Katana ZERO e la narrazione videoludica

Tra gameplay, serie TV e futurismo.

Mattia “Harlequin” Mangano
Frequenza Critica
6 min readSep 25, 2020

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Un argomento più volte discusso qui su Frequenza Critica è la tendenza del format videoludico a ricalcare altri mondi, come quello del cinema o della letteratura. Spesso si contesta la netta separazione tra giocato e racconto, con una fredda esclusione degli elementi caratterizzanti il primo quando si passa a cutscene o lunghi testi dove semplicemente staccare le mani dai controlli, oltre a una limitante tendenza a scimmiottare gli altri medium trascurando quanto caratterizza il videogioco in sé.

Bene, parliamo oggi di un titolo che non ha di questi problemi: Katana ZERO, un’amalgama assolutamente riuscita di elementi presi in prestito dalle opere più disparate, il tutto fuso e arricchito da note tipiche del regno dell’intrattenimento virtuale.

Iniziamo però spiegando un attimo cos'è questo Katana ZERO. A primo impatto spicca l’influenza di Hotline Miami tanto nell'estetica quanto nel gameplay. L’indie svedese è stato un’opera che ha lasciato il segno tanto con la sua atmosfera psichedelica e la glorificazione dello splatter quanto nella frenesia di uno shooter basato su rapidità, fragilità e improvvisazione. Katana ZERO coi suoi colori al neon, ettolitri di sangue, azione rapida e altrettanto rapidi fallimenti è solo uno di diversi emuli.

Il suo apporto alla formula, oltre a trasferirla da una visuale top-down a una laterale tipica dei side-scroller 2D, sta nell’aggiungere un pizzico di action game grazie a meccaniche come la schivata, che rende brevemente invulnerabili, e i “parry”, che permettono di deflettere un colpo nemico se attacchiamo esattamente nel medesimo momento in cui sta per raggiungerci. Differenze a parte, il cuore del gioco resta osservare l’area circostante popolata d’avversari, ideare un piano d’azione ed eseguirlo per eliminare tutti gli ostacoli senza errori, gestendo d’istinto qualche reazione inaspettata o l’arrivo di rinforzi non previsti dalla stanza a fianco.

Tutto ciò è implementato in maniera pulita e supportato da una buona varietà, garantendo grande divertimento e soddisfazione lungo la breve partita (e anche per un eventuale secondo giro). Ma, come dicevo all’inizio, Katana ZERO mi ha colpito molto anche per la sua narrazione, capacità comunicativa e cifra stilistica. Innanzitutto, è un gioco che contestualizza ogni cosa che avviene a schermo: il game over non è un’incoerenza con quanto accade al nostro avatar, non c’è nessun tacito accordo tra gioco e giocatore per cancellare il fallimento dagli eventi narrati. Il nostro ninja senza nome è dotato di un particolare tipo di preveggenza, che gli consente di simulare nella sua mente molteplici scenari d’azione futuri. Solo quando ha scartato tutte le possibilità che portano a un errore (i nostri sbagli) esclama finalmente “yes, that should work” e procede con la linea d’azione prescelta, che possiamo gustarci in un replay.

Non molti giochi hanno la possibilità di integrare in questo modo proprietà intrinseche del loro essere prodotti interattivi, ed è una caratteristica davvero elegante che apprezzo sempre molto. Ma Katana ZERO si spinge ancora oltre, lasciando emergere le conseguenze di questa idea e chiedendosi che effetti possano avere sulla narrazione. La preveggenza del ninja, infatti, non è un simpatico escamotage per nascondere la scritta “game over” che viene prontamente messo in disparte quando si esce dall'arena di combattimento per passare ai dialoghi: anche in questo caso persistono le stesse regole. Noi assieme all’avatar viviamo più linee d’esecuzione, proviamo e riproviamo una discussione attingendo a informazioni future finché non siamo soddisfatti del risultato, con gli interlocutori genuinamente spiazzati da questa nostra capacità che trascende il normale flusso della realtà.

