “GOV” Sabatino
Frequenza Critica
10 min readDec 17, 2019

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SPOILER. Si consiglia al lettore di consultare questo volume unicamente DOPO aver terminato la propria esperienza in Undertale.

La centralità di Flowey, tanto nell’economia del racconto portato avanti da Toby Fox quanto nell’insiemistica di valori sciorinata da Undertale, viene sottolineata da un dato oggettivo: è il primo personaggio che il nostro bambino incontra, appena caduto nelle Rovine. Non è ovviamente un caso che il talentuoso creator americano abbia posto il piccolo fiorellino come primo alius con cui fare i conti; questo iniziale incontro/scontro rappresenta, a conti fatti, l’immediata epifania del nucleo semantico che Undertale ci riproporrà, ancora e ancora, per tutta la sua durata.

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L’incontro-tutorial con Flowey, appena messo piede nelle Rovine. Il LV che viene indicato come “Love” è solo il primo dei sorprendenti capovolgimenti operati da Fox; il finale della Genocide disvelerà tutte le carte.

Flowey svolge, a conti fatti, all’inizio del viaggio il ruolo prassico di PNG introduttivo delle meccaniche basilari di gioco. Insomma, fa da tutorial: per questo è accomodante, collaborativo, dall’aspetto bonario e solare. Sennonché, di fronte, abbiamo solo il primo degli inganni orditi dal minuto esserino (e da Fox): quella che è un’innocua rappresentazione dei comandi di gioco diviene un attacco violento e senza speranza da parte di un essere che manifesta una verità per lui evidente, “In this world is kill or be killed”.

Parleremo nell’ultimo volume del significato etico, ci basti ora sottolineare come la prima rottura dei clichè per mano di Fox avvenga sin dall’atto introduttivo della sua opera: una delle sequenze più rilassati e innocue del mondo del videogioco, come il tutorial iniziale da parte di un personaggio amichevole, diviene il campo di battaglia immediato e senza speranza di un essere senza scrupoli. Undertale sin da subito ci mette in guardia, innesta nel giocatore una diffidenza indiscriminata, prepara il campo affinché la presa di posizione morale del giocatore (come quella di non fare male alcuno) si carichi di una pregnanza altrimenti “naturalmente dovuta”.

E lo fa mediante un personaggio che rappresenta, a conti fatti, il nostro alter ego, il vero co-videogiocatore del mondo di Undertale. In fondo sono gli uomini il vero pericolo.

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Nella prima soppesatura morale del gioco, Flowey ci riferirà cose diverse in base a se e chi abbiamo ucciso, tra cui Toriel. Ma Flowey conosce tutte “le linee temporali”, anche quelle sovrascritte da altri caricamenti. Addirittura, anche qualora caricassimo un salvataggio antecedente all’uccisione di Toriel e la risparmiassimo, Flowey “saprebbe” il nostro trucco, canzonandoci per l’illusione di risolvere tutto giocando “con le nostre regole”.

Che Flowey rappresenti una sorta di censore delle azioni del giocatore è, del resto, una verità che si rende evidente ancor prima che il videogioco “inizi”. Nello scorso volume ho parlato del ruolo di Toriel e del significato della sua battaglia; appena superata la regina, infatti, il fiorellino riappare dal nulla, come un Cerbero posto dinnanzi l’ingresso dell’Underworld, e le sue parole differiscono in base a come il giocatore si sia comportato nel reale tutorial del gioco — nel quale, ricordo, il bambino può decidere di uccidere come risparmiare i mostri incontrati, idem Toriel.

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Un simpatico easter egg riguardante Flowey consiste nel fatto che, tornando indietro in alcune schermate di gioco, è possibile per una frazione di secondo scorgere Flowey. In altre parole, pur assente per gran parte delle vicende, lui segue per tutto il tempo Frisk: spettatore quiescente, in attesa di assurgere a co-protagonista.

Fra le diverse linee di dialogo che Flowey può pronunciare in questo incontro, una è particolarmente significativa. Qualora il giocatore abbia risparmiato Toriel ma ucciso anche solo uno dei mostri presenti nella primissima parte del viaggio, questo è il monito che viene rivolto dal fiore al giocatore: “Froggit, Whimsun. Vegetoid, Loox. Migosp, Moldsmal. Think about those names. Do you think any of those monsters have families? Do you think any of them have friends? Each one could have been someone else’s Toriel. Selfish brat. Somebody is dead because of you.”

