Prey - Mooncrash: roguelike ma non troppo

Varietà e stimoli ad ogni partita riducendo al minimo gli elementi procedurali? Con Arkane si può.

Mattia “Harlequin” Mangano
Frequenza Critica
5 min readJul 18, 2020

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Prey-Mooncrash-un-roguelike-senza-sfortuna

Ho un rapporto conflittuale col genere roguelike, dotato di grande fascino ma ai miei occhi danneggiato da limiti intrinsechi nella sua formula. Trovo le partite brevi fatte d’improvvisazione e pericoli letali molto accattivanti, costantemente sul filo del rasoio di un gioco senza pietà. La casualità e la richiesta di spirito d’adattamento si trovano non solo nel level design, ma anche nelle risorse ottenibili che spingono di volta in volta a sperimentare nuove strategie per sfruttarle al massimo. Il brivido nell'inanellare la partita perfetta, in cui si azzecca una buona partenza e ci si imbatte proprio nell'oggetto adatto a completare il personaggio e raggiungere così l’agognato boss finale, è una grande emozione.

A fare da contraltare però ci sono gli effetti collaterali degli algoritmi pseudo-casuali: i livelli sono sì diversi ogni volta, ma scarsamente caratterizzati, generici, con differenze poco significative; paradossalmente, presto tutto ciò che hanno da offrire è la monotonia. Anche la ricerca di risorse è un’arma a doppio taglio, dato che per ogni partita in cui si sperimenta adeguandosi a quanto offerto ce n’è un’altra dove la sfortuna ci impedisce di arrivare granché lontano, lasciando la fastidiosa sensazione che la nostra abilità sia ininfluente.

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Benvenuti sulla Luna.

Con queste premesse, rimasi alquanto basito di fronte all’annuncio del DLC di Prey. Mooncrash si sarebbe basato sul gameplay dell’ottimo gioco Arkane ma inserendolo in una formula roguelike, cosa per me inconcepibile. Come far convivere l’amore degli sviluppatori francesi per il level design strutturato con cura e minuziosamente studiato per enfatizzare molteplici aspetti di gameplay con l’abituale piattezza della mappe casuali? Beh, semplicemente il layout non è generato proceduralmente e la varietà richiesta per incentivare più partite consecutive arriva da altri stimoli, imbastardendo un po’ l’idea originale del genere ma con risultati veramente ottimi — e soprattutto, adatti anche a chi non ama alla follia i roguelike.

In Mooncrash infatti si affronterà ogni volta il medesimo livello disegnato a mano dalla software house con la sua solita maestria: intricato il giusto, coerente, non lineare e ricco di alternative, capace di valorizzare diversi stili e meccaniche di gioco. Per prenderci confidenza e stancarci di rivisitarlo dovranno però passare varie ore grazie all'ottimo sistema di progressione. Nelle prime avventure avremo poco tempo per individuare una delle diverse vie di fuga per concludere con successo la partita, a causa del timer legato alla “corruzione”, un contatore che aumenta numero e potenza dei nemici presenti col passare del tempo. Ne consegue che dovremo accontentarci di esplorare solo una porzione della mappa per poi fuggire prima che la difficoltà si faccia insormontabile, spezzando la sua scoperta in più sessioni.

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Tante direzioni, poco tempo e alieni arrabbiati alle calcagna.

La varietà giunge inoltre dai personaggi selezionabili come avatar, fino a cinque sbloccabili man mano e ognuno coi suoi punti forti e deboli. Attraversare la base lunare cambia parecchio a seconda di chi stiamo impersonando, sia perché tutti hanno obiettivi e storie differenti che ci spingono in zone distinte, sia per come le loro capacità si legano all'ambiente: solo chi possiede la capacità dei mimic di cambiare forma potrà intrufolarsi in passaggi ristretti, ad esempio. Questi ostacoli sono anche, assieme a leggere variazioni di nemici e oggetti, le uniche variabili semi-casuali all'interno della stazione. La mappa è sempre identica, ma a una nuova partita potremmo incappare in un accesso bloccato dalle macerie prima libero, o in un’area sicura ora incendiata, o in un laboratorio senza energia elettrica e quindi con ascensori bloccati, ecc.

Insomma, è sempre lo stesso posto ma l’imprevisto tipico dei roguelike non mancherà di presentarsi in una certa misura, anche costringendo ad ampie deviazioni. La bontà della struttura generale e la casualità strettamente controllata delle risorse però riducono al minimo il fattore fortuna, rendendo di fatto molto difficile incappare in fallimenti non dovuti ai nostri errori, oltre a supportare egregiamente il gameplay dell’immersive-sim di Arkane.

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Lo squalo lunare è un nuovo nemico presente in Mooncrash, uscito direttamente da Tremors.

Ok, immaginiamo di aver pian piano esplorato l’intera area di gioco e sperimentato un po’ coi vari personaggi, potenziandoli nel mentre in modo permanente per reggere a più nemici e livelli di corruzione: le novità sono finite? No, affatto. È ora che entrano in gioco le partite consecutive con personaggi diversi. Ogni volta che uno di loro termina il suo percorso è possibile scegliere se ripristinare la mappa allo stato d’origine oppure affrontarla con un nuovo avatar nella stessa sessione, conservandone i vantaggi conquistati (porte aperte, strutture alimentate, nemici uccisi) e gli svantaggi (risorse consumate, livello di corruzione alto).

Viene così introdotta tutta una nuova serie di valutazioni strategiche sull'andamento a lungo termine della partita: che personaggio mandare per primo? Quali risorse fargli raccogliere? Cosa fargli riparare/manomettere per agevolare gli altri? Conviene abbandonare armi utili in punti facilmente raggiungibili? Si crea una vera e propria collaborazione tra gli avatar che si supportano e compensano a vicenda, il tutto dettato dagli obiettivi di storia avanzati. Un meccanismo che mi ha divertito davvero molto, fino a culminare nella sfida finale di Mooncrash, ovvero far fuggire con successo tutti e cinque i personaggi in un’unica lunga sessione.

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Far arrivare il pugnale psicostatico nelle mani del personaggio adatto non è semplicissimo, ma regala soddisfazioni.

Arkane ha fatto centro per l’ennesima volta, pure con un prodotto apparentemente così lontano dal suo modo di intendere i videogiochi. Un taglio unico per il genere roguelike, da cui si discosta un po’ per certi versi, ma che ha davvero molto da insegnare e con idee che potrebbero benissimo inserirsi anche in esponenti più “puri” per mitigarne gli aspetti più fastidiosi.

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Mattia “Harlequin” Mangano
Frequenza Critica

Appassionato di sistemi, trova ristoro in esplorazione, funghi e polenta.