Il risultato è davvero fresco ed esaltante, oltre a creare una sovrapposizione più che mai intima e perfetta tra la coscienza del personaggio e quella dell’utente, visto che una volta tanto non c’è incoerenza narrativa nel nostro apprendere nel corso di vari tentativi e caricamenti. E pensate a cosa può accadere quando ci si trova di fronte a personaggi col nostro stesso potere! A un certo punto mi aspettavo addirittura di vedere nemici pilotati da una IA realmente in grado di adattarsi al nostro stile di gioco per contrastarci al meglio, che come noi imparano dalle iterazioni ripetute ancora e ancora. Sarebbe stata una magnifica ciliegina sulla torta. Purtroppo pretendevo troppo, ma chissà, forse in un seguito…

Prima ho menzionato i replay di fine livello: neanche questo rivedere quanto già accaduto è lasciato al caso e rimarca ancora una volta l’eleganza di Katana ZERO. In queste occasioni la telecamera si sposta momentaneamente dal punto di vista del protagonista a quello di un’entità esterna, che osserva la scena attraverso le immagini del circuito di sicurezza dell’area. Di fatto solo in questo frangente vediamo quanto accade veramente fuori dalla mente del ninja e in tempo reale. Sì, perché un’altra delle capacità del nostro avatar è quella di aumentare per qualche istante la sua capacità di reazione, il che si traduce nel rallentare l’azione a nostro comando. Passeremo molto tempo a schivare e deflettere proiettili in slow-motion, come nelle migliori scene di Matrix o, per restare nel mondo videoludico, di Max Payne. Un effetto rallenty che diventa elemento di gioco e anche coreografico, contribuendo a creare scontri carichi di tensione ma leggibili che poi collassano nel replay della videocamera: tutte le nostre mosse calcolate al millimetro si susseguono in un lampo, lasciando ancora più galvanizzati e orgogliosi della tecnica dimostrata.

Molto interessante è anche la capacità del gioco di fornire espressività a dialoghi scritti, senza il supporto di recitazione vocale né grandi animazioni dei personaggi in pixel art. Per riuscirci trasforma il font stesso di scrittura, variandone stile e colore per assecondare quanto si desidera comunicare. Facendo un paragone un po’ azzardato, ricorda alla lontana certe opere futuriste, con parole che si deformano, allungano, seguono le linee della prospettiva per suscitare nuove emozioni oltre il loro significato. Così, ad esempio, in Katana ZERO vedremo il testo guadagnare profondità e raggi di luce come fosse posto a una grande distanza, mentre i personaggi contemplano qualcosa all'orizzonte. Sfruttando il suo essere un’opera videoludica, oltre alla deformazione viene introdotta anche l’animazione del testo: in una situazione tesa le lettere vibreranno di una rossa rabbia accompagnando la furia di chi le esclama, oppure ondeggeranno dolcemente coi colori dell’arcobaleno se scaturite da una tenera ragazzina in cerca di favori.

Anche l’interattività trova il suo spazio, dato che vengono continuamente offerte risposte a scelta multipla, con in più una simpatica novità: ad ogni scambio di battute possiamo attendere il nostro turno e tutto scorrerà come solitamente avviene nei videogiochi, ma abbiamo anche la possibilità di interrompere l’interlocutore in anticipo con brusche risposte per imporci e tagliare corto il discorso. Azione sottolineata dal violento esplodere delle parole che si stanno formando e il disperdersi delle lettere fuori dal fumetto dedicato, enfatizzando la nostra imposizione che rompe i classici limiti entro cui l’avatar, e di conseguenza noi giocatori, siamo liberi di muoverci.

Spero di avervi fatto capire almeno in parte quanti e quanto belli siano gli innumerevoli tocchi di classe di Katana ZERO, e potrei continuare ancora parlando del ritmo tra eventi, flashback e visioni oniriche che scandiscono la trama. O dei bruschi stacchi su schermo nero accompagnati da un duro e perentorio *TOCK* in corrispondenza dei colpi di scena che lasciano ancora più storditi e turbati, riportando la mente agli orsi polari di Lost o ancora di più a Mayora’s Mask per via del misterioso conto alla rovescia che ci opprime.

Insomma, potrei citare quasi ogni singolo momento del gioco, ma direi che è meglio fermarmi e lasciare che ve lo godiate da soli in tutto il suo splendore. Katana ZERO è un grande esempio di vera narrazione videoludica, dove ogni meccanica ha una sua collocazione nel racconto, dove gli eventi stessi sono dettati dalle regole di gioco, dove l’ispirazione da altre fonti si mischia a originalità e allo sfruttamento di ciò che un’opera dinamica e interattiva può offrire.

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Mattia “Harlequin” Mangano
Frequenza Critica

Appassionato di sistemi, trova ristoro in esplorazione, funghi e polenta.