Flowey assume, dunque, fin dall’inizio il ruolo di scheggia impazzita, di elemento out of context, di dissolvitore del “cerchio magico”. Questo personaggio senza scrupoli si pone a tutti gli effetti come divertito spettatore occulto delle nostre azioni, rimanendo nel corso di tutta l’avventura come un soggetto apparentemente slegato dalle vicende affrontate. In realtà pochi altri personaggi nella storia del videogioco sono stati tanto vicini al giocatore, al punto da prendere, in ogni senso, il suo posto.

Il co-protagonismo di questo personaggio esplode in tutta la sua dirompenza nel finale della Neutral Run, quando, una volta sconfitto Asgore, riappare — dopo essere sparito per tutta la partita — sulla scena. Flowey dunque assorbe le anime dei precedenti 6 bambini morti per mano di Asgore, insieme a tutte quelle dei mostri sopravvissuti al nostro passaggio. Il risultato è un essere molto vicino alla divinità, che ha fuso in sé la potenza del genere umano e la magia del mondo mostruoso.

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IN THIS WORLD, IT’S KILL OR BE KILLED!

Qual è l’attributo più facilmente accostabile al concetto del “divino”? L’illimitatezza. Al fine di trasmettere lo status trascendentale a cui è asceso Flowey, Toby Fox compie una delle operazioni più geniali della storia di questo medium, attraverso un utilizzo del significante in chiave squisitamente diegetica. In altri termini, il nostro nemico è il software stesso.

Appena acquisite tutte le anime, il videogioco crasha. Schermo nero, chiusura del software, ritorno al desktop: siamo stati espulsi (tanto il giocatore quanto l’avatar) dal mondo di Undertale. Eseguendo il videogioco ci si rende immediatamente conto che qualcosa è cambiato. Avviando l’applicazione in modalità finestra, al posto del classico cuore rosso campeggiano sulla barra vorticose serie di numeri e lettere; l’intro del gioco presenta suoni distorti e immagini difformi, e all’improvviso si rompe con un suono di bug ripetuto; premuto un tasto, appare l’opzione di caricamento della partita, ma ancora una volta c’è qualcosa di strano.

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Diversamente dalla intro classica, un “Loox” prende il posto della silhouette classica del mostro. E poi il gioco si “glitcha”.

Il salvataggio reca come location la scritta “My world” e la finestra di gioco cambia dicitura in FloweyTale. A campeggiare nel file di caricamento non c’è più il nome da noi prescelto all’inizio della nostra avventura, ma quello di Flowey , e tanto il livello quanto il tempo di gioco segnano un valore tendente all’infinito: 9999,99. Possiamo selezionare di continuare la partita, sebbene sia possibile premere anche l’opzione restart, tuttavia del tutto infruttifera, dal momento che apparentemente non produce effetti.

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Caricando il salvataggio, il nostro avatar si ritrova immerso in un enorme spazio nero, senza confini, senza riferimenti. Vagando in questa oscurità si raggiunge un piccola luce, del tutto simile a quella che viene utilizzata per salvare la partita. Il punto di salvataggio, la materializzazione della determinazione tanto dell’avatar quanto del giocatore, viene distrutto davanti ai nostri occhi, quando la finestra di salvataggio viene dilaniata da un enorme Flowey che campeggia sorridente.

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Il nostro potere, la determinazione, viene sradicato da una forza ancora superiore: una determinazione ancora maggiore. Lo spazio-tempo ormai è ad appannaggio di questa nuova divinità, mentre il giocatore, demiurgo del mondo finzionale del videogioco, viene scalzato da un essere parimenti sovrumano, che ci sottrae il controllo delle regole del mondo oltre lo schermo, su cui, noi giocatori, siamo abituati ad avere dominio. Questo è il senso della distruzione del file di salvataggio, questo è il senso delle parole di Flowey, deciso a mostrarci il “REAL meaning of this world”, risoluto a non permetterci di “caricare” versioni precedenti di quel mondo e a “salvare, ancora e ancora, durante la nostra morte”. Sta per avere inizio la battaglia contro OmegaFlowey.

Nel mentre sta consumandosi uno dei momenti più iconici e geniali del mondo del videogioco. La grandezza della soluzione adoperata da Toby Fox sta nello sfruttamento delle prerogative del videogioco, compresa l’evasione dalle stesse, al fine di costruire un discorso che funziona a qualsiasi livello di interpretazione. Similmente a quanto visto con Asgore, Fox sfonda le maglie in cui è normalmente intessuta la narrazione videoludica, esonda, come nella migliore tradizione della rottura della quarta parete, ma senza fuoriuscire disperdendosi nella disgregazione della coerenza diegetica (cosa che accade, ad esempio, nei lavori di Dawey Wreden)

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Quando Flowey si impossessa del software e corrompe i salvataggi, non si sta comportando come un personaggio fittizio consapevole di essere in un videogioco, bensì come un personaggio del mondo del videogioco che fa uso delle caratteristiche del videogioco in quanto tale — ovvero quale contenitore, secondo proprie regole, di un’esperienza interattivo-narrativa.

Flowey non distrugge i salvataggi, Flowey distrugge il potere di determinazione dello spazio-tempo attraverso la corruzione del salvataggio. Flowey non fa crashare il videogioco, Flowey piega lo spazio-tempo attraverso la manipolazione del software di gioco. Scorgete la differenza?

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Fox non disgrega la coerenza narrativa della sua opera attraverso l’espediente del non-sequitur, bensì rimane all’interno dei “confini” del racconto utilizzando questi come strumenti diegetici. Qui si annida tutta la forza innovatrice di Undertale, il suo rivoltare come calzini le consuetudini del mezzo videoludico.

Il software di gioco non ci appartiene più, non ne abbiamo più il controllo. Per assurdo che possa sembrare, da questo momento in poi non abbiamo più controllo su Undertale, inteso come software sul nostro PC. Spegnere l’applicazione, riavviare, tentare un nuovo salvataggio: nulla ci viene permesso, Flowey ci blocca in quel punto della partita. L’altro giocatore ha preso possesso del gioco e ci ha ingabbiati in una spirale senza fine. L’unica soluzione è sconfiggere Flowey; ma come si può sconfiggere un essere divino, un essere dotato di determinazione come noi?

Lo battaglia disperata contro Omega Flowey.

Il confronto con il cosiddetto Omega Flowey (o Photoshop Flowey come è stato anche battezzato) presenta i tratti del Davide contro Golia.

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Gli attacchi di Omega Flowey sono continui e potentissimi. Fox ci fa avvertire tutta la superiorità di questo essere.

La presentazione dello scontro rivela ancora una volta l’acume con cui Fox utilizza il videogioco ai fini comunicativi. Non solo questa nuova versione di Flowey presenta delle caratteristiche estetiche totalmente di rottura rispetto a quanto finora visto, a sottolineatura della distanza metafisica fra questo essere divino e il contesto finora esperito, ma la stessa arena di battaglia (il rettangolo bianco dentro il quale si muove il cuore) viene stravolta, divenendo ora l’intera finestra di gioco. In altri termini, ancora una volta attraverso una comunicazione non verbale, Fox ci fa intendere che le regole finora in vigore sono state abbattute, lo spazio non è più irreggimentato nelle regole prestabilite: il cerchio magico è stato violato, e un essere ancora più potente del videogiocatore ne ha stabilite di proprie.

Gli attacchi di Flowey sono senza speranza, soverchianti, inevitabili, mentre il nostro attacco equivale a una carezza. Non c’è alternativa al perire, e dunque appare la schermata di game over, che, tuttavia, ben presto diventa l’ennesimo strumento di scherno del fiore divino: una lunga risata sommerge la nostra sconfitta e in un attimo siamo ricacciati dal software.

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Il testo della schermata di game over varia in base al numero di sconfitte. Un nuovo game over, tuttavia, vuol dire anche un nuovo tentativo. Nonostante tutto, siamo determinati ad averla vinta: Flowey non può che via via preoccuparsi…

Flowey, come detto, ha preso possesso del videogioco; anzi, si può dire che esso sia il videogioco, l’approssimazione è ormai totale. A tutti gli effetti, quell’iconcina a forma di cuore con sotto scritto “Undertale” che vediamo sul desktop del nostro PC è questa personalità riottosa e sadica: stiamo combattendo l’intero gioco, proprio noi, direttamente, quali videogiocatori e indirettamente, attraverso Frisk, il nostro avatar. Siamo oltre tutto ciò che sia mai stato ardito concettualmente nel medium.

A ogni nostra sconfitta, Omega Flowey ci ributta fuori dal suo mondo (con il crash dell’applicazione), e ogni volta la sua reazione cambia, al nostro ritornare determinato nel suo reame. Ad esempio, alla nostra seconda sconfitta, il suo dileggio diminuisce di durata: in altri termini, comincia a palesare preoccupazione. Toby Fox comunica al giocatore lo stato d’animo di un personaggio del suo videogioco mediante le modalità con cui crasha il software; credo non servano commenti.

Dunque come si batte un essere traboccante di determinazione, capace di utilizzare la funzione di salvataggio a proprio piacere (salvando durante la nostra morte e caricando il save per farci esperire ancora e ancora la disperazione della sconfitta) e con una potenza fuori scala per noi? Beh, c’è solo una soluzione: essere ancora più determinati.

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Flowey, sadicamente, “salva la partita” a ogni nostro ferimento, al fine di caricare ogni volta a proprio piacere quel preciso momento.

Ritorna in auge il poliforme concetto di determination, nelle sfumature di cui parlai nel primo volume di questa guida. La determinazione necessaria in questo caso consiste esattamente in ciò: da una parte è quella che Frisk riceve dalle anime dei bambini assorbite da Flowey (con una delle sequenze più emozionanti del gioco, anche grazie alla solita maestosa soundtrack), dall’altra è quella che il videogioco, in una chiara accezione meta, richiede al videogiocatore. Non arrendersi, tornare ogni volta nonostante tutto, reagire al game over: ancora una volta Toby Fox parla anche dell’atto stesso del videogiocare, con una forza che è seconda solo a quella che sperimenteremo nel finale della Genocide Run.

Con l’aiuto delle 6 anime, lo scontro si riequilibra e Omega Flowey non ha più pieno potere sul “contenitore-gioco”.

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Uno dei momenti più emozionanti è proprio quello in cui chiediamo aiuto alle anime dei bambini periti. I loro attacchi riflettono le personalità e le “armi” che hanno utilizzato nella loro discesa nell’Underground. La piccola schermaglia è solo una parafrasi del loro convincimento: dalla rassegnata disperazione alla rinnovata convinzione.

Nel confronto finale con un Flowey abbattuto e umiliato, quest’ultimo ci invita a finirlo, e Undertale ci ripresenta l’eterno dissidio: uccidere o risparmiare. Come con Toriel, il giocatore deve selezionare più volte il tasto del mercy — mentre il fiorellino ci minaccia di uccidere tutti qualora lo lasciassimo in vita — a sottolineare il pieno convincimento che Fox pretende dal giocatore. A prescindere da ciò che scegliamo, l’ultimo invito di Flowey è di appurare la fondatezza del nostro pacifismo, provando a “riavviare il mondo” con il nostro potere e a risparmiare tutti i mostri.

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Nonostante il gioco sia “finito”, come tutte le decisioni in Undertale, anche questa avrà conseguenze ben oltre la run.

È il preludio alla True Pacifist Run e all’ascesa di Asriel, di cui parlerò (ahimè, brevemente) nell’ultimo volume. Flowey, in quanto “reale giocatore”, non fa che suggerirci tutti gli esiti che in un gioco di ruolo, un gioco libero e aperto, possono raggiungersi. Come lui in passato, ora possiamo provare a salvare tutti, possiamo provare a modificare qualche scelta o, magari, a esaudire desideri diversi.

O, ancora, possiamo provare a uccidere tutti.

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Lorenzo “GOV” Sabatino
Frequenza Critica

Ci sono poche cose che meritano di esser dette e spesso manca anche la voglia.